L’effetto Draghi batte l’incertezza politica. Tassi italiani giù
di Morya Longo
4' di lettura
L’Italia rischia una procedura d’infrazione per deficit eccessivo basata sul debito. L’economia ristagna. La maggioranza di Governo, anche dopo le elezioni europee, resta rissosa. E proprio ieri l’indice che misura la fiducia dei consumatori è sceso ai minimi dal luglio del 2017. A giudicare dal menu che l’Italia sta offrendo agli investitori, ci sarebbero tutti gli ingredienti per una Borsa in calo e uno spread tra BTp e Bund in rialzo. In tensione. In fibrillazione. Eppure la realtà dei fatti, questa volta, mostra l’esatto opposto.
La svolta nella politica monetaria di Mario Draghi (che ha aperto la porta a un nuovo quantitative easing della Bce) si sta dimostrando più forte dell’incertezza politica. Così la Borsa di Milano si muove in linea con le altre in Europa. E i titoli di Stato italiani stanno vivendo addirittura una sorta di luna di miele col mercato. Le aste di ieri sono la prova più evidente: il Tesoro è riuscito a collocare BTp decennali a un tasso d’interesse del 2,09%, in calo di oltre mezzo punto percentuale rispetto al 2,60% di maggio. La distanza con i rendimenti dei titoli spagnoli (che sono allo 0,39%) e portoghesi (allo 0,48%) resta siderale, ma per l’Italia si tratta comunque del livello minimo per i tassi decennali dall’aprile 2018. Prima del contratto di Governo.
I bazooka di Fed e Bce
I motivi di questa apparente contraddizione sono vari. Ma nascono tutti dal nuovo corso delle banche centrali. Ormai il mercato è tarato su quattro tagli dei tassi d’interesse negli Stati Uniti entro il 2020 (il primo è atteso già a luglio). E in Europa sconta ancora di più: assegna infatti una probabilità del 100% a un taglio del tasso sui deposti Bce da -0,4% a -0,5%, da estendere a -0,6% entro dicembre. Ma soprattutto il mercato è convinto che stia per arrivare il boccone più gustoso: un nuovo quantitative easing. Cioè una nuova manovra con cui la Bce compra titoli di Stato sul mercato e stampa moneta. Nuovo Bengodi.
In questi giorni l’attesa è stata avvalorata da un’indiscrezione, lanciata da Reuters, che sembra indicare una Bce già al lavoro. Le banche centrali dell’Eurosistema starebbero infatti studiando la forma tecnica per poter varare un nuovo piano di acquisti senza scontrarsi con i limiti previsti nel precedente quantitative easing. Stanno di fatto cercando le modalità tecniche per aggirare il divieto di comprare più del 33% di un singolo titolo. Morale: se la Bce aggirasse questo limite, aumenterebbe le potenzialità di fuoco del nuovo quantitative easing.
La Bce batte l’incertezza
Queste aspettative hanno fatto scendere i rendimenti dei titoli di Stato e delle obbligazioni in tutto il mondo nelle ultime settimane. Europa inclusa. E - una volta tanto - l’Italia è andata meglio degli altri Paesi: dal 18 giugno (data in cui Draghi ha annunciato un possibile nuovo Qe), il rendimento dei BTp decennali è sceso dal 2,32% al 2,13%. Di fatto il tasso dei BTp è “dimagrito” di 19 punti base, contro i 6 dei Bund tedeschi nello stesso arco di tempo, i 10 dei Bonos spagnoli, i 13 dei titoli portoghesi, gli 8 degli OaT francesi. Negli ultimi giorni i titoli italiani sono insomma stati comprati più degli altri. Bene inteso, lo spread tra BTp e Bund a 245 punti base resta su livelli quasi doppi rispetto al periodo pre-Governo. E, come già detto, la distanza con Spagna e Portogallo resta enorme. Ma questo non toglie che nelle ultime settimane gli acquisti sui BTp ci siano stati. «In un contesto in cui i Bund decennali rendono -0,32%, i BTp italiani al 2,13% diventano appetibili pur con tutte le incertezze», spiega Gregorio De Felice, capoeconomista di Intesa Sanpaolo. Così l’Italia resta penultima in classifica, ma almeno ha guadagnato qualche punto.
La realtà è che il mercato ora percepisce la Bce più forte anche del rischio di procedura d’infrazione. «Ci sono investitori che hanno scommesso contro l’Italia per mesi, quando si temeva lo scontro con l’Europa e anche Italexit - osserva un operatore del mercato obbligazionario -. Tutti hanno perso soldi con questa speculazione, almeno negli ultimi tempi. Ora ci pensano due volte». Molti hedge fund ribassisti sull’Italia - suggeriscono infatti alcune fonti - hanno preso sonore sberle ultimamente. Morale: in un contesto in cui la Bce apre la porta a un nuovo quantitative easing, sono più gli investitori attratti dai rendimenti elevati dei BTp rispetto a quelli che si mettono a scommettere contro l’Italia. E contro la Bce.
Questo ha subito aperto uno spiraglio a molte aziende e banche per raccogliere fondi sul mercato. Solo negli ultimi due giorni quattro aziende italiane (Intesa Sanpaolo, UniCredit, Cnh e Hera) hanno emesso obbligazioni per un totale di 4 miliardi. E la domanda ha raggiunto complessivamente i 12,5 miliardi. Segno che quando il clima sui titoli di Stato si rasserena, il cielo diventa sereno per tutto il made in Italy. E viceversa, ovvio.
I problemi restano
Sia chiaro: questa luna di miele non dipende più di tanto dall’Italia. I problemi del Paese sono gli stessi di qualche mese fa, quando lo spread BTp-Bund era a 300. Maggioranza di Governo litigiosa, messaggi contradditori dai partiti, economia stagnante, rischio di infrazione europea: i nodi sono sempre gli stessi. Ma il fatto che il mercato sia ora più benevolo con l’Italia è comunque un toccasana. Che aiuta il Paese. Fino a quando, non si sa: «Un’eventuale apertura di una procedura di infrazione potrà creare nuova turbolenza sui BTp - osserva Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte -. Ma il bazooka della Bce sarebbe comunque più forte, almeno se la Commissione europea concedesse all’Italia 6 mesi di tempo per mettersi in regola come accennato da Moscovici». Il futuro resta incerto. Ma intanto il cielo è tornato sereno.
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