Tornano le tende in tutta Italia, si allarga la protesta degli studenti
L’allarme della Cgil su un ricerca dell’Osservatorio Futura: uno studente su due si trova in difficoltà economiche
di Redazione Scuola
3' di lettura
Dopo la pausa estiva, tornano le tende davanti alle città universitarie. Sotto lo slogan “Vorrei un futuro qui” gli studenti hanno aperto la nuova stagione di protesta contro il caro affitti davanti ai rettorati a Lecce, Palermo, Torino, Bologna, Perugia, Roma, Milano fino a raggiungere la cifra di 25 città da nord a sud. I giovani chiedono alla premier Giorgia Meloni e alla ministra dell’Università Anna Maria Bernini di trovare urgentemente 2 miliardi per intervenire su studentati pubblici, affitti, borse di studio, salute mentale e caro libri. E di «smettere di sprecare le risorse del Pnrr per gli alloggi privati che costano 700 euro al mese. Vogliamo che i posti letto finanziati dal Pnrr siano accessibili a tutti. Noi invitiamo la ministra Bernini a venire a trovarci, per confrontarsi con noi sulla prossima legge di bilancio e sul Pnrr. Vogliamo raccontarle le difficoltà degli studenti fuorisede che non riescono a pagare l’affitto», dicono i ragazzi.
La sponda dell’opposizione
Alle tende oggi a La Sapienza di Roma sono passati vari esponenti dell’opposizione: Alfredo D’Attore e Marta Bonafoni del Partito Democratico, Vittoria Baldino e Francesco Silvestri del Movimento 5 Stelle. Presenti anche diversi dirigenti della Cgil e della Flc Cgil. “Bisogna indire il nuovo bando regionale per il bonus alloggi”, suggerisce la consigliera del Lazio Eleonora Mattia (Pd). Secondo il Moige, Movimento italiano genitori, “é necessaria una riforma della fiscalità in favore dei genitori con figli a carico”. Per Alessio d’Amato di Azione “la protesta è sacrosanta, ogni euro disponibile va messo su sanità e diritto allo studio”. ll Codacons scende in campo aprendo una pagina sul proprio sito per fornire informazioni e aiuto agli universitari.
La ricerca di Osservatorio Futura
«Il quadro generale che emerge dall'indagine dell'Osservatorio Futura, realizzata per conto di Cgil, Rete degli studenti medi e Udu, è allarmante: il 54% degli intervistati è in difficoltà economica e solo il 10% pensa che il diritto allo studio sia garantito». Così Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil, commenta i risultati del sondaggio ’Giovani e diritto allo studio’. La spesa media annuale per l'istruzione è di 1.782 euro dai 6 ai 16 anni, e aumenta notevolmente per le studentesse e gli studenti universitari, con grandi differenze tra le diverse aree del Paese. Per il 90% del campione il supporto dei genitori è determinante per poter proseguire gli studi.Per il 43% le disparità legate alle condizioni economiche sono al primo posto tra i fattori di esclusione dal diritto allo studio, tra le cause vi sono poi le disparità geografiche (17%) e quelle culturali (16%).
Quando si chiede quale sia la sfida principale che i giovani devono affrontare per poter studiare, il 61% del campione risponde il costo elevato della vita (affitti, mense, libri, trasporti), a indicare che è proprio sulla riduzione dei costi che si devono concentrare le politiche pubbliche.
Emerge con forza in tutte le città universitarie anche il tema della casa e degli alloggi: appena il 14% del campione dichiara di non interessarsi al problema. Le preoccupazioni principali sono la difficoltà nell'avere stabilità lavorativa (31%) e i salari bassi (20%). Lo scenario ci consegna un futuro carico di inquietudini e incertezze: solo il 10% pensa che in futuro la condizione economica dei giovani migliorerà, e per il 30% peggiorerà nettamente.
La manifestazione del 7 ottobre
«Siamo molto lontani dalla risoluzione dei fenomeni dell’abbandono scolastico e dei Neet, ragazze e ragazzi che non studiano e non lavorano. Gli ingenti finanziamenti europei e le risorse del Pnrr, stanziate per contrastarli e per creare nuova occupazione per i giovani, non stanno determinando i risultati sperati. Il disinvestimento nelle regioni del Sud e l’autonomia differenziata - aggiunge Ghiglione - rischiano di peggiorare la situazione. Anche per queste ragioni è fondamentale essere in piazza il prossimo 7 ottobre».
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