ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl sondaggio

L’agenda vera degli italiani ignora il tetto al contante

Le misure anti inflazione dominano il gradimento, seguite da tagli di tasse e contrasto alla «grande» evasione, su cui però c'è scetticismo

di Gianni Trovati

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3' di lettura

Capita spesso che gli italiani si rivelino più saggi, o almeno più concreti, rispetto a molto dibattito politico e giornalistico. Il problema riguarda i partiti, spesso spiazzati da un’opinione pubblica che si muove in libertà senza vincoli ideologici, ma anche i media, facili alla passione per temi che all’atto pratico sono più che secondari. I risultati della rivelazione svolta da Noto Sondaggi per Il Sole 24 Ore possono essere utili a entrambi.

Il rincaro dei prezzi

Bollette e inflazione monopolizzano le preoccupazioni degli italiani, e questo è ovvio. E li inducono a sperare, o forse meglio a constatare, che una decisa continuità fra il vecchio e il nuovo governo realizzi una politica economica concentrata sugli aiuti emergenziali a famiglie e imprese, giudicata nei fatti una via obbligata per non veder peggiorare drasticamente la condizione propria e del Paese. E questo, dopo una campagna elettorale rapida ma fitta di accesi scontri frontali che ha premiato l’unico partito di opposizione al governo Draghi, è già meno scontato.

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Ma il sondaggio fa di più, e chiede agli interpellati di incrociare le loro priorità nelle misure economiche con la speranza/convinzione che vengano effettivamente portate avanti dal governo Meloni. E proprio da qui arrivano le indicazioni più interessanti.

La prima urgenza

I sostegni a famiglie e imprese per fronteggiare i prezzi alle stelle dell’energia sono unanimemente considerati la prima urgenza, ma sono anche oggetto di una convinzione maggioritaria che il governo li porterà avanti. Le polemiche elettorali si sono scatenate sulle «agende» da mantenere o da buttare, ma l’agenda reale degli italiani non cambia. E, sono convinti in molti, nemmeno quella del governo, almeno per quel che riguarda l’urgenza di attutire i colpi dell’inflazione.

La conferma di questo pragmatismo piuttosto disincantato arriva se si ribalta la tabella delle priorità per guardare che cosa c’è agli ultimi posti. La reazione è spenta nei confronti delle riforme dell’ordinamento, dal presidenzialismo all’autonomia differenziata. Ma laggiù in fondo si incontra prima di tutto l’innalzamento del tetto all’uso del contante. Il tema ha dominato la scena della scorsa settimana, e come spesso capita lo ha fatto con un’intensità inversamente proporzionale alla sua effettiva rilevanza pratica.

Le convinzioni della politica

Anche perché mentre la politica ostenta certezze sul fatto che il limite «penalizza i poveri» (che però oltre a non avere dimestichezza con le carte di credito in genere non hanno nemmeno troppa frequentazione con pacchi di banconote) o che al contrario è un fondamentale argine antievasione (ma evasori e riciclatori di denaro sporco difficilmente si fanno impressionare da un limite legale facile da aggirare), la letteratura economica dispensa sul punto solo incognite e riconosce una certa impotenza metodologica nel superarle.

A rimettere le cose a posto ci pensano allora gli italiani: collocano all’ultimo posto nella graduatoria del gradimento l’aumento del tetto al contante, ma allo stesso tempo si dimostrano convinti del fatto che governo e parlamento non desisteranno dall’intervenire, forse con l’obiettivo di agitare una bandiera politica tutto sommato meno costosa di altre rese impossibili dall’emergenza.

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LE ASPETTATIVE
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La tassa piatta

Nelle battaglie di fondo classifica il denaro sonante se la batte con la Flat Tax; l’allargamento di quella degli autonomi è penultima nella graduatoria del gradimento, mentre il regime fiscale agevolato sugli incrementi di reddito è ultimo in quello delle urgenze. Anche in questo caso, però, è opinione diffusa che il governo andrà avanti nell’unica operazione «tassa piatta» più o meno consentita dai numeri attuali della finanza pubblica.

Dove la premier Meloni sembra invece aver colto un punto molto sentito dagli italiani è nell’orientamento della lotta all’evasione sulle «grandi frodi», da accompagnare con l’esigenza di lasciar tranquilli cittadini e imprese “normali” a cui riservare un taglio della pressione fiscale. Anche qui la narrazione va sfrondata di una dose non irrilevante di propaganda, perché nella realtà da molti anni l’agenzia delle Entrate fonda i propri risultati di gettito sulle grandi partite finanziarie (basta pensare alla lunga lista di accordi con le multinazionali) e per la generalità dei contribuenti punta sull’adesione spontanea (compliance) con fatturazione elettronica, split payment, reverse charge e gli altri strumenti del fisco digitale.

La questione però occupa il podio del gradimento appena sotto le bollette, anche perché la burocrazia delle tasse ha ancora bisogno di parecchio snellimento. Ma c’è un problema: nelle opinioni rilevate dal sondaggio, l’apprezzamento per questa rivoluzione fiscale è intenso quanto lo scetticismo sulle possibilità che sia davvero realizzata.

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