L’automobile entra nell’era della «Lithium economy»
L’industria affronta la transizione energetica tra incognite sui prezzi delle vetture e tenuta dalla competitività del sistema europeo
di Mario Cianflone
3' di lettura
La primavera e il mese di marzo sono stati storicamente periodi importanti per l’automobile: il salone di Ginevra che, fino allo tsunami Covid del 2020, era il momento-vetrina con il quale iniziava l’anno dei motori e dove si capiva quale sarebbe stata la direzione dell’auto tra modelli, tecnologie e strategie delle case. Il salone di Ginevra non si tiene più, e la sua fine simboleggia bene il radicale, irreversibile e totalizzante cambiamento che l’automotive affronta con la digitalizzazione e, soprattutto, il passaggio, euroimposto, all’elettrico. E, in una sorta di nemesi storica, proprio nelle scorse settimane è arrivato “l’ICE Ban”, il bando ai motori termici per il 2035, votato dal Parlamento europeo e il conseguente balletto di distinguo e resistenze, spesso donchisciottesche, di alcuni Paesi che hanno fatto da contraltare a posizione “elettrotalebane” che, talvolta, confondono qualità dell’aria e climate change. Manca ancora una decisione definitiva e ogni giorno si accavallano ipotesi sull’inserimento dei costosi e-fuel nel pacchetto, soluzione che manda regolarmente in fibrillazione le Ong ambientaliste aderenti alla chiesa del litio sempre e comunque.
Al di là di questo, e con buona pace della neutralità tecnologica, prendiamo per buono un dato: il futuro dell’auto sarà elettrico. “senza se e senza ma”. «Che i veicoli a batteria rappresentino la strada maestra di medio periodo per la decarbonizzazione dei trasporti privati è certo - dice Dario Duse di AlixPartners. La tecnologia ed i costi delle soluzioni a batteria sono i più sviluppati oggi ma la maturità e la sostenibilità anche economica (5.000 euro di svantaggio solo in termini di materie prime) sono quelle di una fase iniziale (9% di quota nel 2022). La domanda quindi non è “se”, ma “quando” e con che curva di adozione affinché la sostenibilità sia tale anche da un punto di vista industriale». È un percorso scritto anni e anni fa, e che addirittura richiama gli albori dell’auto che, va ricordato, nasceva elettrica. E ora con centinaia di miliardi schierati dai gruppi è improbabile un dietro front stile «Scusate abbiamo scherzato, ci siamo accorti che abbiamo massacrato ingiustamente l’auto e anche con un’Europa a tutto elettrico il pianeta non si salva se Cina e India non smettono di impestare l’atmosfera con gigatonnellate di CO2». Difficile anche pensare che i mullah del green di facciata dichiarino apertis verbis che dell’auto a pile non gliene frega nulla, quello che vogliono sono le città car free a misura di radical chic a pedali. «La soluzione per la riduzione delle emissioni nel lungo periodo sarà - afferma Duse - un mix di tecnologie adeguate alle diverse esigenze di mobilità, compresi i motori endotermici. E la riduzione dell’impatto ambientale - per essere efficace- non può prescindere dal rinnovo del parco circolante. Nel bene e nel male l’automobile si avvia a diventare l’oggetto principale della lithium economy, del mondo dove tutto gira intorno a una batteria a ioni di litio, quasi sempre made in China. Anche dove se ne potrebbe fare a meno ed essere veramente ecologisti. Quale è la sostenibilità di un aspirapolvere ricaricabile che sta a pochi metri da una spina ma è considerato irrinunciabile e dura pochi anni, o quella del monopattino in sharing che marcisce in strada in meno di un anno? La lithium economy non è tutta rose, fiori e aria pulita. Anzi. E poi c’è la questione, più volte evidenziata sulle nostre pagine, della concorrenza dei produttori cinesi ai quali è stato regalato l’azzeramento del gap con i big europei, grazie alla semplificazione costruttiva delle e-car e al dominio su batterie, chip e materie prime. E ora i grandi gruppi cinesi, dove spiccano gli effervescenti Geely e Byd, sono pronti a invadere il vecchio continente con decine e decine di modelli a ioni di litio al giusto giusto e ad elevata tecnologia. Non ha caso Luca de Meo, ceo di Renault, ma in veste di presidente di Acea, l’associazione dei car maker europei, ha reiterato l’allarme sulla competizione Europa / Cina e sui costi insostenibili per rispettare la normativa Euro 7, che esaspera le difficolta dell’automotive e crea un ulteriore problema alla libera mobilità con vetture dai costi sostenibili. Del resto sotto i riflettori ci sono i costi dell’auto elettrica. Secondo AlixPartners. Le materie prime per le auto tradizionali hanno toccato il minimo a circa 1.800 dollari per vettura (+25% rispetto al 2020), mentre le materie prime dei bev si attestano a 6.800 dollari per veicolo in aumento del 220% rispetto al 2020. Dati che non possono non creare inquietudine ai piani alti delle case, nei dealer, nei fleet manager e negli automobilisti.
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