Juventus, Collegio Garanzia: motivazione Corte Figc carente ma comportamenti scorretti sistematici
Pubblicate le 77 pagine di motivazioni della sentenza del Collegio di Garanzia sul ricorso Juve
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La Corte Federale d’Appello della Figc dovrà riconsiderare la posizione di alcuni dirigenti e di conseguenza l’entità della sanzione da comminare alla Juve.
È questo il punto che lo scorso 20 aprile ha portato il Collegio di Garanzia a rinviare alla Corte federale d’appello la valutazione sul caso plusvalenze. Osservato che «è nelle prerogative dell’organo giudicante non solo dare l’esatta qualificazione giuridica dei fatti contestati, ma anche (in concreto) irrogare una sanzione adeguata, fra quelle previste, per l’illecito accertato» e che la Juventus, in quanto società, «risponde comunque, ai sensi dell’art. 6 del Regolamento di Giustizia della Figc, per le azioni commesse dai suoi rappresentanti e dirigenti nei confronti dei quali era stata contestata anche la violazione dell’art. 4 del CGS della FIGC», il Collegio ritiene che «la sentenza impugnata, resa a carico degli amministratori privi di deleghe operative, è carente nella propria parte motiva laddove la Corte Federale - con motivazione da ritenere apparente - ha fatto riferimento ad una generica, ma indimostrata, consapevolezza diffusa, ovvero ad una asserita condivisione, da parte di detti amministratori, dei concreti dettagli e delle finalità delle operazioni sportive scrutinate, omettendo di fornire adeguato supporto motivazionale di tali affermate ed indimostrate circostanze».
«Considerato, infatti, che la misura della sanzione della penalizzazione inflitta alla Juventus risulta determinata in relazione alle accertate violazioni dei suoi rappresentanti e dei suoi dirigenti, nonché dei suoi amministratori senza delega, il venir meno, per l’accertato vizio motivazionale, della sanzione per questi ultimi si riflette, allo stato, anche sulla sanzione complessiva irrogata alla società e rende, quindi, necessaria una nuova valutazione della Corte Federale d’Appello sulle eventuali responsabilità dei singoli amministratori senza delega e poi anche della stessa società Juventus - si legge nelle motivazioni - Il necessario rapporto di proporzione fra lo specifico comportamento tenuto e la sanzione irrogata è ormai acquisito pacificamente nell’elaborazione della giurisprudenza anche costituzionale, costituendo logica espressione dei criteri di uguaglianza e ragionevolezza della sanzione e imponendo al giudice di procedere a una valutazione dosimetrica ispirata ai due predetti criteri».
Comportamenti non corretti sistematici
«Dai nuovi elementi emersi che hanno giustificato la revocazione» del processo, sottolinea tuttavia il Collegio, «si è potuto rilevare l’esistenza di comportamenti non corretti sistematici e ripetuti». Per il Collegio, quei comportamenti dei dirigenti Juve sono «frutto di un disegno preordinato di alterazione delle operazioni di trasferimento, con chiari effetti ..anche sulla sua leale partecipazione alle competizioni sportive».
Corretta applicazione articolo 4
La sentenza impugnata - sottolinea in altro punto il Collegio - si basa su un solido complessivo impianto motivazionale e non si manifesta un evidente travisamento della realtà, a prescindere dalle valutazioni che possono essere fatte su singoli punti della motivazione che non sono comunque decisivi sull’esito del giudizi. E per di più, è corretta l’applicazione dell’articolo 4, per violazione della lealtà sportiva. «L’art. 4 del codice di giustizia sportiva della Figc è una norma di carattere generale nell’ambito della quale la Corte Federale d’Appello riconduce correttamente il comportamento tenuto dai deferiti». Dunque, per il collegio, «fatto salvo quanto osservato sulle carenze nelle motivazioni dei nove dirigenti senza delega per il quali è stato accolto il ricorso, si osserva che la sentenza impugnata è ampiamente motivata anche sulla necessità di irrogare una sanzione severa a causa della gravità dei fatti emersi e che la penalizzazione in classifica è fra le sanzioni previste».
Quanto infine alla posizione dell’ex presidente, Andrea Agnelli e del suo ricorso, respinto, «nella motivazione della sentenza impugnata sono ampiamente e diffusamente descritte le vicende che hanno originato la responsabilità del ricorrente, presidente della società, con ampia descrizione e motivazione della valenza ai fini disciplinari dei comportamenti ascritti».
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