L’arte di spiegare i poeti
di Carlo Carena
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A qualcuno l’annotatore potrà sembrare un fuco che vive col miele delle api. Ma cosa sapremmo di Virgilio senza l’umile servitore Servio, che al declino di quell’impero di cui il poeta aveva visto la nascita e cantato la gloria si chinò su di lui e ci espose la sua vita e spiegò i suoi poemi, avendo già, Servio, la coscienza che il commento è anch’esso un genere letterario con sue norme e possibili splendori; certamente di estrema necessità, perché ai sublimi poeti occorre un interprete per il volgo profano, come agli oracoli di Apollo la Pizia.
Un manuale intelligente ed esauriente procura ora ai commentatori per mestiere o ai semplici ma esigenti lettori Sveva Frigerio, docente all’Università di Ginevra, in Commentare un testo poetico. Strumenti, metodi, forme. Il volume si ricollega a un precedente Linguistica della nota dedicato alle annotazioni fornite sulle loro opere dagli autori stessi, e ne completa il quadro: con la differenza, spiega l’Autrice non senza arguzia o implicita ironia, che la nota altrui, l’allografia, si caratterizza rispetto all’autoriale per la prevalenza della funzione esplicativa e informativa rispetto alle correzioni, al prolungamento del testo e alle giustificazioni e sfumature che costituiscono la sostanza delle note d’autore.
Dopo un primo inquadramento generale e un profilo storico, sono esposte nel volume le principali caratteristiche degli elementi costitutivi dell’edizione annotata (introduzioni e commento), più o meno i medesimi indicati da Servio stesso quindici secoli fa: nel commentare gli scrittori bisogna considerare questi punti: poetae vita, titulus operis, qualitas carminis, scribentis intentio, esplanatio.
Il profilo storico del commento è impostato dall’Autrice distinguendo, per le loro diverse esigenze e caratteristiche, i classici antichi dai moderni fino al Novecento.
Il commento classico parte già dal declino della letteratura greca in età alessandrina. Come sempre, sfiancato l’estro, subentra la riflessione e allora, esauriti gli ultimi autori di teatro e di storia, nascono i critici e i filologi come Aristarco e Filone Alessandrino. Da questi scoliasti l’arco si protende ai più propriamente annotatori medievali, che riempiono le pagine dei manoscritti con fitte e microscopiche postille a margine, anticipazione dei corpi testo e corpi note della moderna tipografia. Così si prepara l’exploit filologico quattrocentesco e col crescere del tempo il delirio annotatore dell’età barocca, infine quello filologico di Otto - Novecento.
Varrebbe la pena di sostare qui, divertendosi con ciò che scrive in una delle variazioni di Antologia privata Giorgio Manganelli, “Nuovo commento”, sulla presenza di uno strano punto e virgola in un testo immaginario e sulle “bizzarrie, farnetichi e terzane” a cui esso dà luogo. O ciò che anche già scriveva, parodicamente, Swift nella chiusa dell’Apologia premessa al Racconto di una botte (1704): «L’autore ha avuto notizia che il libraio ha convinto certi signori a scrivere alcune note esplicative, della cui bontà egli non è responsabile, non avendone vista nessuna prima dell’apparizione del testo a stampa, mentre probabilmente si rallegrerebbe scoprendo in quanto ha scritto venti significati mai entrati nella sua fantasia».
La parte più didascalica del testo della Frigerio inizia con la rassegna delle componenti necessarie a un commento, segnatamente poetico, a partire dall’introduzione ovvero premessa o avvertenza o come altro la si vuole chiamare, ognuna però con diverse sfumature di significato e quindi di contenuto; per poi addentrasi nel campo della vera e propria annotazione. Annotazione anzitutto esplicativa dei punti non chiari o solo apparentemente chiari, poi rispondente a una funzione di approfondimento: fonti, lingua, stile, storia, letterature. Il tutto variabile secondo i destinatari, le collane e la natura del testo stesso.
Per un classico antico in particolare hanno grande importanza l’intertestualità, con citazione di passi paralleli e della genesi letteraria dell’opera, e l’approfondimento dei significati delle parole e dell’intreccio dei costrutti. Il classico straniero moderno viceversa è più pensabile e diffuso in traduzione che nella sola lingua originale; quindi non vi trovano posto che le citazioni e annotazioni linguistiche e stilistiche.
Per il Novecento le cose si fanno singolarmente difficili, per cui anzi «la pratica del commento testuale alla poesia dell’ultimo secolo non è particolarmente frequente» ed esso è molto diverso caso per caso e fortemente condizionato dai destinatari dell’edizione. L’Autrice propone come esemplari il Montale delle edizioni di Dante Isella, 1980-1996, e di Tiziana De Rogatis in corso negli Oscar Mondadori: il primo con informazioni storiche (datazioni e collocazione dei testi), spiegazione del significato e dimensione critica; il secondo più discorsivo ed esplicativo.
Per mostrare infine concretamente i problemi che possono nascere, i temi e le difficoltà che il commentatore della poesia novecentesca deve singolarmente affrontare, la Frigerio propone cinque liriche, di Cardarelli, Gozzano, Caproni, Sinigaglia, Orelli. Basterebbe il lessico continiano di Sandro Sinigaglia a far vacillare e smarrire chiunque: anacolimorfo (coniato dal greco e spiegato dal poeta stesso nell’annesso glossario come “di forma e profilo sproporzionati”), cimba (“barchetta” dal latino cumba), slénzano (viceversa dialettale e furbesco da “lenza” = “acqua”, per “orinano”), e molto altro in soli venti versi.
De Sanctis esortava romanticamente i giovani davanti alla Divina commedia così: «Lasciate le dispute agli oziosi da convento o da caffè, e voi gittate via i comenti. Ciò che capite, non vale la pena che sia capito… Accostiamoci [alla poesia] non con altro sentimento che quello dell’arte, e non con altro intento che di contemplare e di godere». Ma, come dimostrano ampiamente queste pagine, tanto candore è assai restrittivo e iniquo. Volenti o nolenti, si deve sudare sulle carte.
Commentare un testo poetico, Sveva Frigerio, Edizioni dell’Orso, Alessandria, pagg. XIV- 256, € 25
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