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«L’eccellenza artistica e culturale italiana può farsi futuro d’impresa per i giovani»

Lo studio o l’azione. Il primo dilemma professionale di Alessandra Carra è stato scegliere, dopo la laurea in Scienze economiche, se entrare nel mondo accademico o avventurarsi nell’universo delle imprese.

di Monica D'Ascenzo

Dalla moda alla carta. Alessandra Carra è dal gennaio del 2022 amministratrice delegata del Gruppo Feltrinelli. In passato ha lavorato nella moda e nel lusso. Tra gli altri incarichi è stata anche ceo di Agnona, azienda tessile e abbigliamento parte del gruppo Ermenegildo Zegna.

5' di lettura

Lo studio o l’azione. Il primo dilemma professionale di Alessandra Carra è stato scegliere, dopo la laurea in Scienze economiche, se entrare nel mondo accademico o avventurarsi nell’universo delle imprese. L’istinto ha scelto per lei e la seconda strada ha avuto la meglio sul fascino dei libri e dei documenti, che avevano popolato i mesi della tesi sulla privatizzazione di Mediobanca. Documenti che raccontavano una parte della storia d’Italia dei tempi di Enrico Cuccia e Giulio Andreotti a cui la giovane Carra ebbe accesso grazie a Romano Prodi. «Nella mia formazione la figura del professor Prodi, con cui mi sono laureata a 22 anni, è stata fondamentale. In quel periodo ho iniziato a frequentare Nomisma e vedevo passare negli uffici Beniamino Andreatta e Henry Kissinger. Per me il professor Prodi è stato un grande mentore e mi ha fatto fare il salto dai banchi di scuola al mondo del lavoro» racconta Carra, che da un anno guida come amministratrice delegata il gruppo Feltrinelli.

Educata alla libertà, Carra è cresciuta con una mamma casalinga «donna di grandi passioni a partire da quella per la politica. Condivideva le lotte del ’68 per la conquista di diritti fondamentali per la nostra società» e un papà imprenditore spesso in viaggio per lavoro, ma «persona di grande gioia». Genitori che sono stati radici, ma anche ali per volare presto fuori casa: «Mi chiedevano spesso cosa volessi fare nella vita e mi consigliavano di scegliere ciò che volevo veramente, ciò che mi faceva sentire libera. Sono stati loro a spingermi a fare l’università a Bologna da fuori sede, nonostante potessi tornare a dormire a casa. Lo hanno fatto per permettermi di sviluppare la mia indipendenza». La famiglia è stato anche l’ambito in cui Carra ha affinato il suo gusto per l’arte e per la musica: «Parlavamo molto di musica classica, mio fratello si è diplomato al conservatorio, e di libri». Libertà e scrittura si fondevano nella figura di Oriana Fallaci, fra le autrici preferite della mamma, così da giovane l’aspirazione professionale della futura manager era quella del carta stampata: «Avrei voluto fare la giornalista, la figura più vicina allo spirito libero che mi avevano insegnato a sviluppare i miei. E poi i giornalisti influenzano la visione del mondo».

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La determinazione di Carra la porta, invece, nel mondo della consulenza come primo passo in un’avventura fra aziende, produzioni, bilanci, budget. «Gli anni in McKinsey sono stati intensi sia perché si lavorava tantissimo sia per le cose nuove che si imparavano a una gran velocità. Ho fatto un Mba sul campo, si potrebbe dire. Sono stati anche anni molto stimolanti per l’ambiente: avevo colleghi di levatura, menti brillanti con cui era un piacere confrontarsi. Sono stati anni di crescita con persone che oggi occupano ruoli importanti nel mondo industriale e delle istituzioni e che ho avuto modo di rincrociare in altre vite professionali». L’ingresso nel mondo del lavoro è avvenuto nella practice Consumer goods, che le apre le porte del settore in cui si formerà come manager.

Dopo quattro anni di consulenza arriva la proposta di passare in azienda. «Sono arrivata a guidare Levi’s in Italia poco più di trentenne. Ero a capo di una divisione italiana con un fatturato di 550 miliardi di lire. Ho preso il comando di una gestione complessa con una maturità manageriale non piena. Non mi sono mai spaventata di fronte alle scommesse anche molto grandi. Certo ho fatto errori di scelte di persone e nella gestione di conflitti, ma ho ripercorso, analizzato e imparato dai miei sbagli. Negli anni ho imparato ad ascoltare l’organizzazione prima di prendere decisioni, nei primi anni stavo molti in ufficio e lavoravo con la prima linea poi ho imparato che bisogna parlare con chi lavora sul campo per poter incidere sui cambiamenti».

La moda diventa casa per Alessandra Carra, che dai jeans passa ai marchi del lusso in un crescendo di esperienze e sfide: prima in Trussardi e Valentino e poi per 8 anni senior vice president luxury brands Europe e ceo South Europe di Ralph Lauren, per 3 anni presidente e amministratrice delegata di Emilio Pucci del gruppo francese Lvmh e poi ceo di Agnona, parte del gruppo Ermenegildo Zegna. «Ho esperienze nella moda con una multinazionale statunitense, una multinazionale francese, una filiale europea, un headquarter mondiale e un’azienda italiana. Ho imparato l’adattamento, la flessibilità, l’integrazione delle culture: non puoi pensare che l’organizzazione si adatti a te; devi essere tu che comprendi la cultura della realtà che guidi per poi poter incidere sull’organizzazione» spiega Carra, che aggiunge: «Sono stati anni in cui ho viaggiato molto, ho visto la Russia e la Cina aprirsi ai mercati internazionali. Ho visto Dubai quando era agli albori, mi sono seduta al tavolo negoziale con culture molto diverse. Sono state tutte esperienze parte della mia formazione. E un’altra scuola importante è stata l’industria della moda: lavori all’interno di un mondo in cui assisti al processo straordinario che riesce a rendere la creatività un prodotto. Si tratta, però, di una creatività mutevole che ogni tre mesi reinventa se stessa. Così impari a programmare pensando agli anni a venire, vivi sempre nel futuro».

Nel gennaio 2022 il salto nell’editoria. Nuova sfida in un settore completamente diverso. «Credo che Carlo Feltrinelli sia un imprenditore che ha lungimiranza e ha voluto puntare sulla discontinuità. Non era un passaggio a cui avevo pensato, ma quando mi è stato proposto il cuore ha detto sì, soprattutto per il tipo di industria in cui Feltrinelli opera: l’editoria ha un impatto sulla società. Con gli anni ho capito che non è importante solo quello che fai, ma anche dove lo fai e io ho scelto di portare la mia esperienza in questo settore perché la proposta è arrivata al momento giusto per me come donna e come madre. È una consapevolezza che arriva con l’età quella di voler fare la differenza, lasciare un segno, contribuire al cambiamento per le nuove generazioni».

Ed è proprio alle prossime generazioni che Alessandra Carra pensa quando parla delle ricchezze culturali del nostro Paese: «L’Italia è uno dei Paesi più ricchi al mondo per “materia prima” culturale, dall’arte alla musica, dalla letteratura al cinema. Non siamo, però, in grado di valorizzare queste ricchezze, come invece fanno Paesi a noi anche vicini, che magari hanno meno da offrire ma ne fanno tesoro» sottolinea la manager, che aggiunge poi: «Dobbiamo insegnare ai giovani a essere orgogliosi delle eccellenze italiane, perché rappresentano anche una straordinaria opportunità di futuro imprenditoriale per loro, che cercano professioni appassionanti, indipendenti e flessibili. La cultura è un’industria che può rendere l’Italia una protagonista assoluta a livello internazionale, può creare lavoro e contribuire alla crescita, anche economica, del nostro Paese».

L’attenzione ai giovani è parte della strategia anche del Gruppo Feltrinelli dai corsi della divisione Feltrinelli Education alle scelte editoriali e di distribuzione della rete di 112 negozi sul territorio italiano (le librerie Feltrinelli ospitano ogni anno 3mila eventi culturali, hanno un’offerta di più di 200mila titoli e la community di riferimento è costituita da più di 5,2 milioni di clienti loyalty in tutta Italia). «Il fenomeno manga sta riportando in libreria i ragazzi, che poi restano e leggono anche altro. Questo è fondamentale in Italia, dove il mercato è fatto di una piccola parte di lettori forti, mentre più di un italiano su due non acquista libri. Il nostro obiettivo è quello di fare delle nostre librerie le piazze del quartiere, perché non siano solo negozi di libri, ma luoghi di incontro, scambio, cultura, crescita, socialità, stimolo e futuro», osserva l’amministratrice delegata del gruppo Feltrinelli, che sa bene che la partita si gioca anche sul fronte dell’innovazione, non solo come sviluppo dell’e-commerce e della multicanalità, ma anche come capacità di saper leggere, interpretare e integrare i big data nelle scelte di un’azienda, anche editoriale.

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