L’accademico di Berkeley: anche da Platone e Kant lezioni utili per innovare
L’incontro con Alberto Sangiovanni Vincentelli, ospite dell’Inspirational Coffee del Sole 24 Ore
di Rosalba Reggio
2' di lettura
Matematica, fisica, biologia ma anche filosofia. È intorno a questi “fondamentali” che si articola l’intervento di Alberto Sangiovanni Vincentelli, membro della US National Academy of Engineering, cofondatore di Cadence e Synopsys e professore di Electrical Engineering e Computer Science all’Università della California - Berkeley, ospite dell’Inspirational Coffee del Sole 24 Ore, incontri di riflessione e confronto con testimonial d’eccellenza sui temi dell’innovazione e della digital transformation.
Fondamentali che rappresentano però solo le basi per lo sviluppo di un Paese e delle sue imprese. «Perché - come spiega - c’è una bella differenza tra l’avere un’idea ed essere in grado di commercializzarla. Per la prima basta la ricerca, per la seconda serve l’abilità di capire quali applicazioni possa avere quell’idea sul mercato. L’azienda che inventò il primo computer, per esempio, fallì senza capire come poterlo utilizzare». Gli ostacoli che rendono difficile il passaggio dall’invenzione all’innovazione in Italia sono diversi. «Il primo - spiega - riguarda la dimensione delle imprese, le nostre sono troppo piccole. Sono infatti soprattutto le grandi realtà ad essere i naturali ricettori delle innovazioni che arrivano dalle start up. Poi servono venture capitalist in grado di accompagnare le imprese nel loro percorso di sviluppo, un cammino difficile e pieno di incognite. Negli Usa su mille idee ne viene considerata solo una e non è detto che poi questa superi gli step successivi di finanziamento. Di imprese che poi arrivano alla exit, cioè che vengano acquisite o si quotino in borsa, ce n’è una su dieci e solo una su mille di queste diventa un unicorno».
Percorso a ostacoli che richiede anche un giusto contesto. «Un terreno adatto ai vigneti può non esserlo per alberi da frutta. L’esperienza imprenditoriale italiana mi ha insegnato che le società ad alto valore innovativo che nascono qui, vengono poi acquistate da aziende americane. Ma questo è normale, il campo in cui devono giocare queste imprese è il mondo».
Fattore chiave per creare e gestire realtà innovative è rappresentato dalle competenze. «Oggi tutti parlano di intelligenza artificiale, ma pochi conoscono i suoi fondamentali: la matematica e la statistica. Senza queste conoscenze il suo utilizzo è solo meccanico e temporaneo. A Berkeley insistiamo molto su queste discipline fondamentali, che comprendono anche la fisica, la biologia. E in base alla mia esperienza personale, anche la filosofia. Alcune delle mie scoperte hanno avuto le loro radici in quello che ho imparato al liceo classico. Grazie a S. Agostino, Platone, Kant ho ottenuto risultati interessanti in relazione al concetto di tempo nella progettazione. E grazie a idee nate dalle mie conoscenze sono riuscito a creare algoritmi utili a risolvere problemi».
Ambiente, competenze, capitali e abilità, ma anche etica. «L’ho imparato al Politecnico dal mio professore di scienza dell’elettronica: c’è un aspetto etico in tutto quello che facciamo. Nel passato c’era chi misurava il coefficiente di sicurezza di un edificio bilanciando i costi di un eventuale crollo con quelli del materiale per costruirlo. Se si ha come obiettivo la sicurezza delle persone o la loro felicità si avrà una risposta, ma se si punta alla massimizzazione dei profitti il risultato finale sarà diverso».
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