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L’anima magica dello Yucatan nel nuovo Maroma

Immerso nella foresta, onora la cultura e le leggende Maya. Ed è una base perfetta per esplorare grotte, piscine naturali e antichi templi

di Sara Magro

4' di lettura

«Prova a mettere due gocce di questo miele negli occhi. Brucia forte per qualche minuto, ma quando li riaprirai non avrai più bisogno degli occhiali»: a parlare è Cecilia, che cura le api melipona della Fundación Selva Maya, una ong che salvaguarda la foresta nei dintorni di Cancún. Questa specie, innocua e indifesa perché priva di pungiglione, produce un miele prezioso dalle molteplici proprietà: «Un cucchiaino al mattino contribuisce anche alla fertilità», testimonia Cecilia, madre di ben otto figli.

Se non siamo propensi a credere nei miracoli, è la ricerca a riconoscere che il miele di melipona, ricco di enzimi e aminoacidi, è un’ottima cura oftalmica ed è un ingrediente prezioso per i cosmetici antietà. Al punto che Guerlain ha adottato cinque arnie nella nuova Spa del Maroma, il resort del gruppo Belmond (entrambi sono marchi del gruppo Lvmh) ristrutturato e riaperto lo scorso agosto in Riviera Maya.

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Non è facile entrare subito nel realismo magico del Messico, terra di sciamani, cerimonie propiziatorie e divinità pagane. Ma è inevitabile, anche quando si varca il regno delle vacanze a cinque stelle, tra piscine ombreggiate dalle palme e maggiordomi in bianco. Anzi, il Maroma vuole essere un portavoce fedele della cultura e delle tradizioni Maya, in molte forme. Per esempio, il rispetto tributato agli aluxes, i folletti che proteggono la foresta: per loro sono state costruite casette in miniatura, che forniscono un riparo, vivande e acqua. «È impossibile vederli, ma sappiamo che ci sono. E prima di iniziare qualunque progetto è meglio chiedere loro il permesso - sostiene Lupita Aguilar, giornalista di un importante quotidiano di Città del Messico e testimone orgogliosa delle leggende popolari -. Se non lo fai, sono guai». E racconta che una volta un ponte sarebbe crollato perché gli ingegneri avevano ignorato la regola, tacciandola di superstizione: «Gli aluxes sono esseri tranquilli e benevolenti. Perché non rispettarli, in ogni caso?».

All’inaugurazione del resort una sciamana con una corona di piume in testa ha sparso incenso sui primi ospiti e su una composizione di frutta, fiori e mais per omaggiare la pachamama (la Madre Terra, in lingua quechua) affinché assicurasse benessere e prosperità. Il rituale si è svolto sulla spiaggia di cipria bianca, davanti a una piramide che ricorda in miniatura quella famosissima di Chichén Itzá, un sito archeologico che si estende per circa 3 km quadrati e culmina nella piramide di Kukulkan, patrimonio Unesco: lì si fa il baño de temazcal, un rituale purificatore precolombiano che libera dalle tossine e le rilascia in mare, un po’ come accade negli hammam e nelle saune delle nostre Spa.

La tradizione si respira in ogni angolo del Maroma, con gli edifici bassi, bianchi e senza angoli collegati da archi e giardini. La sua storia è romantica: alla fine degli anni Settanta l’architetto José Luis Moreno vide una spiaggia meravigliosa ma inaccessibile, protetta da una fitta piantagione di palme da cocco, e la comprò. Qualche anno dopo si sposò con la giornalista americana Sally Shaw e insieme costruirono lì una piccola casa per viverci alla Robinson Crusoe. Nel 1988 un uragano la travolse e i Moreno ne costruirono una più grande, che nel 1995 aprì come hotel per pionieri del lusso a piedi nudi, quando la zona non era ancora nel radar del turismo internazionale.

Il sito di Chichén Itzá

Il recente ampliamento ha portato dieci suite sulla spiaggia, due piscine e un padiglione per la Spa. La parte originale è rimasta com’era, a parte arredi e finiture artigianali. Le piastrelle in cotto sono dipinte a mano, le divise del personale sono di Collectiva Concepción, un brand che si ispira ai costumi locali dei villaggi Maya. A colazione, una signora prepara tortillas da farcire con sugo di funghi, spezzatino e altri intingoli. E da quel piatto base di ogni messicano è un’escalation di ceviche, guacamole, tequila e metzcal (della casa) a ogni pasto. Unica concessione fuori tema è la cucina sul fuoco vivo di Curtis Stone, una stella Michelin con il suo Maude a Beverly Hills, e che in Messico propone piatti in cui gli elementi della giungla incontrano il mar dei Caraibi.

Cenotes, piscine naturali

Dondolando sull’amaca, felicemente arresi al ritmo lento messicano, ci si può chiedere perché si dovrebbe uscire da quegli 80 ettari di giungla tropicale davanti al Mar dei Caraibi. Ma oltre i suoi confini, c’è un mondo da scoprire. Lo Yucatán è il cuore della civiltà Maya, e straordinario come il sito di Chichén Itzá è il suo sistema carsico: pare che ci siano 12mila chilometri di cunicoli collegati tra loro, di cui oltre 630 di grotte già mappate. Ogni tanto il soffitto di un grotta crolla, portando alla luce bellissime piscine naturali, dove l’acqua prende toni blu profondo: sono i cenotes. Per i Maya anche questi erano luoghi sacri, perché unica fonte d’acqua nella foresta e ingressi nell’aldilà. E quando dopo un tuffo si riemerge, alla sera, nel buio assoluto ecco apparire uno dei cieli più stellati del pianeta. Un’altra magia, come quella degli aluxes. Ma a questa non si può non credere.

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