L’allarme dei salumifici: i consumi calano del 2,1%, i costi aumentano del 25%
Pietro D'Angeli (Clai) nuovo presidente di Assica: «L’accesso al credito discriminante per la salute del settore»
di Micaela Cappellini
2' di lettura
Le imprese del comparto dei salumi sono preoccupate: mentre i costi di produzione sono aumentati del 25%, nel 2022 i consumi hanno mostrato cenni di cedimento e sono diminuiti, a volume, del 2,1%. I dati sono stati resi noti durante l’assemblea annuale di Assica, l’associazione che riunisce le 900 imprese industriali di un settore che vale circa 9 miliardi di euro. Giovedì 15 giugno, a Roma, i soci hanno anche scelto il nuovo presidente che è Pietro D’Angeli, direttore generale della cooperativa emiliana Clai: «L’incessante aumento dei costi della materia prima e dei costi energetici è innegabile e supera il 25% - ha detto il neopresidente - le industrie del settore hanno scaricato a valle solo parzialmente gli aumenti registrati, mantenendo calmierati i prezzi finali di vendita a tutela dei consumatori. Questo fenomeno ha determinato una sempre più marcata contrazione dei margini e della redditività delle aziende e ha sicuramente contribuito a generare problemi di liquidità alle imprese e ad accentuare la tensione finanziaria. L’accesso al credito è pertanto l'altra grossa discriminante per la salute del settore, soprattutto per le piccole e medie imprese».
Se nel complesso del 2022 i consumi nazionale di salumi sono scesi del 2,1%, gli italiani mostrano crescenti difficoltà di budget e si stanno rivolgendo a categorie di acquisto più basse. Per esempio, sono risultati in aumento anche i consumi di mortadella e wurstel (+6,0%), mentre hanno evidenziato un deciso ridimensionamento i consumi di bresaola (-6,9%). Anche le esportazioni hanno risentito del caro-vita: nel corso del 2022 le spedizioni all’estero dei salumi italiani si sono fermate a quota 197.800 tonnellate, lo 0,4% in meno.
Per affrontare il 2023, le imprese italiane dei salumi chiedono al governo uno sconto sull’Iva: «Come reazione all’incremento dei costi di materia prima, energia, packaging e di molti altri correlati e la difficoltà di trasferire tali maggiori oneri sui prezzi finali di vendita, anche alla luce della perdita di potere d'acquisto delle famiglie italiane, ridurre l'Iva al 4%, equiparando quindi carni e salumi a formaggi e prodotti ortofrutticoli, contribuirebbe a rasserenare il mercato» ha detto D'Angeli. Che ha chiesto anche maggiori interventi di contrasto alla peste suina: «Per contrastarne la diffusione è di vitale importanza agire tempestivamente, con la condivisione e la messa in atto di azioni coordinate per l'eradicazione dell'infezione».
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