L’allarme dell’agricoltura: la guerra fa esplodere il caro-concimi
Guerra e sanzioni non provocano solo la fiammata del prezzo del grano: i fertilizzanti subiscono rincari del 170%
di Micaela Cappellini
2' di lettura
La guerra in Ucraina fa esplodere il caro-concimi, con aumenti fino al 170% che pesano anche sulla filiera agroalimentare italiana. L’aumento del prezzo del grano e del mais non è dunque l’unica conseguenza agricola causata dal conflitto tra la Russia e l’Ucraina. La fiammata del prezzo dei concimi è dovuto a due fattori: da un lato l’aumento in sè del prezzo del gas sui mercati internazionali, poiché il metano è materia prima essenziale per produrre i fertilizzanti. E dall’altro la decisione di Putin di imporre - al momento fino ad aprile - il divieto all'esportazione di nitrato di ammonio: «Un prodotto fondamentale per la concimazione del grano - ricorda la Coldiretti - di cui rappresenta da solo circa un quarto dei costi complessivi di coltivazione».
Sui mercati oggi il nitrato d’ammonio è quasi introvabile, e quando c’è il suo costo è passato da 250 a 670 euro alla tonnellata. «Il nitrato di ammonio sta peraltro venendo a mancare proprio nella fase decisiva per la crescita delle spighe, diminuendo inevitabilmente la produttività con il taglio dei raccolti - scrive la Coldiretti in una nota - una scelta che danneggia gravemente le aziende agricole già in difficoltà a causa dei rincari di tutti i fertilizzanti legati all'impennata del costo del gas scatenata dal conflitto». Secondo i dati dei Consorzi agrari d’Italia l'urea è balzata a 750-800 euro a tonnellata contro i 350 euro a tonnellata dello scorso anno, il perfosfato minerale è passato da 170 agli attuali 330 euro alla tonnellata, mentre i concimi a contenuto di potassio sono schizzati da 450 a 850 euro. «Il risultato - dice la Coldiretti - è che il 30% delle imprese agricole è costretta a ridurre i raccolti». L’Italia già oggi importa il 64% del grano per il pane e il 44% di quello necessario per la pasta: una ulteriore riduzione della produzione nazionale non farebbe che aggiungere altro stress al comparto e portare a un aumento dei prezzi.
«Le partenze di cereali dai porti dell'Ucraina sono praticamente ferme», ricorda il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. E il mercato internazionale dei cereali è sotto pressione anche a causa delle stime relative alla contrazione dei raccolti in Argentina e Brasile per la carenza di piogge: «È quindi destinato a salire anche il costo per l'alimentazione del bestiame - ricorda Confagricoltura - che già alla fine dello scorso anno ha fatto registrare un rialzo del 30%».
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