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L’addio a Vialli sporcato dagli scontri tra ultrà sulla A1. Il Napoli è campione d’inverno

La squadra di Spalletti si aggiudica matematicamente il girone d'andata, in una giornata segnata dalle violenze fra romanisti e napoletani.

di Dario Ceccarelli

Scontri tra ultras di Napoli e Roma sull'A1

6' di lettura

Non è facile parlare di calcio, calcio giocato, dopo il lunghissimo e commosso addio tributato a Gianluca Vialli. Non è facile perchè il calcio è inevitabilmente un gioco “sporco”, fatto di polemiche, liti al vetriolo, espulsioni, rigori dati e non dati, slogan truci, ultrà che si prendono a botte negli stadi e negli autogrill come è successo sull'A1 tra sostenitori del Napoli e della Roma.

Un lato oscuro, questo del calco, che non muore mai a differenza dei nostri eroi che invece sono fragili e mortali come tutti noi. Sia per Vialli, che per Mihalovic, le manifestazioni d'affetto sono state talmente potenti e clamorose che sembra impossibile che lo stesso mondo, di cui sono stati protagonisti, sia capace di ricadere nei soliti vizi, nelle solite violenze, nei cori razzisti, nella più selvaggia intolleranza.

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Forse proprio per questo, quando ci vengono a mancare i nostri campioni più cari, abbiamo bisogno di elevarne ancora di più la loro statura morale oltre che agonistica. E' il mistero buffo dello sport e del calcio in particolare. A cui tutti, visto che lo spettacolo deve subito ricominciare, ci adeguiamo sperando comunque che il “gioco” abbia la prevalenza su quella parte opaca - anche economica oltre che morale - che purtroppo spesso lo svilisce e lo mortifica.

Il Napoli, ormai campione d’inverno, riprende la sua corsa. La novità è questa, bisogna dirlo. La squadra di Spalletti, sbertucciata dopo la prima sconfitta con l'Inter, rialza orgogliosamente la testa battendo per due a zero la Sampdoria in uno stadio fortemente condizionato dall'eco emotiva per il ricordo di Vialli e di MIhalovic. Non era facile, per i partenopei, reagire con lucidità a questo difficile snodo.

Sia per il forte peso psicologico della sconfitta di San Siro, sia per lo stesso clima dello stadio Ferraris, che avrebbe potuto moltiplicare le energie dei doriani. In realtà, al di là di alcune decisioni arbitrali che hanno appesantito la partita, il Napoli ha vinto meritatamente sfruttando però il vantaggio d'aver giocato contro una Samporia penalizzata dall'espulsione di Rincon, reo d'aver falciato Osimhen lanciato verso l'area dei padroni di casa. Mancavano undici minuti alla fine del primo tempo. E qui i partenopei, già in vantaggio per un gol dello stesso Osimhen, hanno trovato quello che volevano: ampi spazi per sviluppare quel rapido fraseggio che è il loro valore aggiunto.

La Samp, nella ripresa, non riuscirà più a fare un tiro in porta mentre il Napoli raddoppierà grazie a un rigore di Elmas provocato da un tocco di mano di Vieira. Da notare che i partenopei già dopo due minuti avrebbero potuto passare in vantaggio per un altro penalty dato dal Var e contestato dai doriani. Polemiche poi rientrate dato che Autero ha deviato sul palo il tiro di Politano.

La notizia comunque è che il Napoli ha smaltito il ko di San Siro. E che ora riprende a pieno titolo la sua corsa per lo scudetto. Genova era il primo vero crash test. Al Napoli si chiedeva di dare un risposta adeguata. E lo ha fatto. E lo si è visto soprattutto nell'atteggiamento mentale: determinato, non disponibile a sconti di nessun genere. Adeguate anche le scelte di Spalletti che, per dare una scossa, ha rinunciato in difesa a Rrahmani e Olivera per far spazio a Juan Jesus e Mario Rui. E poi l’inserimento di Elmas come mezz’ala al posto di Zielinski. Un altro segnale che fa ben sperare i tifosi, è la ripresa di Kvaratskhelia, tornato alle sue percussioni ubriacanti. Non ha segnato ma i suoi danni li ha fatti lo stesso.

Incredibile rimonta della Roma sul Milan (2-2)

Una volta, tra le due milanesi, la più pazzerella era l'Inter. Adesso anche la squadra di Pioli ha imboccato una curiosa tendenza all'autodistruzione in extremis che comincia ad inquietare i suoi sostenitori. Quello che è successo ieri sera a San Siro lo conferma con forza. Dunque: fino all'87esimo, il Milan, padrone della partita, è avanti di due gol. Il primo realizzato alla mezz'ora da Kalulu di testa; il secondo da Pogeba (assist di Leao) nella ripresa.

Ebbene, siamo ai titoli di coda con i settantamila supporter rossoneri ormai in tripudio nonostante la pioggia battente. Tutto finito? Macché, ecco il ribaltone. Con due reti, entrambe su calcio piazzato (testa di Ibanez all'87, deviazione di Abraham dopo una respinta di Tatarusano al 93'), la Roma riaggancia i rossoneri rimasti fermi come gatti di marmo. Un suicidio di massa, un'ipnosi collettiva degna di essere studiata dai migliori luminari.

Pur essendo ancora indecifrabile, la squadra di Mourinho una certezza infatti ce l'ha: metà dei suoi gol li ha realizzati su calci piazzati e palle inattive. Come è possibile, ben conoscendo questa sua arma, che tutta la difesa del Milan abbia staccato completamente la spina a tre minuti dalla conclusione? Vero che ormai i recuperi sono infiniti, però una squadra in corsa per lo scudetto non può concedere queste distrazioni di massa.

“Ci siamo incasinati la vita da soli. E' un pari difficile da accettare” ha giustamente commentato Pioli. Che però deve trovare il modo di svegliare i suoi addormentati. Anche con la Salernitana, meno dotata della Roma, c'era stato un ripiegamento pericoloso nella ripresa. Mercoledì però era andata bene, questa volta invece è finita con una vittoria buttata via. Uno spreco che permette al Napoli di riallungare a più sette e di conquistare lo scudetto d'inverno. Tutto si complica per il Diavolo (anche perchè la Juventus, molto più pratica, ora è al secondo posto insieme ai rossoneri sempre penalizzati da una valanga di infortuni. Anche su questa fragilità collettiva del Milan qualche riflessione s'impone. Il troppo storpia. O nei campi di allenamento di Milanello ci sono delle trappole disseminate dai nemici del Diavolo, oppure c'è qualche problema nei carichi di lavoro. In futuro, con le coppe, si giocherà tanto. E avere una panchina lunga, con ricambi in buona salute, di sicuro sarà importante. «Per rivincere o scudetto dobbiamo alzare il nostro livello» aveva detto Pioli alla vigilia riferendosi alle difficoltà del Milan di chiudere le partite che domina. Anche perchè la Juventus ha invece il vizio opposto

La Juventus minimalista: eppur si muove

E' un paradosso, ma un paradosso che funziona. Non è bella, non entusiasma, non fa nulla per farsi amare. Gioca col freno a mano, lasciando spesso l'iniziativa all'avversario. Come nel finale con l’Udinese. Ma quando deve andare al dunque, lo fa. Otto vittorie consecutive senza prendere un gol, vogliono pur dire qualcosa. Segnare sei volte dopo l'85' minuto, non è casuale. C'è dietro lucidità, tanta determinazione. È il trionfo della praticità, ma in attesa che Chiesa sia pienamente recuperato, e Vlahovic finalmente guarito, è meglio essere pratici che velleitari. Il bel gioco? Non chiedetelo ad Allegri che si gode la sua rivincita sperando che la società esca dalla palude dei suoi guai giudiziari. Ora deve vedersela col Napoli. Un bel test, una cartina di tornasole per svelare se, dietro la vernice lucente, c’è ancora delle ruggine. Ma anche i partenopei dovranno stare attenti. L’estetica della Juve può non piacere, ma anche le brutte e i brutti hanno i loro perché.

Il sabato da orsacchiotti dell’Inter. Vogliamo parlare dell'Inter? Bisogna stare attenti a quello che si dice. Perchè è troppo umorale. troppo altalenante. Dopo il successo sul Napoli, la squadra di Inzaghi sembrava rinata. Concentrata, determinata, essenziale. Ma dopo il mercoledì da leoni è arrivato il sabato da orsacchiotti, con quel pareggio in extremis del Monza che ha vanificato l'impresa di tre giorni prima. Due punti gettati al vento con la stessa formazione (a parte Lukaku al posto di Dzeko). Qual è la vera inter? Quella da leoni o quella da orsachiotti? L'impressione è che vada a corrente alternata, come le luminarie festive. Quando lo scontro è quasi decisivo, da ultima spiaggia, viene fuori l'orgoglio della squadra da scudetto.

Nella routine invece emerge la squadra degli orsacchiotti con quei cali di tensione inspiegabili per chi ha ambizioni da capolista. Un altro nodo è quello di Lukaku, l'ombra del gigante di due anni fa. Questo è un gigante d'argilla, che non incide, non sposta gli equilibri. Il contrario di Lautaro tornato invece ai suoi livelli migliori. Che poi l'arbitro abbia preso fischi per fiaschi per il gol ingiustamente annullato ad Acerbi, non sposta la valutazione sull'Inter. La sposta sugli arbitri, ancora incredibilmente soggetti a queste cappelle. Ma vale un vecchio detto: che gli arbitri, alla fine, stanno sempre con il più forte. Anche quando credono di non farlo.

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