L’enfasi sulla polarizzazione: è un po’ come decidere di vivere al Polo...
Di quante bellezze del pensiero ci priviamo quotidianamente perché ci ostiniamo a non metterci in viaggio per visitare qualcosa di diverso?
di Giulio Xhaet *
4' di lettura
Un termine che ha scalato la hit parade delle parole più citate (spesso a sproposito) è “polarizzazione”. Complici internet, i social media e gli algoritmi che oggi influenzano diete mediatiche e informative le nostre opinioni non sono mai state così nette, filtrandoci i pensieri in bianco e nero, senza più sfumature né colori. L’enfasi sulla polarizzazione delle opinioni non è per nulla una novità, non per altro perché anche in passato le opinioni tendevano a polarizzarsi, appena toccavano sfere valoriali per noi importanti: dalla politica al lavoro, dall’arte alla fede calcistica (in tal caso si scivola facilmente oltre la polarizzazione delle opinioni, raggiungendo la polverizzazione del pensiero). Ma al netto di questo, è interessante ragionarci, partendo dalle controindicazioni, più cupe del previsto, e atterrando su alcuni rimedi, più divertenti del previsto.
Vivere di estremismi è un po’ come vivere al Polo. Sono assolutamente certo di una cosa, non la metterò mai in discussione, la rendo una fede assoluta senza se e senza ma, e se qualcuno ad si azzarda argomentare delle obiezioni lo metto a tacere? Su quell’argomento, vivi al Polo Sì. Sei assolutamente convinto del contrario? Su quell’argomento, abiti al Polo No. Quando abiti al Polo, la tua mente si abitua a vivere il luogo più arido del pianeta. Invece di essere nutrita con gli infiniti paesaggi possibili alle varie latitudini dei paesi nel mondo, la lasci prigioniera, a battere i denti nel piccolo igloo che le hai costruito.
Se uno ci pensa è sconcertante: di quante bellezze del pensiero ci priviamo quotidianamente perché ci ostiniamo a non metterci in viaggio per visitare qualcosa di diverso? Dove la nascondiamo la nostra curiosità quando si toccano certe questioni? Perché diventiamo i carcerieri mentali di noi stessi, rinchiudendoci dentro celle di isolamento?
La prigione di ghiaccio è in fondo rassicurante, permette di offrire alle cose un senso semplice e lampante. Soprattutto, di trovare facilmente dei colpevoli a ciò che non vi piace, e di capire immediatamente come funziona ciò che non hai idea di come funziona.
È paradossale vedere come gli abitanti del Polo Si e del Polo No sono certi di essere persone diversissime, e odierebbero vedersi accomunate su qualcosa. In realtà si rivelano una lo specchio dell’altra, ragionano allo stesso modo, solo da estremi opposti. Solitamente gli abitanti di Polo Sì e Polo No sono individui poco informati sull’argomento, spesso affetti dal famoso “Dunning-Kruger”, ovvero la sindrome in cui una persona che conosce lo l'0,1% di un argomento, crede di conoscerlo e capirlo al 99,9%.
Ma altre volte, inaspettatamente, troviamo anche veri esperti che hanno dedicato anni di studio all’argomento, ma dopo un po’ si sono spostati verso opinioni estreme, e pur di perseguirle, si aggiornano solo con nuove informazioni e frequentazioni che già confermano le loro idee. Insomma, qui ci troviamo davanti al classico bias di conferma, che rende ciechi di fronte a informazioni e opinioni divergenti dalle mie.
Un esempio in cui troviamo cittadini di Polo Sì e Polo No ad alta densità di Dunning Kruger e bias di conferma è il classico “I social media sono il male del nostro tempo? In un recente articolo intitolato “La fine dei social network”, il giornalista Ian Bogost ha offerto una disamina accurata da gagliardo esponente di Polo Sì: argomentando in modo accurato e meticoloso innumerevoli motivi per cui i social sono dannosi per le persone, omettendo tutte le motivazioni contrarie.
Cosa fare dunque, quando un argomento spinoso ed emotivamente carico ci si palesa davanti, e noi volessimo muoverci oltre ai Poli, esplorando gli emisferi boreale e australe a caccia di paesaggi informativi più ricchi?
Un classico è cercare libri scritti da persone informate e moderate, a cui sta più a cuore approfondire un argomento che dimostrare di avere ragione. Tornando ai social, un esempio credo di averlo trovato in Politica Netflix, di Will Media. Abitatori dell’emisfero australe, quindi più possibilisti che critici, offrono una disamina accurata sul mondo popolato da influencer, content creator e creator company. E grazie al consiglio del collega Gianluca Rizzi, posso consigliarvi una voce editoriale dall’emisfero boreale, ben più critica ma non faziosa: Il partito degli influencer di Stefano Feltri.
Oppure, per uscire dalla tendenza alla polarizzazione possiamo divertirci a giocare all’Avvocato del Diavolo, che altro non è se non un’applicazione di un concetto caro al filosofo Karl Popper: la ricerca della confutazione di qualcosa che crediamo vero. Potete giocarci da soli, uno “contro” l’altro, oppure a squadre. Scegliete un argomento “caldo” che scuota gli animi e in cui i presenti, almeno in parte, potrebbero abitare al Polo Sì e al Polo No. Dopodiché, chi è molto a favore di un argomento dovrà cercare online le fonti contrarie più attendibili: gli articoli, le ricerche, i contenuti che sconfessano la sua opinione. Se giocate uno contro l’altro o a squadre, l’altra persona o la squadra avversaria dovranno fare il contrario: se sono contro quell’argomento, dovranno cercare contenuti e analisi autorevoli a favore.
Chi vince? Chi trova informazioni così interessanti che lo riportino a rivedere almeno in parte la sua idea, ampliando così la sua visione del mondo. Più riesci a far vacillare le tue certezze, più vinci. Provateci, vincere è ostico: dovete violentare le vostre convinzioni. Molte persone abbandonano il gioco, vinte dal fastidio. Ma se ben gestito, è un esercizio potente, da proporre tanto nelle scuole quanto nelle aziende (attenzione se state formando manager e top manager: va maneggiato con cura!). Un consiglio: partite da argomenti tiepidi, e poi capite se e quanto potete aumentare di intensità.
E come ha ricordato un altro collega di Newton in un recente articolo di questa stessa rubrica, Alessandro Cravera, è un po’ come fanno in proverbi della “saggezza popolare”. “L'unione fa la forza”, vero? Eppure, “Chi fa da sé fa per tre”. “Chi ha tempo non aspetti tempo”, dico bene? Eppure, “Dai tempo al tempo”. “Gli opposti si attraggono” ho sempre pensato. Eppure, “Chi si somiglia si piglia”. I proverbi piacciono, perché sono aforismi accattivanti di facile presa, ritornelli pop gagliardi che resistono alla prova del tempo. Fanno sorridere e a volte anche riflettere. Ma più che di saggezza popolare, dovremmo figurarceli come esempi di polarizzazione popolare. E a volte sfuggire alla loro presa è assai arduo. Ma d’altronde si sa, non si smette mai di imparare, e sbagliando si impara.… Oppure no?
* Partner Newton SpA
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