davanti al pm

Cesare Battisti ammette i quattro omicidi. «Ho fatto del male e chiedo scusa»

di Nicola Barone

Chi è Cesare Battisti, il terrorista incastrato dal cellulare dopo una fuga durata 37 anni

3' di lettura

Cesare Battisti, l'ex terrorista dei Proletari Armati per il Comunismo arrestato a gennaio dopo quasi quarant'anni di latitanza, ha ammesso per la prima volta davanti al pubblico ministero di Milano Alberto Nobili di essere autore dei quattro omicidi per cui è stato condannato. Tutto quello che è stato ricostruito nelle sentenze definitive, al di là delle uccisioni, e cioè «i tre ferimenti e una marea di rapine e furti per autofinanziamento, corrisponde al vero». In più c'è il dolore a posteriori per l'accaduto.

Cesare Battisti, l'arresto del terrorista latitante

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«Mi rendo conto del male che ho fatto e chiedo scusa ai familiari» delle vittime. Questo il senso della confessione resa dall'ex terrorista assistito dal legale Davide Steccanella, tra sabato e domenica scorsi, nel corso dell’interrogatorio (su sua richiesta) nel carcere di Oristano, dove Battisti è detenuto da gennaio quando venne arrestato in Bolivia. Al magistrato ha anche spiegato di voler parlare delle sue sole responsabilità («non farò i nomi di nessuno»).

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Questo «fa giustizia di tante polemiche che ci sono state in questi anni, rende onore alle forze dell'ordine e alla magistratura di Milano e fa chiarezza su un gruppo, i Pac, che ha agito dalla fine degli anni '70 in modo efferato», è stato il commento del procuratore di Milano Francesco Greco.

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Due gli omicidi commessi materialmente, due in concorso: quello del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, poi il gioielliere Pierluigi Torregiani e il commerciante Lino Sabbadin, che militava nel Msi, uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre. Infine l’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978. Fatti per i quali sinora l'ex terrorista si era sempre dichiarato innocente.

«Gli anni di piombo hanno ucciso il Sessantotto». Sono state sintetizzate così dal procuratore di Milano le riscostruzioni fornite da Cesare Battisti. L'ex terrorista dei Pac ha detto in sostanza che «la lotta armata ha impedito lo sviluppo della rivoluzione culturale, sociale e politica nata allora». Nessuna «copertura occulta» ha avuto luogo durante la latitanza. «Si è avvalso della sue dichiarazioni di innocenza per ottenere appoggi dell'estrema sinistra in Francia, Messico e Brasile, e dello stesso Lula», riferiscono i giudici. Le cose sarebbero cambiate con l'avvento di Bolsonaro. Ma Battisti ha tenuto a precisare di non aver commesso alcun reato per mantenersi e, oltre ad essere stato aiutato da esponenti dell'estrema sinistra, di aver lavorato. Quattro libri, collaborazioni con riviste e tv e anche un servizio di portierato in un residence in Brasile. «Allora ci credevo come tanti altri». È l'espressione usata da Cesare Battisti, stando al suo avvocato Staccanella, per spiegare di aver fatto parte negli anni Settanta di quella «guerra civile e insurrezione armata contro lo Stato». Ripensare a quel periodo gli provoca adesso «disagio umano».

Secondo fonti qualificate le ammissioni fatte in linea teorica possono incidere sul regime detentivo, ossia allontanerebbero per lui il rischio del "41-bis", e i benefici (come i permessi) nel corso della detenzione. A ogni modo il suo legale tiene a precisare che importante era togliere, a Battisti, «quell'alone di pericolosità che non ha più». L'ex terrorista non si è mai considerato un «irriducibile»E, anzi, già dall'inizio degli anni '80 sapeva che «la lotta armata era finita», chiosa Staccanella.

Matteo Salvini ha commentato la confessione di Battisti. «A distanza di qualche decennio ha chiesto scusa. Mi aspetto chiedano scusa quegli pseudointellettuali di sinistra che hanno coperto e difeso questo squallido personaggio», osserva il ministro dell'Interno per il quale «chiedere scusa è meglio tardi che mai».

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