K2, scalatrice norvegese accusata di aver lasciato morire uno sherpa per fare il record di salita
La scalatrice il 27 luglio ha infranto il record per aver conquistato le cime di tutte le 14 montagne del mondo di 8mila metri nel minore tempo
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È polemica sull’impresa della scalatrice norvegese Kristin Harila, 37 anni, che il 27 luglio, insieme al suo sherpa nepalese Tenjen, 35 anni, ha infranto il record per aver conquistato le cime di tutte le 14 montagne del mondo di 8mila metri nel minore tempo finora registrato: solo tre mesi e un giorno. L’impresa si è conclusa con la scalata del K2. È la prima donna a battere il record delle 14 montagne da 8mila metri.
Ma proprio nell’ultima scalata, quella del K2, l’alpinista è finita sotto l’accusa di aver scavalcato insieme al suo team uno sherpa morente sulla via per salire in vetta, pur di centrare il suo obiettivo. Mohammad Hassan, pakistano di 27 anni e padre di tre figli, è scivolato e caduto da uno stretto sentiero in un’area particolarmente pericolosa, nota come “collo di bottiglia”.
La scalatrice: nessuno ha colpa della tragica morte
In un post su Instagram, venerdì, la scalatrice norvegese ha scritto di sentirsi «arrabbiata per il modo in cui molte persone hanno incolpato altri per questa tragica morte» e che nessuno aveva colpa. Parlando alla Cnn, Harila ha insistito sul fatto che lei e il suo team hanno fatto tutto il possibile per salvare lo sherpa Hassan e ha negato di essere nel filmato dell’incidente in circolazione. «Non l’abbiamo visto cadere. Lo abbiamo visto appeso alla corda e abbiamo cercato di salvarlo per molte ore», ha detto alla Cnn, aggiungendo che si trattava di un sentiero «molto stretto» e le condizioni quest’anno erano eccezionalmente difficili.
Avviata un’indagine in Pakistan
In Pakistan è stata avviata un’indagine. Le accuse relative agli eventi del 27 luglio hanno oscurato il record stabilito dall’alpinista norvegese Kristin Harila e dalla sua guida Tenjin.
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