storie di innovazione

L’alchimia di Regenesi: «Così trasformiamo i rifiuti in bellezza»

di Chiara Beghelli

4' di lettura

Una passeggiata in una gloriosa giornata di primavera può essere anche foriera di shock estetici: «Eravano a Napoli per il ponte del primo maggio del 2008, e quel contrasto fra il cielo azzurro e il panorama della città e la spazzatura per le strade mi sconvolse. E mi convinsi però che si poteva trasformare un rifiuto in bellezza». È così che Maria Silvia Pazzi descrive la nascita dell’idea di Regenesi, l’azienda che ha fondato a Bologna 11 anni fa, quando «sostenibilità» in Italia era un termine per addetti ai lavori. Un’azienda che ha capito, molto prima di altre, che il recupero e il riciclo erano non solo azioni necessarie, ma anche capaci di generare nuovi prodotti e nuove economie. E persino bellezza. Che passa da piccola e grande pelletteria ricavata da pelle rigenerata, arredi per ufficio da vecchi frigoriferi e bicchieri di plastica delle macchinette automatiche, sottopentola da parti di veicoli demoliti, creazioni firmate da designer come Denis Santachiara, Matali Crasset, Marco Ferreri e Giulio Iacchetti.

Visioni e soluzioni d’avanguardia, che in questo periodo in cui di sostenibilità si parla ovunque e quotidianamente, ha donato un primato a Regenesi, riconosciuto il 16 maggio scorso come “Best Performer dell’economia circolare 2019” nella categoria Pmi manifatturiere da Confindustria, 4.manager ed Enel X. Ora Maria Silvia è diretta a Berlino, dove le creazioni di Regenesi fino al 6 giugno saranno esposte all’ambasciata italiana nell’ambito delprogramma Diplomacy 4 Sustainability, una vetrina importante per le aziende più innovative nel campo dell’economia circolare: «Anche questa è un’espressione che fino a due anni fa non usavo, perché non venivo capita - spiega l’imprenditrice, che è anche una docente di economia delle reti -. Ora le cose sono molto cambiate. Almeno dal 2017, anno del G7 dell’ambiente, c’è stata una grande accelerazione del dibattito su questi temi, anche nelle aziende, e di conseguenza sono aumentati i contatti con noi».

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Economia circolare, quasi 200 le realtà virtuose in italia

Oltre a produrre le sue creazioni con il suo brand, infatti, Regenesi ha in attivo una serie di importanti collaborazioni con aziende che si rivolgono alla sua esperienza per esordire nell’impegno verso l’ambiente: «Una delle collezioni più belle è quella con Dainese: dalle tute dei piloti abbiamo ricavato dei portafogli. In questo caso ci piace sottolineare la storia, le origini di un prodotto, mentre altre volte i materiali cambiano forma. Con Lamborghini, invece, abbiamo recuperato le scocche di carbonio di alcuni modelli, oppure per Enel abbiamo fatto un progetto per ricavare dei gadget dai vecchi contatori», racconta.

La lampada O-Re-Gami disegnata da Matali Crasset

I materiali “rigenerati” che l’azienda utilizza sono soprattutto pelle rigenerata, proveniente da scarti di lavorazione, alluminio, Pet, ma la ricerca di nuove possibilità è costante: «Siamo a caccia di nuovi materiali da sempre - prosegue Maria Silvia -. Inizialmente era una sfida, perché in Italia, appunto, non c’era molto interesse verso questi temi. Ora invece rileviamo quasi una sovrabbondanza, un eccesso di offerta.

In ogni caso noi privilegiamo la provenienza italiana anche in questo, la qualità, l’estetica, la lavorabilità, e non da ultimo anche il prezzo. Il processo di rigenerazione di un materiale, infatti, può essere più costoso di una lavorazione da nuovo. Alcuni clienti si stupiscono dei nostri prezzi “premium” (alcune versioni della File Bag, design di Annalisa Caricato, costano anche 318 euro, ndr), perché credono che gli “scarti” non debbano avere questo costo. Certamente i nostri prodotti sono rivolti a un pubblico consapevole, dei nostri costi ma anche del risparmio in termini di impatto ambientale».

Collezione Dainese

La chiave, dunque, è sapersi raccontare e per farlo al meglio, e insieme celebrare i suoi primi 10 anni di vita, l’anno scorso Regenesi ha rinnovato il suo logo e il suo sito: «Vogliamo avere un contatto più vicino con i nostri clienti, per comunicare il nostro lavoro e la nostra filosofia. Anche per questo, per esempio, per ogni prodotto indichiamo le sue origini e il risparmio in termini di CO2 della sua produzione».

Maria Silvia Pazzi, fondatrice di Regenesi

Oltre l’e-shop, però, sostenuto anche da uno store su Amazon, Regenesi sta iniziando a pensare anche a dei punti di contatto fisico con i suoi clienti: «Abbiamo fatto dei test per dei pop up e temporary store a Bologna e Milano, sono andati benissimo. Per ora siamo presenti in canali che condividono la nostra filosofia, per valorizzare i contenuti dei nostri prodotti. Per noi sono molto importanti già ora gli shop dei musei, e oggi siamo a Corso Como 10 a Milano, con una collaborazione che proseguiremo - continua -. Stiamo lavorando per aprire dei corner in importanti department store, da arricchire anche con la nostra passione per la tecnologia, dunque con Qr code e realtà aumentata».

A sostenere il percorso di crescita di Regenesi ci sono anche l’esperienza degli altri attori dell’azienda, dunque il socio di Maria Silvia Pazzi, Alfredo Montanari, managing director della Bologna Business School, e di un advisory board dove siedono Marco Vacchi, patron del gruppo Ima, l’avvocato Italo Minguzzi, l’imprenditrice Maria Cristina Maccaferri e Loris Reggiani, che dopo una carriera nel motociclismo da tempo investe in aziende etiche.

La Fruit Bag in pelle rigenerata, design di Setsu & Shinobu Ito

«Quando abbiamo iniziato l’Italia era indietro rispetto ad altri Paesi come la Germania o il Regno Unito sul tema della sostenibilità - nota l’imprenditrice - . Ora, come spesso accade, li abbiamo anche superati per certi aspetti. Certo, a livello regionale ci sono ancora notevoli divari, ma come nazione nell’utilizzo di materiali circolari abbiamo dei primati europei. L’Italia che dobbiamo raccontare è anche questa».

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