L’Emilia-Romagna rallenta la corsa: Pil sceso a +1,2% ed export reale in calo
Nei primi sei mesi del 2023 l’attività economica in Emilia-Romagna ha subito un rallentamento. L’indicatore Iter della Banca d’Italia ha registrato un aumento tendenziale del Pil dell’1,2%, in linea con la media nazionale, ma notevolmente inferiore al +5,6% dell’anno precedente
di Ilaria Vesentini
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La caduta dell’edilizia dopo lo stop al superbonus e l’effetto depressivo degli alti tassi di interesse presentano il conto anche alla virtuosa economia emiliano-romagnola: il Pil della regione scende al +1,2% nei primi sei mesi del 2023 (era al +5,6% nel primo semestre 2022) e l’attività industriale ristagna per la prima volta dal 2020. Così come calano consumi, prestiti, investimenti.
E pure l’export – da sempre il volàno della crescita di questa terra manifatturiera con un indice di internazionalizzazione doppio rispetto alla media del Paese – segna un timido +2,8%, dopo il +17,8% dell’analogo periodo 2022, il cui merito è tutto dell’inflazione, perché in termini reali anche le esportazioni diminuiscono (-3,1%), tirate verso il basso dalle pessime performance di farmaceutico, ceramica, gomma-plastica, solo in parte compensate dalla corsa di meccanica e moda.
Sono numeri che non lasciano troppo spazio all’ottimismo quelli appena presentati dalla Banca d’Italia nell’aggiornamento congiunturale di metà anno. «Dopo un primo trimestre ancora positivo, il secondo trimestre ha registrato uno stop della crescita e le previsioni per l’ultimo quarto dell’anno e per l’inizio 2024 sono di un ulteriore rallentamento, come nel resto del Paese – commenta Pietro Raffa, direttore della sede di Bologna della banca centrale –. Pesano non solo inflazione (al +6,9% in regione a fine settembre, ndr), tassi di interesse e decelerazione del commercio mondiale, ma anche le incertezze legate alle tensioni geopolitiche».
Per questo l’attuazione del Pnrr e del Pnc (Piano nazionale complementare) – che assieme valgono 6,6 miliardi di euro per i soggetti attuatori emiliano-romagnoli – sarà fondamentale per rimettere in corsa valore aggiunto e bilancia commerciale. La fotografia scattata da Bankitalia, intervistando 300 imprese del territorio tra settembre e ottobre scorso, racconta di un tessuto industriale che solo formalmente cresce: i fatturati aumentano in valori nominali, non reali, e la spesa per investimenti è in contrazione.
Gli ordini calanti non si stanno però traducendo ancora in difficoltà economico-finanziarie per le aziende: l’80% degli imprenditori prevede una chiusura in utile per il 2023, complice anche la liquidità abbondante, che mitiga gli effetti della frenata del credito.
I prestiti alle imprese hanno registrato infatti un -4,7% a fine agosto e il dato è ancora peggiore per le piccole realtà. Si riduce anche la domanda di finanziamenti, schiacciata dagli alti tassi di interesse, anche sul versante famiglie. La richiesta di mutui per la casa è crollata di oltre un terzo nei primi sei mesi del 2023 e il fatto che il 40% dei mutui immobiliari sottoscritti in regione sia a tasso variabile, quindi in balìa delle decisioni dell’Ue sui tassi, concorre alla contrazione dei consumi.
Non va meglio in edilizia, sostenuta ormai solo dagli investimenti pubblici, che a valle si rispecchia in un mercato immobiliare in affanno, con un calo di compravendite del 16,3%. E rallenta anche il settore terziario, che si parli di commercio al dettaglio, di movimentazioni merci al porto di Ravenna o di flussi turistici: il recupero di presenze straniere nei primi nove mesi dell’anno ha come contraltare un calo degli italiani.A confortare sono però i dati sul mercato del lavoro: il +1,5% di occupazione nei primi sei mesi dell’anno e il tasso di disoccupazione sempre attorno a un 5%, quasi fisiologico, sono sintomatici della robustezza e resilienza dell’ecosistema emiliano-romagnolo. Solo nelle campagne alluvionate si rileva un decremento delle assunzioni e delle ore lavorate.
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