L’alta cucina comincia con un piatto di insalata a chilometro zero
E' forse il suo signature dish, il più famoso. Enrico Crippa, lo chef tristellato del ristorante Piazza Duomo ad Alba, racconta quante varianti si possono fare foglia dopo foglia.
di Fernanda Roggero
4' di lettura
Da Agastache Anisata e Atriplice Rossa a Tulbaghia e Virginica. Passando per i più compiacenti Dragoncello, Nasturzio e Pimpinella. Sono 100 le erbe che vanno a comporre l'insalata con cui Enrico Crippa festeggia i 100 numeri di How to Spend it. Definire insalata questo piatto elaborato, un vero e proprio signature dish, come dicono gli anglosassoni, è riduttivo. Qui parliamo di alta cucina. Frutto del lavoro di tre persone nell'orto e di quattro al ristorante. «Le erbe vengono raccolte intorno alle cinque del mattino», racconta il cuoco del tristellato Piazza Duomo di Alba. «Occorre farlo prima che sorga il sole per mantenere intatti turgore e croccantezza. Quando arrivano in cucina ce ne prendiamo cura per tre, quattro ore. I fiori non possono essere bagnati, vanno puliti uno ad uno, le erbe non possono passare nella centrifuga, le asciughiamo con il torcione, come facevano le nostre nonne».
Un lavoro certosino che culmina nella composizione. «Ormai abbiamo raggiunto un grado di manualità elevatissimo», spiega Crippa. «Sappiamo come sovrapporre e incastrare le varie erbe e abbiamo i nostri piccoli trucchi: ad esempio il cerfoglio, con la sua foglia larga, aiuta a consolidare e trattenere». Il risultato, così come il gusto, è ogni volta diverso. Dipende dalla stagione, ma anche dalle modalità di consumo. «L'insalata viene servita con una pinza, perché la forchetta schiaccerebbe le foglie. L'idea ci è venuta quando la servimmo per la prima volta a Ferran Adrià». Il grande cuoco spagnolo, entusiasta del piatto, catturò ogni foglia e germoglio con le mani.
«Ogni pinzata è a sé: quattro persone allo stesso tavolo avranno sensazioni di gusto totalmente differenti; un boccone delicato, uno piccante, subito dopo un sentore aromatico intenso. Una foglia di stevia copre il palato di dolcezza, la santoreggia è una frustata di amaro, la fogliolina di pepe di Sichuan anestetizza, un petalo di rosa riporta alla mente il profumo della mamma che dà la buonanotte». Come una madeleine, l'insalata delle cento erbe risveglia memorie gustative. «Una nostra cliente ci raccontò della grande emozione provata con la pimpinella: era l'erba che raccoglieva da piccola nelle passeggiate con il nonno e la associava al profumo di sigaro che lui teneva tra le labbra».
Quattro stagioni, quattro famiglie di insalate. «Quella primaverile ha un gusto erbaceo, è ricca di nuovi getti, insalatine spontanee, germogli di luppolo; d'estate il gusto è molto più floreale, caldo, ci sono anche frutti; in autunno, così come d'inverno, i sapori sono più amaricanti, radicchi, senapi, foglie di cavolo che donano piccantezza».
Quando nacque l'idea di inserire l'insalata nel menu, quasi sedici anni fa, nessuno immaginava che successo sarebbe stato. «Qualche volta ho tentato di toglierla: impossibile, è troppo richiesta». All'inizio era un modo per soddisfare la domanda di un piatto leggero. Crippa, memore della lunga esperienza in Asia, decise di seguire la filosofia Kaiseki, che fa iniziare il pasto con qualcosa di crudo. In Giappone è un sashimi di pesce. «Di stagione, per seguire gli imperativi di purezza e bellezza di cui è infusa la loro tradizione. Il pesce viene tagliato a lamelle finissime e posto su piatti di ceramiche preziose: più è trasparente e sottile, meglio emergeranno le decorazioni». Anche a Piazza Duomo il contenitore dell'insalata è scelto con cura: in vetro e posto su un piatto verde, mentre un sottovaso contiene il dashi, il brodo giapponese con cui si conclude la portata, aromatizzato al mandarino. Alla base, un condimento di aceto di Barolo, olio ligure, alghe nori e semi di sesamo.
Tutto questo non sarebbe possibile senza il grande orto di Piazza Duomo. La famiglia Ceretto, storica produttrice vinicola che nel 2005 aveva chiamato Crippa ad Alba con l'ambizione di farne una meta dei gourmet internazionali, ha sempre sostenuto il cuoco nella ricerca di materie prime di eccellenza. Anche nella creazione dell'orto: oggi misura tre ettari e dispone di due serre, una delle quali riscaldata d'inverno e refrigerata d'estate. È l'orto a guidare la cucina. «Ci vado la mattina e scopro cosa usare quel giorno: una carota cresce in tre mesi. Quando la raccogli, fine e tenerissima, è perfetta per le insalate. Dieci giorni dopo chiede un utilizzo che ne esalti tenacia e corposità». La svolta green dell'alta cucina internazionale non stupisce il più ascetico dei nostri chef. Purché sia autentica. Perché non basta innaffiare qualche erba officinale nel giardino del ristorante per dirsi sostenibili. «I vegetali sono una grande opportunità, oltre ad essere estremamente flessibili, una verdura puoi servirla bollita, saltata, fritta, cruda, stufata, è un portafoglio ricchissimo». Come ricchissima è la varietà di erbe e germogli inseriti nell'insalata pensata per omaggiare il traguardo di How to Spend it 100. Un inno al risveglio della natura.
CON LEGGEREZZA PIAZZA DUOMO, piazza Risorgimento 4, Alba (Cuneo), www.piazzaduomoalba.it . Menu da 270 €. Il menu Barolo, con l'abbinamento dei vini incluso, costa 500 €.
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