Kuiri, la cloud kitchen italiana che punta a espandersi in Europa e Medio Oriente
Avviata la campagna di crowdfunding (sulla piattaforma Mamacrowd) con l’obiettivo minimo di raccolta di 250mila euro
di Gianni Rusconi
4' di lettura
La sua missione, come quella di altre start up tecnologiche attive nel mondo del food, è quella di cambiare faccia al settore della ristorazione (urbana) portando innovazione (in chiave digitale) a livello di processo. Per Kuiri, realtà nata nel 2021 come “cloud kitchen” professionale al servizio degli operatori che puntano su delivery e take away, è scattata da pochi giorni la “fase 2” del piano di sviluppo con l'avvio di una campagna di equity crowdfunding (sulla piattaforma Mamacrowd) il cui obiettivo minimo di raccolta è di 250mila euro (al momento siamo vicini a quota 175mila).
L'approccio della società milanese (sette le location al momento attive in Italia fra il capoluogo lombardo, Torino e Roma) è ben sintetizzata dalle parole di Paolo Colapietro, Ceo e Co-founder della società: «Avviare un'attività profittevole nel settore della ristorazione è un'impresa impossibile senza un cambio netto di mentalità che abbracci la tecnologia e guardi al mercato con ottica imprenditoriale».
Kuiri, che in lingua esperanto significa “cucinare”, è nata per l'appunto con l'idea di mettere a disposizione dei professionisti della ristorazione un network di cucine indipendenti che fanno capo a una serie di “Digital Food Hall” metropolitani, e cioè locali attrezzati per la preparazione di piatti di qualunque tipo ad oggi utilizzati da oltre 60 aziende clienti e da oltre 80 food brand virtuali. Su Milano, in particolare, le cucine attive sono una ventina e lavorano per insegne note come Noodle Bar, Mannarino, Helbitz Kitchen e Vegery. Su Torino, invece, ad alcune realtà locali si affiancano diversi brand (come eeetweell, spacca, Sicily addict) gestiti direttamente in modalità “commissary-kitchen”, un nuovo filone di business che la startup ha avviato da qualche mese e che prevede la produzione di piatti conto terzi e la possibilità di testare le potenzialità di un nuovo business in tempi rapidi affidandosi in toto (persone e logistica compresa) alla struttura della startup..
«Già dalle prime fasi di scouting dei brand - spiega al Sole24ore Nicolò Montesi, Head of food tech development di Kuiri - abbiamo notato un interesse particolare da parte di grandi marchi, anche internazionali, per la produzione conto terzi. Lo spazio e i sistemi di cucina sono studiati nei minimi particolari, con macchinari all’avanguardia che riescono ad automatizzare i processi di lavorazione e oggi siamo in grado di produrre in soli 23 mq e circa 16 brand, ognuno dei quali con una propria area di stoccaggio e un laboratorio dedicato».
Le consegne a domicilio, invece, sono gestite da Eat in Time, una società esterna, ma per il 2024 l'obiettivo dichiarato è quello di assumere i rider e creare una flotta dedicata composta principalmente da biciclette elettriche.
Uno dei punti di forza di Kuiri è come detto la tecnologia. Tra gli asset messi a disposizione delle aziende clienti c'è per esempio un sistema di cassa centralizzato che va a semplificare tutta l'operatività legata al food delivery mentre la piattaforma proprietaria è in grado di gestire ordine multipli inviati dai consumatori finali tramite l'app Kuiri Megamix, gestendo la richiesta come un unico ordine e un unico servizio di consegna condiviso fra i vari brand del network. Il ricorso all'intelligenza artificiale, invece, è funzionale a facilitare le operazioni a clienti, cuochi, rider e personale di cassa. «Possiamo definire Kuiri – aggiunge in proposito Montesi - automatizzata all'80%, il restante 20% riguarda operazioni delicate o di controllo che richiedano necessariamente un'essenziale intervento umano. Utilizziamo gli algoritmi cercando sempre e comunque la soluzione più etica possibile, prevalentemente per migliorare l'experience del cliente nei nostri locali e facilitare la gestione amministrativa ed organizzativa dei food brand che ospitiamo».
Venendo ai numeri che hanno caratterizzato il percorso della startup dalla sua nascita a oggi, sono sicuramente molto indicativi i 1 37mila ordini processati, e di questi 35mila nel primo anno di attività, e il milione di fatturato del 2021 raddoppiato alla fine dell'anno passato. Per il corrente esercizio i ricavi complessivi dovrebbero assestarsi intorno ai sette milioni di euro, con una perdita a livello di Ebitda imputabile ai costi di startup dell'attività e la prospettiva di arrivare al pareggio di bilancio il prossimo anno. A confortare i founder di Kuiri sono comunque i risultati dei singoli Lab, in attivo (a livello di Ebitda) già dal primo anno e con la prospettiva di superare il 35% di margine lordo a regime. I primi cinque lab, specifica in merito Montesi, sono stati completamente autofinanziati mentre la decisione di aprire il proprio capitale sociale a nuovi soci con la campagna di equity crowdfunding (fra i nuovi sottoscrittori figura il nome di Nicoletta Zampillo della famiglia Del Vecchio) è funzionale al potenziamento della rete commerciale e al consolidamento e alla promozione del marchio. Il piano di sviluppo, a detta degli stessi portavoce della startup, è ambizioso. Nella road map ci sono le aperture dei flag ship store di Roma e Milano (al momento in fase di allestimento), a cui si aggiungono altri quattro Lab nel 2024, di cui uno nell'area Emea e tre sul suolo nazionale. «Gli accordi commerciali a cui stiamo lavorando ci stanno spingendo verso gli Emirati Arabi e verso città come Parigi, Berlino e Londra. Nel corso dei prossimi mesi definiremo da dove partire con la strategia di internalizzazione e sicuramente sia le principali metropoli europee sia alcuni grandi centri del Medio Oriente, saranno nei nostri radar». L'idea del Ceo e di tutto il team di Kuiri, insomma, è quella di crescere e di diventare un brand globale in un mercato, quello del food delivery e pickup, che solo in Italia raggiungerà i due miliardi di euro nei prossimi cinque anni.
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