L’automobile chiede aiuto per salvare la mobilità libera
Elettriche ancora troppo costose e transizione dogmatica mettono a rischio il mercato e favoriscono i costruttori cinesi
di Mario Cianflone
3' di lettura
«Sicure, pulite e abbordabili». Aggettivi che Carlos Tavares, il numero uno di Stellantis, ha pronunciato più volte, in occasione del Salone di Parigi di settimana scorsa. E sono parole importanti perché danno l’esatta misura della situazione nel mondo dell’auto la cui esistenza è innegabilmente a rischio. E non si parla di cambiamento, di transizione energetica ma di esistenza di fabbriche e prodotti e di limitazione ai diritti di mobilità individuale.
Lo slogan di Tavares «Safe, Secure and Affordable», proclamato in un salone dove la presenza di brand cinesi era enorme, da Byd a Great Wall, ricorda il famoso «Elettrica, autonoma e condivisa» degli anni scorsi. Paradigma che si è poi rivelato fallace. L’auto è diventata elettrica e lo sarà totalmente in virtù di un’imposizione Ue che non ha voluto tenere conto della neutralità tecnologica per affrontare il tema delle emissioni climalteranti nell’intero ciclo di vita. Un tema ribadito più volte anche da Luca de Meo, numero uno del gruppo Renault. Di certo, l’auto non è diventata autonoma ma solo assistita con buona pace dei guru, anche nostrani, che profetizzavano l’avvento delle autorobot nel 2020 (quasi tre anni fa, e non ci pare si siano viste). Quanto alle vetture in condivisione il giudizio è sospeso: la pandemia ha colpito duramente questo sistema di mobilità a quattro ruote che per stare in piedi ha bisogno di molti soldi (non a caso abbiamo assistito a fusioni nel settore) e di veicoli progettati per lo sharing.
Il tema chiave resta dunque la libertà di movimento, soprattutto della classe media, quella che non si può permettere una elettrica (fantastica da guidare sempre e comunque, va ribadito), anche perché magari pur potendo comprarla o acquisirla con formule diverse dalla proprietà non ha un box che è conditio sine qua non per andare in giro con una vettura a ioni litio. Non a caso Stellantis, annunciando l’uscita dall’Acea, l’associazione europea dei costruttori, ha lanciato il Freedom of Mobility Forum, per definire le soluzioni idonee a favorire la libertà di mobilità pulita, sicura e conveniente per la società che affronta l’emergenza climatica. Insomma, una mossa che contrasta fortemente lo strapotere di alcune lobby ultra ambientaliste che hanno portato la Ue a prendere decisioni sull’auto in mondo ideologico e tecnologicamente non neutrale, creando i presupposti per spianare la strada ai costruttori cinesi, i quali con la semplificazione dell’auto elettrica, hanno ridotto, in un battito di ciglia, il gap con i grandi produttori europei andandosi a contrapporre frontalmente all’enorme capacità tecnologica e finanziaria del gruppo Vw. E va detto che le case cinesi stanno lanciando vetture esteticamente gradevoli, tecnicamente originali e anche in grado di passare i crash test EuroNcap con 5 stelle. Cosa manca a loro, oltre alla raffinatezza costruttiva e alle doti stradali di una elettrica tedesca di alto rango? Serve il prestigio dei marchi. E i brand cinesi non hanno alcuna reputazione (e per costruirla occorrono anni, anche pagando plotoni di car influencer sui social network). I gruppi cinesi sono però grandi e ricchi e i marchi occidentali se li possono comprare. Basti pensare a Geely che controlla Volvo, Polestar, Lotus e un bel pezzo di Mercedes. Uno scenario difficile nel quale, secondo Tavares, è fondamentale che la Ue protegga i propri attori dell’automotive anche per difendere milioni di posti di lavoro. E l’arma migliore non è il protezionismo ma la spinta sull’innovazione: chimica e software in primis.
Infine, in Europa, politiche di limitazione all’uso dell’auto, compresa la famigerata Area B di Milano, hanno compresso gli spazi di mercato, facendo aumentare i costi e creando incertezza. In Europa, secondo Tavares, si fanno «politiche che stanno uccidendo il futuro della mobilità e i governi dell’Ue devono agire per proteggere la libertà di movimento dei cittadini.
«Non si può - ha dichiarato il ceo di Stellantis - restare fermi al dogma dell’auto elettrica per tutti, perché è troppo costosa. La decisione dogmatica della Ue di vendere solo bev dal 2035 ha conseguenze sociali ingestibili. Ora invece è il momento di essere pragmatici ». Cosa significa questo? Vuol dire che l’automobile vuole rilanciare il suo ruolo di strumento essenziale di libertà individuale.
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