L'arma segreta nel bilancio Apple? Si chiama “Blevinator”
Il responsabile della colossale catena di fornitori, Tony Blevins, è diventato leggendario come tagliatore di spese, capace di garantire margini di profitto senza pari negli iPhone e non solo
di Marco Valsania
5' di lettura
Il soprannome dice tutto. Blevinator. Tony Blevins, nei panni del Terminator. Chi è Blevins, vi domanderete. Ecco: un tagliore di costi come pochi negli annali della Corporate America. A stupire non è tanto la sua corsa al risparmio e all'efficienza, una gara con protagonisti sempre impegnati a superare se stessi, quanto dove questo neo-Terminator dei costi ha trovato dimora. Blevins risiede a Apple, marchio dell'innovazione per eccellenza, più noto in passato semmai per non badare a spese quando si tratta di design o immagine.
Focus sulle voci cruciali
Ma nel gruppo della Mela morsicata - pur impegnato nella diversificazione e lancio di nuovi gadget e servizi, compreso da poco lo streaming televisivo - a salire oggi non è la stella del prossimo guru, d'un futuro Jony Ive o Steve Jobs. È piuttosto, alle spalle del chief executive Tim Cook, l'astro del Blevinator. Incaricato di tenere in riga - o meglio sotto drammatica pressione - la vasta catena di fornitori di Apple e di curare con ossessiva attenzione la bottom line, quelle voci cruciali che devono far brillare il bilancio.
Ottimismo sulla performance
È una crociata che, ancora una volta, dovrebbe dare frutti nella trimestrale di Apple in arrivo il 28 gennaio. Conti attesi in un clima di ottimismo sulla performance, dopo che Apple ha riconquistato la vetta della market cap a Wall Street con i suoi 1.400 miliardi di dollari e non appare intenzionata a frenare. Anzi: solo da inizio anno il titolo ha guadagnato oltre il 7%, in tre mesi è salito del 31%, in sei mesi del 43% e in dodici ha più che raddoppiato il valore. Gli analisti, con vari gradi di entusiasmo, si rincorrono con aumenti del target per le azioni. Tra i più aggressivi è appena spuntato Dan Ives di Wedbush, secondo il quale Apple potrebbe essere destinata a raggiungere presto i 400 dollari, vale a dire a compiere un altro balzo in Borsa del 25 per cento.
Cosa fa il successo del manager
Se così sarà, Blevins potrà rivendicare una parte significativa del merito. Da tempo braccio destro del frugale Cook, che ha benedetto la sua carriera di anima gemella, è ormai un'arma non più tanto segreta nell'arsenale della Apple per difendere la sua leadership. Si è conquistato un profilo sul Wall Street Journal che lo descrive, riassumendo, come scaltro, infaticabile e sovente spietato nelle tattiche negoziali, che fanno leva senza remore sulla posizione dominante del colosso hi-tech statunitense per strappare condizioni favorevoli. La sua poltrona è ufficialmente quella di Vp, vicedirettore responsabile del “procurement”, delle commesse; curatore della “supply chain”, dell'armata dei fornitori. Il titolo informale, preferito dai suoi estimatori al paragone con il killer-robot immortalato al cinema da Arnold Schwarzenegger, è invece quello di “Operational genius”, genio operativo, una fama sviluppata a colpi di miracoli di outsourcing manifatturiero, di snellimenti nelle scorte, di investimenti oculati. E soprattutto di battaglie a spada tratta.
L'apertura a nuovi business
Con il mercato degli smartphone e dei gadget mobili sempre più saturo e scosso da intensa concorrenza, tanto da erodere la marcia dell'iconico iPhone che tuttora rappresenta buona parte di vendite e profitti del gruppo, il suo ruolo è diventato essenziale, strategico. Sta dando tempo alla Apple di sviluppare gli altri business senza perdere, nel frattempo, smalto. I cellulari di Apple hanno un margine operativo del 25%, ben superiori ai grandi concorrenti coreani cinesi che siano. Apple tuttora rastrella tre quarti dei profitti globali nel segmento, lasciando le briciole agli altri.
Il lato oscuro della tecnologia
Blevins, in realtà, non nasce con Apple. È un veterano del settore tech: prima di arrivare ne gruppo di Jobs ieri e Cook oggi, ha ricoperto molteplici incarichi alla Ibm, in campo ingegneristico, finanziario, di controllo della produzione e nella gestione dei fornitori. Non gli manca neppure esperienza internazionale: fu a capo del laboratorio Ibm di ricerca a Greenock, in Scozia. Originario della North Carolina, si è laureato nel 1989 in Ingegneria industriale all'Università dello stato e si era inizialmente fatto le ossa per il gigante locale dell'industria dei tessuti Burlington Industries. Tempi che furono. Adesso la sua specialità è il lato oscuro della tecnologia - fatto di bracci di ferro in stanze d'albergo, bluff, scommesse, minacce. Le aziende di semiconduttori hanno sentito il suo polso: in anni recenti Blevins ha pagato Intel 10 dollari per chip, metà di quel che la rivale Samsung pagava a Qualcomm.
Qualcomm, saga con vincitore
La dimostrazione più visibile delle sue qualità alla Apple è stata forse proprio la saga con Qualcomm. Fu di Blevins il vero e proprio piano per stringere d'assedio Qualcomm e i suoi chip, un assalto da 8 miliardi di dollari. Venne battezzato in codice Project Antique e lanciato nel 2014, con l'obiettivo di ridurre quanto Apple pagava al fornitore per le licenze sulla proprietà intellettuale. Blevins ideò il passaggio di Apple ai chip Intel, seppure inferiori, e nel 2017 ricorsi in tribunale sui pagamenti per i diritti.
Non basta. L'executive invitò a Taipei, all'hotel Grand Hyatt, i produttori di chip che usavano la tecnologia proprietaria di Qualcomm e disse loro che non erano più tenuti a pagare l'azienda - un costo che poi Apple rimborsava. Il passo venne fedelmente eseguito nell'aprile di tre anni or sono dalle aziende manifatturiere. E Apple stessa cancellò versamenti da 7 miliardi a Qualcomm. Il totale delle perdite in seguito calcolato dal gigante dei chip per gli smartphone fu di 8 miliardi.
Le strategie per strappare prezzi bassi
L'assedio vide Apple emergere vittoriosa nella primavera scorsa, quando strappò un accordo a Qualcomm nel quale versava una cifra una tantum - forse 4,5 miliardi - e suggellava un nuovo patto di licenza. Le campagne di Blevins non sono soltanto sui prodotti. Colossali risparmi li ottenne nella costruzione delle immense vetrate curve del futuristico campus di Apple Park a Cupretino nel 2012. Anche qui, centrale fu un summit in albergo, questa volta il Grand Hyatt di Hong Kong. Incontrò i potenziali fornitori in stanze separate, bluffando al ribasso - come in una partita di poker - sui numeri.
Era una tattica che aveva sperimentato più volte sullo stesso iPhone, per spingere i diversi produttori a offrire prezzi più bassi. A causa di una simile guerra tra fornitori portata fino in fondo a muso duro, la STMicroelectronics perse il contratto per i giroscopi nel 2013 - e vide andare in fumo 150 milioni di entrate l'anno. Blevins ebbe mano anche nella crisi della Imagination Technologies, dalla quale Apple riceveva in licenza tecnologia grafica. Fece balenare un'acquisizione dell'azienda, poi cominciò a sottrarle dipendenti per lavorare a proprie soluzioni interne. Nel 2017, l'ultimo colpo: pose fine al contratto con Imagination, che vide il titolo crollare del 70% in un trimestre.
Quella leggendaria collanina hawaiana
Blevins sfodera infine il pugno di ferro nel ruolo di artefice e poliziotto di accordi di “non disclosure”, fatti firmare alla galassia di imprese che ruota attorno a Apple. Da quanto affiorato, prevedono sanzioni anche da 50 milioni di dollari per ciascuna presunta violazione. La cifra era venuta alla luce nel 2014 durante procedimenti in tribunale per l'amministrazione controllata del fornitore di schermi GT Advanced Technologies. Il simbolo più autentico e personale della sua missione è tuttavia forse un altro ancora. Una ormai leggendaria collanina hawaiana, comprata sulle bancarelle per turisti e che, raccontano i suoi collaboratori, ha indossato per anni. Andava fiero di quel che rappresenta e che non si stancava di raccontare in azienda: aveva trattato aggressivamente sul prezzo, pagandola alla fine due dollari invece di cinque.
Per approfondire:
● Amazon e Apple, campioni di business con visioni del mondo opposte
● Web tax, cos'è la tassa sul digitale che fa discutere Europa e Usa
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