L’alta gamma può crescere fino al 20%
di Giulia Crivelli
4' di lettura
Un settore tornato decisamente in salute, attraversato da un cauto ottimismo e con prospettive di crescita, per il 2018, high single digit, come dicono gli analisti, se non addirittura a doppia cifra.
L’orologeria di media e alta gamma ha superato le difficoltà del 2016 e consolidato la ripresa registrata nel 2017 non solo perché è migliorata la congiuntura internazionale e perché sono ripartiti con decisione i consumi di lusso dei principali Paesi asiatici; l’orologeria sta meglio perché ha saputo fare autocritica, analizzando le debolezze e tornando ad abbracciare l’innovazione di prodotto senza temere quella tecnologica e in particolare digitale.
Il quadro emerge sia dai risultati delle aziende quotate, sia dagli umori registrati alle due più grandi fiere del settore: il Sihh (Salon internationale de la haute horologerie) di Ginevra, tenutosi come ogni anno a gennaio, e Baselworld (si veda l’articolo in pagina). Proprio a Basilea, che si è svolta dal 22 al 27 marzo, molti espositori hanno riferito di aver raccolto ordini prima dell’evento e durante l’evento, in crescita rispetto a un anno prima a una cifra ma anche a due. Una cosa è certa, come emerge dai molti focus contenuti nelle pagine di questo Rapporto: le novità presentate a Basilea spiccavano per un rinforzato rapporto tra qualità e prezzo. Negli anni scorsi, hanno candidamente ammesso molti manager e operatori del settore, i listini si erano troppo sbilanciati verso l’alto, dando a volte al cliente finale – sempre più informato, consapevole e attento, non necessariamente per problemi di budget – la percezione che il valore non corrispondesse al costo.
Nel report di Vontobel pubblicato a meno di un mese dalla fine di Baselworld, gli analisti della società svizzera, punto di riferimento per il settore degli orologi, spiegano che il comparto più in salute è quello del made in Swiss alto di gamma, che nel 2017 ha aumentato la sua quota di mercato globale. «Un trend destinato a proseguire nel 2018, con una previsione di crescita delle esportazioni di orologi svizzeri del 6%, con una revisione al rialzo rispetto al 4% ipotizzato fino a pochi mesi fa», scrivono gli analisti di Vontobel.
I dati annunciati il 24 aprile dalla Fédération de l’industrie horlogère suisse (Fhs)sono una conferma dello scenario delineato nel report (si veda anche Il Sole 24 Ore del 25 aprile): nel primo trimestre le esportazioni elvetiche hanno raggiunto i 4,98 miliardi di franchi (4,19 miliardi di euro), con un aumento del 10,1% rispetto allo stesso periodo del 2017, la migliore crescita trimestrale dal giugno del 2012. Ugualmente coerenti con le previsioni di Vontobel i dati relativi al solo mese di marzo: a trainare l’export sono stati gli orologi delle gamme medio-alta e alta, cioè delle fasce di prezzo 500-3mila franchi e sopra i 3mila franchi; per la fascia media e per quella di base ci sono state invece flessioni.
A favorire la ripresa dell’export è stato inoltre l’indebolimento del franco svizzero sulla maggior parte delle altre valute, ma, come dicevamo all’inizio, un ruolo importante è stato quello dell’Asia. Il polo svizzero dell’orologeria è il maggiore a livello mondiale per fatturato e la ripartizione dell’export ribadisce l’importanza dei mercati dell’Estremo oriente: l’Asia è al 54%, seguita dall’Europa con il 29% e dalle Americhe con il 14%; all’Oceania va il 2%, all’Africa l’1 per cento.
Cautamente ottimista anche Luca Solca: con il consueto gusto per il paradosso, almeno verbale, l’analista di Exane Bnp Paribas, responsabile del settore Luxury goods, dopo aver trascorso alcuni giorni tra gli stand di Basilea ha raccolto osservazioni e previsioni nel report Baselworld-A good “bad” fair. «La ripresa continua: la maggior parte dei brand indica una crescita delle vendite, rispetto a un anno fa, che va dal 10 al 20 per cento. Un dato confermato dalla presenza in fiera di molti retailer asiatici, dai dati Fhs sull’export del primo trimestre e da quelli sui magazzini, che sembrano tornati a livelli fisiologici», scrive Solca.
Secondo l’analista di Exane, a Baselworld e prima al Sihh si è vista molta innovazione, più “ragionata” rispetto al passato: le collezioni che hanno debuttato alle due fiere non sono semplici rivisitazioni di modelli esistenti. «Rolex, Patek Philippe e Audemars Piguet sono buoni esempi di questa strategia. Poi c’è chi ha fatto scelte leggermente diverse – prosegue Solca –. Cartier (maison di punta del gruppo Richemont, ndr) ad esempio sta adottando una politica di pricing molto aggressiva e tante delle maison che hanno partecipato al Sihh, tutte posizionale nell’alta orologeria, hanno abbassato i rispettivi entry price».
Il tema sul quale il settore continua a interrogarsi è la distribuzione: ogni marchio o gruppo è alla ricerca del giusto mix tra retail diretto e wholesale. «Le previsioni per il 2018 sono buone – conclude Luca Solca –. L’unica incognita sono le relazioni commerciali tra Cina e Stati Uniti: una guerra dei dazi non avrebbe forse conseguenze dirette sul settore, ma sul sentiment dei consumatori cinesi nei confronti dei beni di lusso».
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