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L’editoria si aggrappa al taglio costi. Sui margini l’Italia non sfigura

Il fatturato globale scende del 3,4% a 111 miliardi di €. Dalla carta l'86,% dei ricavi. Per le quotate italiane la marginalità 2018 al 5.7% , battuta solo dalle tedesche

di Antonella Olivieri

6' di lettura

È un mondo che non ha ancora ritrovato la sua strada, ma che si aggrappa al taglio dei costi per cercare di recuperare la redditività perduta e fronteggiare la sfida digitale che, ovunque, ha messo il settore a dura prova. Il focus sull'editoria - curato da R&S-Mediobanca - evidenzia che l'aggregato dei primi sette gruppi italiani del settore ha registrato nel 2018 un balzo del margine operativo netto che, mediamente si attesta al 5,7% del giro d'affari, un livello di redditività secondo solo a quello dei principali gruppi tedeschi che però continuano a investire riuscendo a salvaguardare la crescita di ricavi e occupazione.

Dalla carta ancora l'86,5% dei ricavi
Anzitutto, il contesto generale. Cosa è successo nell'industria dei quotidiani? Nel mondo (dati Wan-Ifra) il giro d'affari lo scorso anno si è attestato a 111 miliardi, in calo del 3,4% dall'anno prima (-13,2% rispetto al 2014), ma la diffusione cartacea è rimasta sostanzialmente stabile (la flessione annua è stata appena dello 0,3%), mentre la diffusione totale (incluso il digitale) è aumentata dell'1% rispetto al 2017. Sebbene prosegua il trend di erosione della carta da parte del digitale, lo scorso anno ancora l'86,5% dei ricavi dei quotidiani derivava dai giornali “tradizionali”: nel 2014 comunque la percentuale era più alta e pari al 91,7%.

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Lo spaccato diffusione/pubblicità, vede la diffusione consolidarsi come prima fonte di ricavi col 53,1% del totale: il sorpasso sulla pubblicità è avvenuto nel 2016. La pubblicità sui giornali ha subito un ridimensionamento del 28,9% negli ultimi cinque anni (-8% nel 2018), mentre il calo dei ricavi da diffusione cartacea si è fermato al 7,4% (-2,5% nel 2018). Per contro sono aumentati i ricavi digitali: più che raddoppiati nel periodo quelli da diffusione (+104,5% sul 2014), mentre la pubblicità digitale ha registrato un incremento cumulato del 24,8%. Questo, appunto, non è bastato a invertire la tendenza sul giro d'affari complessivo che resta in contrazione. I ricavi da diffusione digitale rappresentano solo il 3,7% del giro d'affari complessivo, la pubblicità digitale il 9,8% del totale ricavi.

Qualche indicazione sull'utenza digitale. Gli abbonati paganti rappresentano solo il 10% del totale dei visitatori dei siti di informazione. Più della metà degli utenti (56,4%) accede ai siti di informazione dai cellulari.

STAMPA VS DIGITALE

Ricavi in % del totale (Fonte: R&S; Mediobanca)...

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I giornali in Italia soffrono di più
L'informazione quotidiana tradizionale in Italia soffre di più. Lo scorso anno il comparto ha perso 240mila copie al giorno attestandosi a un totale di 2,5 milioni di copie, vale a dire l'8,65 in meno rispetto all'anno prima e quasi un terzo in meno (il 32,3%) rispetto al 2014. Le copie digitali crescono, ma non abbastanza per contrastare l'erosione della carta: le 380mila copie digitali diffuse giornalmente sono aumentate in un anno del 13%.

I primi tre quotidiani per diffusione cartacea sono ben distanti dai livelli di un tempo quando il milione di copie sembrava a portata di mano: il Corriere della Sera resta primo con 216mila copie giornaliere diffuse nel 2018 (-4,5% rispetto al 2017), a distanza seguono La Repubblica con 166mila copie (-12,9%) e La Stampa con 131mila (-10,3%).

Però bisognerebbe contare anche le copie digitali: la dematerializzazione è un processo in linea coi tempi e, se ben guidato, anche virtuoso. Permette di abbattere i costi di carta, distribuzione e stampa e di servire con più tempestività (e comodità) il lettore. Per copie digitali in testa c'è Il Sole-24Ore con 87mila al giorno, che si aggiungono alle 80mila cartacee (queste ultime calate del 12,1% nel 2018).

Calcolando anche le copie digitali Il Sole-24Ore - settimo per diffusione cartacea nel comparto dell'informazione quotidiana - risulterebbe terzo con 167mila copie complessive, dietro al Corriere che arriva a 285mila copie con le 69mila digitali, a Repubblica che ne conta 211mila aggiungendo le 45mila copie digitali al giorno, ma davanti a La Stampa che con le 24mila copie digitali arriva a 155mila.

AGGREGATO MAGGIORI EDITORI EUROPEI DI QUOTIDIANI

Variazioni % 2018/2017 del fatturato (Fonte: R&S; Mediobanca)...

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La classifica dei primi sette
R&S ha esaminato i conti dei primi sette gruppi editoriali in Italia che tutti assieme hanno realizzato lo scorso anno ricavi per 3,4 miliardi (pari al 67% del settore), in calo del 4% dall'anno prima. Primo per fatturato il gruppo Cairo-Rcs con 1.224 milioni, l'unico che lo scorso anno ha aumentato i ricavi, seppur di poco, lo 0,5%. Seconda Mondadori con 891 milioni, di cui il 47% relativo al settore libri e il 20% dai negozi (-8,1% nel 2018) e terza Gedi con 649milioni (-5,9%)). Quarto Il Sole-24Ore con 211 milioni di ricavi (-5%). Seguono Monrif (174 milioni, -1,7%)), Caltagirone editore (139 milioni, -7,3%) e Class (69 milioni, -3,2%).

Il 5,7% che non fa trend
Nel complesso, aggregando i dati dei primi sette gruppi dell'editoria, si evidenzia un netto miglioramento dei margini industriali, con il margine operativo netto che balza al 5,7% del fatturato rispetto allo 0,3% di cinque anni prima. In realtà, a ben guardare, il colpo di reni è spiegato in buona parte da Rcs, che è passata da un margine operativo netto sul fatturato negativo dell'1,6% a un margine positivo del 12,3%. Il Mon di Cairo Editore, la società di Urbano Cairo che tre anni e mezzo fa ha conquistato il controllo di Rcs, è sceso dal 13,1% del 2014 all'8,4% lo scorso anno. In netto recupero Mondadori – con il Mon aumentato dal 2,8% al 6,4% - e Monrif – dal -4,6% al 2%. Gedi che partiva dal 6,4% ha visto invece il Mon calare all'1,7%, mentre resta negativa la redditività degli altri principali gruppi editoriali, con Caltagirone e Il Sole-24Ore comunque in miglioramento (rispettivamente da – 6,9% a -2,1% e da – 9,6% a – 2,3%), e Class in peggioramento (da -10,4% a -12,5%).

Nel complesso i margini migliorati riflettono il taglio dei costi. Gli organici per i sette gruppi considerati sono dimagriti di 2.540 unità in cinque anni (786 sono relativi però alla cessione dei periodici francesi da parte di Mondadori) L'occupazione nel 2018 si attesta a 11.053 unità (-14,1% rispetto ai livelli del 2014), con i giornalisti che rappresentano il 35,4% del totale, un peso minore rispetto al 37,2% di cinque anni prima. Ma soprattutto i risparmi hanno riguardato gli investimenti materiali, pari nel 2018 a 16 milioni, più che dimezzati in cinque anni (-56,7% rispetto al 2014). In media il tasso d'investimento (investimenti immateriali in percentuale rispetto al totale delle immobilizzazioni materiali lorde) si attesta all'1,1%. Ma gli estremi vedono Mondadori al 5,1% (in linea col 5,2% della manifattura italiana) e Rcs solo allo 0,3%.

In rosso di 678 milioni dal 2014
I conti però restano in rosso per cinque gruppi su sette: fanno eccezione Cairo-Rcs con 60 milioni di utili e Monrif con 11,3 milioni, che includono però 20,8 milioni di proventi da vendite immobiliari. Complessivamente, in cinque anni i sette gruppi hanno cumulato perdite per 678 milioni che per quasi il 90% si spiegano con le svalutazioni di testate e avviamenti. Unica società a chiudere sempre in utile negli anni dal 2014 al 2018 Cairo Editore.

AGGREGATO MAGGIORI EDITORI EUROPEI DI QUOTIDIANI

Risultato netto in % del fatturato 2017 e 2018 (Fonte: R&S; Mediobanca)...

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Il confronto europeo
Considerando i principali gruppi europei editori di quotidiani in Germania, Francia e Uk, l'editoria tedesca è l'unica a mostrare una forma smagliante. È l'unico mercato che cresce sia per ricavi (+1%) che per occupazione (+3,2%), mentre la redditività industriale è al top (8,1%) senza sacrificare, come in Italia, gli investimenti (7,2% il tasso d'investimento). In Germania risiede anche il primo gruppo per dimensioni, la divisione News Media del gruppo Axel Springer, editore dei quotidiani Bild e Die Welt.

Più grigio il quadro negli altri Paesi. I primi editori francesi hanno visto lo scorso anno calare i ricavi dell'1,4% e l'occupazione del 2%, con una redditività industriale negativa dello 0,2%: il tasso d'investimento è stato però mantenuto al 3,4%. Per gli inglesi, la contrazione del giro d'affari è del 3,2%, l'occupazione cala dell'1,9%, la redditività industriale è negativa del 2,2%, il tasso d'investimento si attesta al 2,6%. Il Regno unito chiude i conti in rosso, in peggioramento al 4,6% dei ricavi rispetto al -2,8% dell'anno prima. Risultato finale in flessione anche in Germania: 7,5% rispetto al 9,1% del 2017. Mentre la Francia si mantiene appena sopra il pareggio: utili netti per lo 0,5% dei ricavi rispetto allo 0,7% precedente.

TASSO DI INVESTIMENTO 2018

In % immobilizzazioni materiali lorde (Fonte: R&S; Mediobanca)...

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PER APPROFONDIRE:

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