Kombucha, la bevanda al tè fermentato si fa largo anche in Italia
Crowfunding per il nuovo brand Mia Komucha. Mercato europeo potenziale stimato in 244 milioni di euro. L’nteresse in Usa ha portato alle acquisizioni di PepsiCo e Coca Cola di per KeVita e Mojo
di Gianni Rusconi
3' di lettura
Per alcuni addetti ai lavori, numeri alla mano, è uno dei fenomeni del momento in ambito beverage, con ritmi di crescita particolarmente accelerati negli Stati Uniti e in Australia, dove pesano le acquisizioni operate da PepsiCo e Coca Cola per mettere le mani su KeVita e Mojo, pionieri di questo settore a partire dal 2009 e dal 2011 rispettivamente. Un fenomeno in costante aumento anche in Europa, in ogni caso, dove il giro d'affari è stimato (per il 2021) in 244 milioni di euro e per cui il tasso di incremento composito annuo (dal 2021 al 2027) è previsto superiore al 24%.
Stiamo parlando della kombucha, una bevanda fermentata analcolica a base di tè che ha stuzzicato le verve imprenditoriale di cinque under 35 italiani (Mattia Baggiani, Battista Maconi, Gabriele Mezzadri e Simone Vertemati, a cui si è aggiunto in seguito Ivan Parenti) e ha portato alla fusione di due produzioni artigianali lombarde: Mia, nata nell'area di Varese, e Revolucha Kombucha, comasca. Dal matrimonio è nata Mia Kombucha e l'ambizione dei diretti interessati è quella di rendere popolare questa bevanda anche in Italia, facendo leva su una capacità produttiva che attualmente arriva a 10mila litri al mese (equivalenti a più di 30mila lattine) e puntando con decisione sull'appeal del marchio e sulla qualità del prodotto e delle materie prime utilizzate (solo tè bio delle varietà Gunpowder e Rukeri).
In un mercato che in Italia deve di fatto ancora nascere, la “new company” può ragionevolmente sentirsi come una delle prime ad aver creduto in questo business, attivando il canale e-commerce B2C per i consumatori finali (da cui proviene un quinto delle entrate) e quello B2B per operare con i rivenditori di bevande. Al momento sono oltre 100 i bar e i ristoranti “affiliati” in portafoglio, localizzati principalmente nel Nord Italia, e si tratta, come spiegano i diretti interessati, di attività che offrono ai clienti finali prodotti selezionati, spesso con un approccio molto attento all'artigianalità, agli ingredienti e alla “naturalità” del prodotto, spaziando da negozi al dettaglio (come Terroir di Milano) ad attività di ristorazione, caffetterie o bar (come Fòla a Nolo).
Tutto è iniziato durante il primo lockdown del 2020 e l'idea ha trovato applicazione in un laboratorio di Induno Olona, in provincia di Varese, dove la bevanda viene oggi prodotta in quattro gusti (Original, Lampone, Limone e Zenzero) nel rispetto dei metodi di lavorazione artigianali. Dalla sua, la kombucha ha una serie di proprietà buone per l'organismo, come gli antiossidanti del tè, la bassissima concentrazione di zuccheri e gli acidi organici liberati durante la fermentazione, che la rendono un'alternativa concreta alle bibite gassate tradizionali, sia per la digestione e il riequilibrio dell'intestino sia come tonico rinfrescante.
Il nuovo salto in avanti di Mia Kombucha è ora strettamente legato alla campagna di finanziamento avviata a fine giugno sulla piattaforma Mamacrowd (la scadenza è fissata a fine agosto), per cui il limite minimo di 80mila euro di raccolta è stato già abbondantemente superato (130mila euro i versamenti già sottoscritti) e per cui non è nascosta l'ambizione di raggiungere il target massimo di 300mila euro.
L’idea del crowdfunding, come spiega al Sole24ore uno dei co-founder della società, è legata alla successiva fase di crescita e all'apertura verso la community di appassionati del prodotto, mentre le risorse raccolte saranno destinare alla valorizzazione del brand e all'ampliamento dei canali di distribuzione
Se il sogno dichiarato è quello di portare una lattina di Mia in quanti più frigoriferi possibili in Italia, i dati transazionali relativi agli utenti finali attivi oggi sull'e-commerce non sono al momento rivelati, anche data la giovanissima età del progetto. Non mancano però le proiezioni a breve termine, e nello specifico il piano di sviluppo prevede di superare il mezzo milione di euro di ricavi nel 2024 e di arrivare a quota 800mila nel 2026.
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