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L’azienda di successo “coltiva” un personale motivato e consapevole

È importante riconoscere le qualità professionali dei dipendenti e assegnare compiti corrispondenti alle attitudini di ciascuno

di Gianni Rusconi

(AFP)

4' di lettura

Le persone motivate danno sempre il meglio di sé, e l'immediato beneficio che matura per l’organizzazione nel suo complesso è un grande contributo al raggiungimento degli obiettivi aziendali. Se non ci sono dubbi di sorta sul fatto che avere in organico dipendenti e collaboratori con un elevato livello di engagement - e quindi figure con uno stato mentale positivo (caratterizzato da vigore, coinvolgimento e dedizione) nei confronti del proprio lavoro e dell'azienda - sia un vantaggio, il punto chiave della questione è quali strumenti utilizzare per alzare l’asticella motivazionale delle proprie persone.

Uno di questi è il coaching e gli esperti di CoachHub, una delle principali piattaforme attive in questo settore su scala globale, hanno individuato alcuni fattori motivazionali e gli esercizi più efficaci per aiutare i “coachee” a sviluppare piena consapevolezza del proprio potenziale.

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Il primo passo verso la motivazione di un addetto aziendale è la sua piena responsabilizzazione. Manager e leader devono quindi definire obiettivi chiari e precisi e lasciare al dipendente il compito (e quindi l’autonomia decisionale) di determinare il percorso più adatto per raggiungerli. E maggiore è l’autonomia nel lavoro, maggiori sono i livelli di motivazione, soddisfazione e creatività. La valorizzazione delle competenze di un dipendente e del suo lavoro svolto (e di conseguenza il valore che rappresenta per l'azienda) ha un reale effetto motivazionale. Per questo è importante per qualsiasi azienda riconoscere le qualità professionali dei propri addetti e assegnare loro compiti corrispondenti alle attitudini di ciascuno. Pena il rischio di vedere i propri dipendenti (magari i migliori) cercare altrove migliori opportunità.

Se il ridisegno degli spazi è diventato in alcuni casi un passaggio obbligato per salire il gradino che porta al modello del lavoro ibrido, creare un ambiente di lavoro piacevole che favorisca la qualità della vita in azienda e negli uffici e faccia sentire le persone a proprio agio (e quindi motivate a dare sempre il meglio) rimane una questione non secondaria.

Ancora più importante, in tema motivazionale, è il tema del worklife balance, strada maestra per azzerare il rischio (e i conseguenti danni collaterali) del burnout. Particolarmente caro alla generazione Y, l’equilibrio tra vita e lavoro favorisce soddisfazione e benessere e può essere raggiunto attraverso una serie di azioni che spaziano dal favorire lo smart working alla promozione di corsi ad personam fino all’incoraggiare la pratica dei propri hobby anche sul posto di lavoro.

Vi sono quindi altri fattori, sempre secondo gli esperti, che possono favorire il miglioramento dello stato mentale di una persona e si possono ricondurre essenzialmente a tre aspetti: lo sviluppo professionale, livelli retributivi adeguati e una gestione partecipativa da parte del management. Fondare la cultura aziendale su un processo di formazione continua aiuta a creare un clima positivo e costruttivo ed è essenziale per motivare i talenti. Lo stipendio, per quanto non sia più la molla principale per alzare o mantenere i livelli di engagement, è pur sempre una voce importante e deve essere equo e in linea con le competenze, la posizione e l’anzianità di servizio.

Un leader disponibile e presente sul campo, aperto all’ascolto del proprio team e capace di intercettare bisogni e difficoltà dei propri collaboratori nelle loro attività quotidiane rappresenta infine una grande fonte di motivazione. Non tutti i manager hanno però l’esperienza o la formazione adatta per assumersi il compito di stimolare la motivazione dei dipendenti ed è proprio in questa situazione che programmi di coaching personalizzati diventano una risorsa strategica.Sebbene ogni rapporto e percorso di coaching sia unico e a sé, l’obiettivo finale è sempre lo stesso: aiutare le persone a realizzare il loro pieno potenziale, stimolandole in maniera creativa a mettere in campo la versione migliore di se stesse.

Quali tecniche usare per raggiungere questo obiettivo? Nel vademecum stilato da CoachHub l’autovalutazione iniziale è il primo passo necessario per fare chiarezza su obiettivi individuali e margini di crescita e per sviluppare una sempre maggiore consapevolezza. Altrettanto fondamentale è quindi analizzare i feedback ricevuti da parte di manager e colleghi, e nello specifico indicatori non tradizionali come le valutazioni delle sensazioni, delle conversazioni di aggiornamento e delle revisioni in tempo reale.

La definizione degli obiettivi è quindi ritenuta una parte molto importante del coaching, proprio perché si tratta di un processo centrato sulla soluzione: esercizi e micro-apprendimenti devono essere decisi e condivisi fra coach e coachee e i traguardi fissati devono essere specifici, misurabili, pertinenti e vincolati nel tempo.

Un’altra “practice” fortemente raccomandata dagli esperti è l’identificazione di valori e principi che possano rappresentare un punto di partenza rilevante per comprendere ciò che è importante per ciascuna persona e per ridurre al minimo le attività non allineate. E se la comunicazione, infine, costituisce un ulteriore aspetto critico di un percorso di coaching, proprio perché una delle soft skill più utilizzate dai manager di livello medio e alto, focalizzarsi sui punti di forza di un coachee anziché concentrarsi sui suoi minus è una sorta di imperativo non scritto per incoraggiarne lo sviluppo che qualsiasi organizzazione dovrebbe considerare con molta (e doverosa) attenzione.

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