L'altra vita del bassista dei Coldplay Guy Berryman, fra menswear e supercar
Colleziona auto che restaura da sé e pezzi vintage di Miyake, Helmut Lang e Margiela. Adora la precisione e nei suoi abiti conta anche l'ultima cucitura.
di Mark C. O'Flaherty
6' di lettura
Sull'iconica Eames Lounge Chair & Ottoman di Guy Berryman è appoggiata una maglia molto semplice di Issey Miyake. Siamo seduti nello studio di casa sua, nel Gloucestershire, dove disegna e crea, ma alcuni dettagli trasportano in un'altra dimensione, come nella tana del Bianconiglio. Riconosco il segno della pennellata e i caratteri tipografici sull'etichetta di quel capo che Miyake creò negli anni Ottanta, e subito cominciamo a parlare di tessuti, tagli e qualità made in Japan. «Guarda come è moderno», dice alzando le braccia per infilarselo. «L'ho comprato di recente su un sito di abbigliamento vintage, usandolo come punto di partenza per creare qualcosa di mio. Al primo sguardo non ha niente di speciale, ma quando lo indossi ti accorgi dei dettagli sulle cuciture di maniche e spalle. È incredibile».
Berryman è scozzese e vive in una residenza di fine Ottocento con la modella olandese Keshia Gerrits, il loro bambino di tre anni Lucien, Bea che è nata da poco, e la figlia 14enne di lui, Nico. Tutti lo conoscono come il bassista dei Coldplay (dagli inizi, nel 1998, la band ha venduto oltre 100 milioni di dischi in tutto il mondo), ma nell'ultimo anno ha lavorato al lancio del suo brand di moda, Applied Art Forms.
«All'università ho studiato ingegneria e architettura», racconta seduto davanti a un iMac su un divano Kashima disegnato da Michel Ducaroy negli anni Settanta per Ligne Roset – perfetto per l'ufficio di una rock star con pedigree in design. «La mia passione per il menswear è molto pura – analizzarlo e decostruirlo mi nutre l'anima e mi fa felice. Sono un nerd, al 100 per cento, e questo progetto non ha niente a che vedere con la vanità, tanto che perdo il sonno su dettagli come le cuciture, la travettatura, il punto vita di una felpa. Lavoro con un piccolo team di Amsterdam e siamo costantemente in contatto».
Berryman ha una notevole collezione di capi vintage: abbigliamento militare, molti pezzi del primo Helmut Lang e di Margiela che risalgono a quando entrambi lavoravano in situ nelle rispettive case di moda, e di Raf Simons. Prende il suo capo preferito di Lang, uno “snow parka” ispirato al modello originale M-65 dell'esercito americano. «Mi ha fatto venire voglia di crearne una nostra versione», spiega. «Adoro la sua struttura modulare. Il nostro ha la fodera removibile, un colletto nascosto e il cappuccio staccabile, abbiamo calcolato che può essere indossato in 50 diverse varianti. Mi piace che ci siamo ispirati a Lang e che lui, a sua volta, si sia ispirato al capo militare originale. Mi interessano molto i riferimenti culturali che ruotano attorno al modo in cui uno stilista interpreta ogni abito».
Nell'ultimo anno Berryman ha trascorso molto tempo disegnando menswear nel fienile che ha riconvertito allo scopo. È qui che tiene anche tutta la sua strumentazione musicale e una collezione di auto sportive europee degli anni Sessanta. Restaurare automobili è un'altra delle sue passioni, insieme a quella per gli arredi anni Cinquanta e a ogni cosa che riguardi Stanley Kubrick. Su una parete dell'ufficio c'è un trittico che ha realizzato con diverse versioni dello stesso ritratto del regista, e in garage, accanto a una Bizzarrini Strada (progettata all'inizio degli anni Sessanta dall'ingegnere capo di Enzo Ferrari), è appeso il quadro di una scimmia in mezzo a una composizione di poltrone Djinn rosse di Olivier Mourgue. «L'ho commissionato all'artista Susie Hamilton», dice Berryman. «Mette insieme due elementi chiave di 2001: Odissea nello spazio. Ma Keshia lo detesta, quindi sta qui insieme alle automobili».
Ci sono tanti attrezzi e strumenti affascinanti disseminati per la casa di Berryman, ricavata da una serie di antiche stalle e parte di una residenza di caccia del 1875 progettata dall'architetto Charles Forster Hayward per Henry Arthur Brassey, figlio di un ingegnere e magnate delle ferrovie a cui il padre lasciò una fortuna equivalente a oltre 760 milioni di euro. Allora era davvero una proprietà all'avanguardia e aveva un proprio impianto che forniva l'illuminazione a gas a tutta la casa, costruita in pietra locale.
Il cortile ospita un laboratorio dove Berryman restaura le sue auto. «Ho cominciato a farlo con mio padre, quando avevo 13 anni», racconta. «Credo di avere collezionato tutto quello di cui mi sono innamorato, e per adesso penso di avere abbastanza macchine». Molte sono modelli da corsa. «Sono splendide, ma l'alluminio delle porte ha uno spessore di appena 2 mm, non dà la minima protezione. Però alcune le guido. Prima della pandemia, ogni anno facevo due o tre viaggi on the road fino a Roma, fermandomi da amici e in hotel e ristoranti lungo la strada. Mi è mancato molto non poterlo fare durante il lockdown».
Oltre a una quantità di chiavi inglesi, chiavi a cricchetto e chiavi a bussola superiore a quella che si troverebbe in un'officina (tutti attrezzi professionali per lavorare sulle preziose Lancia e Citroën), ci sono anche molte macchine fustellatrici Diagraph, pesanti e bellissime. Inventate per scrivere con gli stencil sulle merci che, a fine Ottocento, venivano imbarcate e spedite sul Mississippi, acquisirono in seguito una connotazione militare. «Mi piacciono i caratteri tipografici con una forma dettata dalla funzione», dice Berryman, che li ha utilizzati per il lettering di Applied Art Forms. «Sappiamo che è importante creare un linguaggio grafico per il brand: adesso sto facendo delle prove con la scritta “realtà diminuita” per la grafica di una T-shirt: se c'è un'espressione che sintetizza la situazione del mondo di oggi credo sia quella».
Sono le caratteristiche fisiche e meccaniche del procedimento Diagraph a interessare tanto Berryman, gli piacciono il peso e l'individualità di ogni taglio realizzato a mano con il punzone. Camminando per il corpo principale della casa, passiamo davanti a una serigrafia di Warhol che raffigura Mick Jagger. Ci stiamo dirigendo verso la biblioteca, che ospita un divano modulare anni Settanta di Mario Bellini e un manichino vittoriano in legno fatto a mano. Emerge un filo conduttore: sono tutti pezzi che mostrano il modo in cui sono stati prodotti e costruiti, si percepisce il grande lavoro che sta dietro alla loro semplicità.
Nel mentre, Berryman parla della sua passione per Dieter Rams, il maestro del design minimalista che ha reso famoso il marchio Braun, e del suo amore per Margiela. Considera la metà degli anni Sessanta il periodo migliore del design. «Da allora abbiamo perso qualcosa», dice. «La Ferrari degli anni Sessanta è come una scultura, le sue linee purissime venivano disegnate a mano. Ora è fatta al computer e costruita usando fibra di carbonio per soddisfare le aspettative dei clienti».
Ci fermiamo nella biblioteca e Berryman si accovaccia dietro a un'imponente scrivania anni Cinquanta di De Coene Frères per Knoll. Al momento è ossessionato da un raro libro giapponese di metà anni 2000, che illustra il lavoro di Vivienne Westwood e Malcolm McLaren nella seconda metà degli anni Settanta – con capi delle varie ere della loro boutique punk Let it Rock, che poi ha cambiato nome in Sex, poi Seditionaries e infine World's End. Si dice che il volume, privo di codice ISBN, sia stato realizzato da due stilisti super fan di entrambi, Hiroshi Fujiwara e Jun Takahashi, ed è in vendita online a circa mille euro.
«Mi sono innamorato dei primi lavori di McLaren e Westwood», dice Berryman sfogliando pagine che mostrano un assortimento di provocatorie immagini punk. «Le T-shirt erano serigrafate a mano, ogni capo era assolutamente speciale. Il mio amico gallerista Paul Stolper ha una collezione di pezzi Seditionaries e li ho potuti vedere da vicino. Le cuciture hanno particolari invisibili dall'esterno e, quando guardi le camicie e i pantaloni stile bondage, realizzi che hanno anticipato il lavoro di Helmut Lang».
Vengono tracciati dei confronti tra la produzione di McLaren, che combina generi diversi, e di altri designer. «Penso che Virgil Abloh ne incarni la versione moderna, salta da un medium all'altro, e anch'io voglio che tutto quello che faccio risulti speciale. Non mi interessa un marchio da rivendere tra cinque anni. Voglio che duri nel tempo e che sia per un piccolo gruppo di persone che amano la moda».
Ma Berryman ha anche altro in ballo: sta per uscire il nuovo album dei Coldplay e si parla di un tour l'anno prossimo. Ascoltiamo insieme il nuovo singolo Higher Power – allegro, ottimista, energico e coinvolgente – mentre discutiamo di quale oggetto rappresenti maggiormente la sua visione estetica. È la Eames in pelle bianca dove ascolta jazz per ore e ore? Si potrebbe dire di sì, ma in realtà questa particolare Eames non è all'altezza del paragone: «Nessuno può guardarla senza pensare che sia uno splendido oggetto di design. Però la mia è una copia», ammette. «Sono stato tirchio e l'ho comprata per circa 500 euro su Amazon. Anche se a me piace avere pezzi autentici. Questo è il mio stile».
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