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Boris Johnson alle corde: raffica di dimissioni nel governo Uk. Ma il premier non intende lasciare

Nelle ultime ore altri cinque ministri danno l'addio a BoJo. Sempre più dubbi sulla capacità del Governo di proseguire in questo clima febbrile e con l'aspettativa di nuove dimissioni nelle prossime ore

di Nicol Degli Innocenti

Aggiornato il 7 luglio 2022 ore 8:30

Batosta a elezioni suppletive per Boris Johnson: "Non mi dimetto"

5' di lettura

LONDRA - Traiettoria tutta discendente per Boris Johnson. Il futuro del premier britannico è appeso a un filo dopo le dimissioni a sorpresa del cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, e del ministro della Sanità Sajid Javid, seguiti dal vicepresidente del partito e una sfilza di sottosegretari. Tra ministri, sottosegretari e alti funzionari sono più di 35 le figure che si sono dimesse nelle ultime ore.

Da ultimo, alla lista sempre più lunga di chi ha abbandonato il Governo si sono aggiunti, preceduti da un annuncio via Twitter, il ministro per la Sicurezza Damian Hinds, quello per la Scienza, George Freeman, la ministra del Tesoro, Helen Whately, ed il responsabile del dicastero per l’Irlanda del Nord, Brandon Lewis. Per Lewis l’esecutivo colpito dallo scandalo è ormai “oltre il punto di non ritorno”. “Non posso sacrificare la mia integrità personale per difendere le cose come stanno adesso”, ha detto Lewis, aggiungendo che il partito conservatore al potere e il Paese “meritano di meglio”. Lascia il governo anche il ministro delle Pensioni Guy Opperman. Nella lettera che ha inviato al Premier Boris Johnson spiega di essere stato “particolarmente sconvolto dal comportamento di Downing Street durante le restrizioni per il covid”. “I recenti eventi hanno dimostrato chiaramente che il governo non può funzionare con lei in carica”, ha aggiunto. “Nessuno, per quanto successo abbia avuto in passato, vale più del partito, o del Paese”, ha concluso.

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Anche la ministra dell’Interno, Priti Patel, super falco del governo Tory annoverata finora tra i lealisti irriducibili di Boris Johnson, ha chiesto nella serata del 6 luglio al premier di dimettersi, di fronte alla crisi provocata dai contraccolpi dello scandalo Pincher e dall’ondata di dimissioni nella compagine. Lo riferisce la Bbc. Johnson, che ha incontrato stasera vari ministri a Downing Street, ricevendoli però uno ad uno, e che per tutto il giorno ha insistito a rigettare ogni ipotesi di dimissioni, ha risposto picche, secondo indiscrezioni unanime dei media, alla sollecitazione di parte dei suoi ministri a gettare la spugna alla luce dei contraccolpi dello scandalo Pincher e dell’ondata di dimissioni nella compagine Tory. Ora si attendono altre defezioni dopo il record di14 abbandoni di ministri e viceministri nel giro di 24 ore (contro gli 11 fatti segnare da un precedente governo nel 1932). Il premier non intende lasciare di fronte «alle questioni enormemente importanti» che il Paese deve affrontare, riporta la Bbc .

Johnson, pugnace come sempre, ha subito nominato i sostituti - Nadhim Zahawi, già ministro dell'Istruzione, è il nuovo cancelliere e Steve Barclay, un fedelissimo del premier, è il nuovo ministro della Sanità.

Tuttavia, anche Michael Gove, uno dei membri più influenti dei Tories, ha invitato il premier a dimettersi secondo quanto riferiscono diversi media britannici. Il futuro di «BoJo» sembra insomma segnato. Ma in serata Johnson lo licenzia. L'esponente tory che era stato avversario di Johnson nelle elezioni per la leadership nel 2019 dopo le dimissioni di Theresa May, oggi aveva ha detto al primo ministro che doveva dimettersi. E paga per questo.

Dubbi sul destino del premier (e del Governo)

L'intenzione è di andare avanti, ma ci sono molti dubbi sulla capacità del Governo di proseguire in questo clima febbrile e con l'aspettativa di nuove dimissioni nel corso della giornata. «Il Governo sta crollando», ha dichiarato il leader dell'opposizione, il laburista Keir Starmer, che ha chiesto di andare a elezioni anticipate.

Oggi Johnson ha affrontato i deputati in Parlamento per difendersi nuovamente dalle accuse di avere mentito ai suoi ministri, ai deputati e ai cittadini. In occasione del question time, il premier ha difeso l’operato del suo esecutivo, vantando il taglio delle tasse e affermando di voler andare avanti con il proprio lavoro. Il suo intervento è stato tuttavia salutato dalle risate della Camera dei comuni quando ha detto di aver parlato con i membri del governo in mattinata, mentre è da ieri sera che si susseguono dimissioni. Il capo del partito laburista, Keir Starmer, ha parlato di «spettacolo patetico» e il leader del partito nazionale scozzese alla camera dei comuni, Ian Blackford, ha chiesto elezioni anticipate. Due deputati conservatori hanno chiesto a Johnson di dimettersi nel corso del question time.

Boris Johnson, rispondendo alla domanda provocatoria se domani sarebbe stato ancora primo ministro ha detto: «Certamente». E ha poi ribadito di non avere intenzione di dimettersi e che «l’ultima cosa di cui ha bisogno il Paese sono nuove elezioni».

L'ultimo di una serie di scandali riguarda la decisione del premier di promuovere il deputato John Pincher a un ruolo di supervisore della disciplina del partito nel febbraio scorso, pur sapendo benissimo che era stato indagato più volte per molestie sessuali.

La questione è esplosa la settimana scorsa quando due uomini hanno accusato Pincher di averli molestati dopo essersi ubriacato in un club privato. Downing Street ha prima esitato a sospendere il deputato, poi ha insistito per giorni che Johnson non era a conoscenza dei precedenti, poi ieri ha dovuto ammettere che non era vero e che il premier era stato informato già nel 2019.

Credibilità in caduta libera

Will Quince, un sottosegretario che ha dato le dimissioni stamani, ha spiegato di avere lasciato perchè gli era stato chiesto di mentire ai media. La credibilità di Johnson è diventata la questione principale dopo mesi di scandali, bugie e tentativi di insabbiare il torrente di rivelazioni. Il problema principale è stato il partygate, lo scandalo sulle feste illecite a Downing Street durante i periodi di lockdown. Una violazione delle regole che ha offeso gli inglesi ed è stata aggravata dai ripetuti dinieghi del premier.

Johnson è stato multato dalla polizia, mentre una commissione parlamentare sta indagando per stabilire se ha mentito ai deputati violando il codice ministeriale. All'interno del partito conservatore era scattata la rivolta, che il 6 giugno ha portato a un voto di sfiducia che Johnson ha vinto di stretta misura. Il 41% dei deputati Tory gli ha votato contro. Negli ultimi mesi ben due responsabili dell'etica hanno dato le dimissioni, oltre al presidente del partito Oliver Dowden, che aveva dichiarato che «non possiamo andare avanti come se niente fosse».

Gradimento ai minimi storici

Il partito conservatore ha clamorosamente perso una serie di elezioni suppletive in circoscrizioni che fino a poco fa erano considerate feudi inespugnabili dei Tories. I sondaggi rivelano che la popolarità del premier è ai minimi storici, come confermato dai fischi della gente quando appare in pubblico. È stata una caduta verticale per Johnson, che nel 2019 aveva trionfato alle urne, conquistando una larghissima maggioranza in Parlamento per i Tories grazie alla promessa di «concludere Brexit».

Il premier era stato contestato all'inizio della pandemia per la gestione caotica della crisi sanitaria, ma si era riconquistato l'immagine di vincente con il successo del programma di vaccinazione di massa. La Gran Bretagna era stato il primo Paese ad approvare e utilizzare il vaccino e ad allestire in tempi rapidi centri di vaccinazione su tutto il territorio.

Gli scandali e la crisi economica degli ultimi mesi

A lungo considerato una macchina acchiappavoti, la carta vincente del partito, ora Johnson è visto come un problema per i Tories e un grande perdente. Nel partito ora si parla apertamente della possibilità di un secondo voto di sfiducia, che comporterebbe la modifica delle regole attuali che prevedono un periodo minimo di 12 mesi tra un voto e l'altro. Johnson sostiene che deve andare avanti per gestire i veri problemi della gente, che sono l'aumento del costo della vita, l'impennata dell'inflazione e il rallentamento dell'economia. I suoi critici, anche all'interno del partito, ritengono invece che un premier sotto assedio che ha perso ogni credibilità può solo difendersi dalle accuse e non è in grado di governare. Si vedrà nei prossimi giorni, forse nelle prossime ore, se Johnson ha definitivamente perso il suo tocco magico.

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