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L’alfabeto della sinestesia: guida al nuovo esperanto del vino

Master of Wine, sommelier e designer lavorano sulla rappresentazione grafica dello spettro aromatico, puntando a riconoscere e categorizzare le sfumature olfattive di bianchi, rossi e bollicine.

di Barbara Sgarzi

Una delle postcard del progetto Dear Data di Giorgia Lupi e Stefanie Posavec (2014-2015). Le due artiste e data visualizer si sono scambiate per un anno cartoline con visualizzazioni grafiche delle loro giornate. La settimana 47 è quella dedicata agli smells e scents. @Giorgia Lupi / Stefanie Posavec

5' di lettura

Un’idea di ginestra. La fragranza floreale, corolle bianche, dello Chardonnay della Côte des Blancs. L’effluvio netto, pungente, del pepe nero che si sprigiona da un calice di Syrah australiano. L’inconfondibile nota di rosa, noce moscata e chiodi di garofano del Gewürztraminer. Per chi ama il vino l’analisi olfattiva, subito dopo lo sguardo al calice e immediatamente prima di degustarlo, è uno dei momenti sensoriali più intensi, attesi e coinvolgenti. Tra i sentori primari, quelli tipici e propri dell’uva, i secondari, che si sviluppano nelle fasi di fermentazione, e i terziari, creati dalla maturazione e l’affinamento, c’è un mondo di fragranze da riconoscere e apprezzare. Spesso difficili da raccontare e condividere, nonostante esista un lessico comune: ogni corso di degustazione ha il suo, e ad esempio nella scheda di valutazione dell’Associazione Italiana Sommelier i descrittori olfattivi sono quasi trenta. Così, nell’epoca che ha inaugurato giocoforza le degustazioni a distanza, scoperte durante il lockdown e mai più abbandonate, dove non arriva la parola, per comprendere un’essenza e i suoi aromi può arrivare l’immagine. Sono sempre di più – più raffinate, più piacevoli – e intuitive da comprendere le rappresentazioni grafiche dello spettro aromatico: si prefiggono di travalicare gli strumenti digitali e i social media, dove spesso avviene la conversazione sul vino, per regalare un’impressione più precisa delle note olfattive e gustative anche dietro a uno schermo. Come nell’opera di Sarah Heller, Master of Wine e visual artist. Una laurea a Yale in Fine Arts, una carriera tutta giocata tra bianchi e rossi ad altissimi livelli, Heller crea opere ispirate alla degustazione di grandi bottiglie per trasmettere, quasi per sinestesia, l’essenza di un prodotto attraverso colori e sfumature. Non solo, ha elaborato un sistema di visualizzazione che utilizza durante le sue masterclass, combinando colore e forme, per rendere più immediata la comprensione del contenuto: più o meno fragrante, più rotondo o più asciutto e fresco. «Il mio obiettivo è creare immagini che non siano semplici analogie visive delle note di degustazione scritte, perché mancano di obiettività e non sono efficaci con degustatori di cultura e background diversi. Ho notato che la risposta delle persone alle immagini è più intuitiva di quella al linguaggio, dove molte sfumature sono lost in translation». Heller lavora sui colori, che restituiscono la famiglia degli aromi; sulla forma e il contorno, che simboleggiano struttura e corpo di un vino e vanno letti dal basso verso l’alto, e aggiunge infine quel tocco di ineffabile che racconta l’armonia e l’equilibrio di un calice. Una delle sue collezioni riguarda le eccellenze dei vini italiani, con stampe che riportano su tela l’essenza di Sassicaia e Brunello. Il suo lavoro, raccolto in Visual Tasting Notes, elabora anche concetti astratti come energia ed equilibrio, cercando di trasmettere in un’immagine artistica di valenza universale come questi termini si manifestino nella degustazione. Soprattutto per quanto riguarda lo Champagne, per il quale negli ultimi anni gli chef de cave giocano con affinamenti e soste sui lieviti sempre più lunghi, per arricchirne il bouquet olfattivo. È il caso, ad esempio, del Moët & Chandon Grand Vintage 2015, presentato recentemente: un naso inizialmente “verde”, morbido e fresco, seguito da fiori di sambuco e gelsomino, pesca bianca e macchia mediterranea, sull’inconfondibile sfondo di brioche tipico della lunga permanenza sur lies. Giorgia Lupi, information designer e partner di Pentagram, che alle rappresentazioni visive degli odori ha dedicato parte del progetto Dear Data, in collaborazione con Stefanie Posavec, aggiunge: «La visualizzazione è come una guida che aiuta, durante la degustazione, a riconoscere e categorizzare gli aromi che spesso ci sfuggono. E siccome è un’esperienza personale, serve a prendere nota delle sensazioni e a costruire una libreria di fragranze da riportare alla mente quando le ritroviamo nel bicchiere». Un altro Master of Wine, l’inglese Nick Jackson, ha elaborato un’interessante rappresentazione per riconoscere i vini alla cieca durante le difficili fasi del concorso che lo ha visto vincitore (ogni anno viene nominato un solo Master of Wine, dopo durissime selezioni di decine di candidati da tutto il mondo). Le discriminanti sono l’acidità per i vini bianchi e i tannini per i rossi, intorno alle quali ha creato uno schema visivo di grande aiuto per chiunque voglia approfondire il tema e che si ritrova nel suo libro, Beyond Flavour. La giornalista e data humanizer Donata Columbro chiosa: «Creare grafiche di dati su vino e cibo è una tentazione per molti designer, perché sono esperienze che riguardano tutti. Anche con modalità che vanno oltre la vista: ci sono ricercatori che usano alimenti e bevande come strumento per rappresentare i dati, ad esempio». Come all’Università di Scienze e Tecnologia di Hong Kong, dove è stato pubblicato un paper in cui piatti e bicchieri sostituiscono percentuali e informazioni, come in un gioco di scatole cinesi. Cibo e abbinamenti tornano nel coloratissimo L’arte e la scienza del Food pairing che racconta perché alcuni funzionano meglio di altri e li visualizza, tra olfatto e gusto, in una serie di data scraping intuitivi e belli da vedere, insieme ai profili aromatici di piatti, vitigni e spirit. Una strada perseguita anche dal Centro Studi Assaggiatori, che ha recentemente pubblicato Comunicazione sensoriale, libro nato dalla tesi laurea in design di Noemi Emidi che si prefigge di “far sentire l’odore dove non c’è”, ossia sul web, nei cataloghi, nelle brochure, unendo le scienze sensoriali alla grafica. E c’è chi, per aiutare la comprensione del prodotto a livello intuitivo, mescola i piani sensoriali, come Pietro Palma, ambasciatore dello Champagne per l’Italia. Nel suo recente libro, Il Suono dello Champagne, visualizza il vino francese come un equalizzatore che modifica la linea di ascolto a seconda delle scelte del produttore: «L’ho immaginato come colui che ha ideato e scritto lo spartito di un brano musicale intitolato Champagne, pezzo che ha suonato con gli strumenti della sua sensibilità, talento ed esperienza». I comandi di questo equalizzatore virtuale vanno dalla provenienza delle uve, alle scelte di vinificazione e all’assemblaggio delle cuvée fino al dosaggio. Ogni decisione contribuisce a creare un esito differente, che si può comprendere dall’impronta osservando lo schema musicale. Fra le scelte più importanti, il momento del dégorgement, la sboccatura che elimina i lieviti esausti dalla bottiglia. Una bandiera da sempre per Bollinger, i primi a inserirne la data in bottiglia e a creare una cuvée con la dicitura R.D., “Récemment Dégorgé”. L’annata 2008, eccezionale sotto molti aspetti, è stata appena svelata e offre aromi di pasta di mandorle e composta di albicocca e miele, sulle note fresche del bergamotto. Proprio per apprezzarne il profilo aromatico, il consiglio è di degustarla sia subito sia dopo qualche anno di riposo in cantina, per coglierne la continua evoluzione. Perché, nonostante la bellezza delle immagini e l’appagamento visivo, provare il vino nel calice resta sempre la modalità più piacevole che ci sia.

PER IMMAGINI DONATA COLUMBRO . SARAH HELLER . Le sue opere d’arte ispirate alla degustazione di grandi vini sono in vendita su sarahhellerart.com. NICK JACKSON, estratti dal suo libro, “Beyond Flavour”, su vintagevariation.com. GIORGIA LUPI / STEFANIE POSAVEC, Dear Data 2014-2015. Il progetto è pubblicato nel libro “Dear Data”, Particular Books (Penguin Random House) e Princeton Architectural Press, 2016, ed è parte della collezione del MoMA di New York. La parte dedicata agli odori si trova su dear-data.com. ACQUISTARE BOLLINGER R.D. 2008, 307 €, 353 € con astuccio. MOËT & CHANDON GRAND VINTAGE 2015, da 65 €. LEGGERE “Comunicazione sensoriale”, di Noemi Emidi, su assaggiatori.com, 30 €. “L’arte e la scienza del Foodpairing” di Peter Coucquyt, Bernard Lahousse, Johan Langenbick, edizioni Slow Food, 39,90 €. “Il Suono dello Champagne” di Pietro Palma, edizioni Ampelos, 25 €.

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