L’ennesima rinascita di Federica Pellegrini: è la quinta finale olimpica nei 200 sl
Dopo una qualificazione deludente la Pellegrini entra in finale col terzo tempo nella sua semifinale, ed eguaglia il mito delle piscine Micheal Phelps
dai nostri inviati a Tokyo Marco Bellinazzo e Dario Ricci
I punti chiave
3' di lettura
Ancora una volta, rinasce dalle sue ceneri. E non è allora per caso se l'araba fenice è uno dei tatuaggi che ne abbelliscono il corpo. È ancora finale olimpica, la quinta consecutiva sugli amati 200 stile libero, per Federica Pellegrini. Per capire la dimensione di quello che s'è visto oggi all'Acquatic Center di Tokyo: come lei nessuna donna nella storia, come lei solo l'immenso Michael Phelps sui 200 farfalla («ma lui l'ultima finale l'ha vinta!», ironizza Federica nel dopogara, a ribadire il concetto che per lei invece la vittoria, o anche solo una medaglia, davvero stavolta le sembra troppo lontana).
Infinita
Sì, davvero infinita, la Divina delle piscine: entrata in semifinale col penultimo tempo disponibile («ieri ho nuotato di merda!», la schietta ammissione della quasi 33enne veneta), Federica entra in finale col terzo tempo nella sua semifinale, il settimo complessivo: 1'56”44. Gara difficle, perché le incertezze di ieri avevano riempito la testa di dubbi e relegato la Divina in ottava corsia, senza quindi poter come d'abitudine controllare avversarie e campo-gara come più facilmente avviene dalle corsie centrali: «Ho fatto gara da sola – spiega infatti Federica – senza poter avere grandi riferimenti ma puntando su esperienza e ritmo. Avevo visto che nell'altra batteria la quarta qualificata (la Oleksiak, ndr) aveva fatto 1'56”39 e allora mi sono detta che il tempo era alla portata, ma poi comunque ho nuotato meglio di ieri, tenendo un buon passo e ottenendo questo che era il vero obiettivo di questa Olimpiade».
Vero obiettivo
Schietta, lo è da sempre Federica, al punto di attirarsi antipatie e inimicizie. Ma ovvio che non cambierà mai, men che meno adesso che al passo d'addio olimpico. E allora inutile chiederle un'altra impresa, un’altra medaglia, come ad esempio accaduto ai Mondiali di Budapest 2017, quelli della rimonta d'oro dopo il quarto posto amaro dei Giochi di Rio2016: «Non scherziamo; l'ufficio medaglie per me domani è chiuso. È tutto l'anno che nuoto intorno a 1'56”, e a me piace darmi obiettivi sempre più difficili, ma concreti e realizzabili. E questo ora non lo è. Chi vincerà? La Titmus (l'australiana che ha già dominato i 400 sl battendo in rimonta l'americana Ledecki, ndr), con un tempo vicino al record del mondo, anche se io faccio sempre il tifo per quella linea rossa (quella appunto che nella grafica tv indica il primato mondiale, detenuto proprio dalla Pellegrini, col 1'52”98 stabilito ai Mondiali di Roma 2009, ndr)».
Bilancio
Domani allora sarà puro divertimento. Perché il regalo più bello che si concede, Federica, è quello di trasformare una finale olimpica in passarella, pur nel rispetto di ciò che quei cinque cerchi significano e hanno saputo darle, su quei 200 metri liquidi e spesso vincenti: un oro (Pechino 2008), un argento (Atene 2004), un quarto (Rio2016) e un quinto posto (Londra 2012) finora. Forse poco, commisurato al talento della Divina, ma non è certo questo il luogo e il tempo dei rimpianti. C’è da fare quell’ultimo tuffo nell'acqua e nella Storia. Senza escludere che, salendo su quel blocco di partenza, e battendosi ancora una volta il pugno sul petto, Fede non senta una volta di più quel rimbombo diverso e pure sempre uguale. E allora hai visto mai che la passarella non si trasformi, chissà, in qualcosa di entusiasmante e straordinario. Del resto, non è forse vero che mai si deve sottovalutare il cuore dei campioni?
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