L'addio al carbone costerà 2,7 miliardi
di Carmine Fotina
3' di lettura
Quanto ci costerà passare all’energia libera dal carbone? I conti sono stati inseriti nella nuova Strategia energetica nazionale presentata ieri dal governo: un costo per la collettività tra i 2,3 e i 2,7 miliardi per una transizione al 2025-2030. Nel contempo si lavorerà su una serie di misure per migliorare il nostro mix energetico e le nostre performance in termini di efficienza, soprattutto con incentivi per lo svecchiamento del parco auto e con una riforma degli eco-bonus edilizi.
Il documento presentato in audizione alla Camera dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, e dal ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, sarà oggetto per un mese di una consultazione pubblica, poi un probabile passaggio in consiglio dei ministri e una risoluzione parlamentare per il via libera definitivo. Le singole misure saranno poi trasformate in norme, con un “decreto Energia” o forse nell’ambito della manovra d’autunno.
La nuova Strategia, che aggiorna il documento del 2013, indica tre obiettivi: ridurre il gap di prezzo, raggiungere gli obiettivi clima-energia in linea con Cop 21, migliorare la sicurezza di approvvigionamento. Al 2030, come da target Ue, l’Italia dovrà mantenere l’1,5% di risparmio obbligatorio annuo da efficienza energetica, raggiungere almeno il 33% di riduzione di emissioni di gas serra non-Ets (emission trading system) rispetto al 2005, portare le rinnovabili al 27% sui consumi complessivi lordi (con il 17,5% siamo già oltre l’obiettivo 2020). «La rotta - dice il ministro Galletti - è chiara: raggiungimento degli obiettivi di Parigi, fortissima spinta per l’efficienza energetica, progressiva de-carbonizzazione a lungo termine»
Efficienza energetica
L’obiettivo di efficienza energetica - 9 Mtep di consumi tra il 2021 e il 2030 - richiederà uno spostamento accentuato delle politiche pubbliche, oggi molto orientate sull’industria, verso i trasporti e il residenziale. Nel primo caso, partiamo da un parco di 37 milioni di auto di cui il 45% è ancora “euro 0-3”. Il governo pensa a un sistema di sovvenzione per il passaggio a modelli meno inquinanti, non solo l’elettrico. «Non una rottamazione lineare - dice Calenda - ma un intervento maggiormente selettivo, dal costo molto più ridotto, per evitare fenomeni di alterazione violenta del mercato». Tra le ipotesi ci sarebbe un aumento del bollo auto, crescente per cilindrata e per classe di consumo e con possibili limiti massimi per i redditi più bassi. Le entrate andrebbero a coprire incentivi per l’acquisto di nuove vetture meno inquinanti.
Nel settore residenziale, è invece in arrivo la riforma degli eco-bonus con la detrazione fiscale modulata in relazione al risparmio atteso dall’intervento. Si guarda inoltre al modello tedesco che vede in campo la KfW, l’equivalente della nostra Cassa depositi e prestiti, per creare un Fondo di garanzia che faciliterebbe eco-prestiti ai proprietari dell’immobile. Cinquanta milioni - secondo le stime - potrebbero coprire interventi per 1 miliardo, in questo modo verrebbe risolto anche il problema degli incapienti, cioè i titolari di redditi bassi che non pagando l’Irpef oggi sono di fatto esclusi dalle agevolazioni.
Decarbonizzazione
La trasformazione del mix energetico fissa un 50% da rinnovabili al 2025-2030 ma con un sostanziale abbandono dei vecchi incentivi. Per il fotovoltaico, ad esempio, si pensa di introdurre contratti a lungo termine da attribuire tramite asta. L’obiettivo più complesso è ovviamente l’uscita dal carbone. Lo scenario inerziale prevede una riduzione di 2 GW di capacità a carbone, quello intermedio 5 GW, quello più ambizioso - sul quale vorrebbe puntare il governo - 8 GW con dismissione di tutti gli impianti oggi attivi. In questo caso, rispetto allo scenario intermedio, gli investimenti in sicurezza e sostituzione con nuova capacità generativa ammontano a 2,3-2,7 miliardi.
Il punto, avvisa il ministro Calenda, è che abbracciare uno scenario simile significa non tirarsi indietro e non frapporre ostacoli quando bisognerà bilanciare il nostro fabbisogno con investimenti e infrastrutture per altre fonti che non potranno essere solo le rinnovabili, a partire dal termoelettrico che dal 2018 dovrebbe essere supportato con il lancio del «capacity market» e dal gas per il quale bisognerà sfruttare meglio le potenzialità della rigassificazione.
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