L’esempio della resilienza di turche e siriane post terremoto
Un mese fa 24 milioni di persone sono state colpite dai terremoti in Turchia e in Siria, tra cui almeno 7 milioni di bambini
di Randa Ghazy*
3' di lettura
Elifso ha otto anni. Abbraccia tutti di continuo, attaccandosi quasi morbosamente alle gambe di chiunque. Ali, invece, non ancora sei anni, chiede a tutti: «Anche da dove vieni tu c’è stato un terremoto? Io sono saltato giù dalla finestra con la mia mamma». Ci sono poi i bambini che disegnano immagini di cadaveri, e quelli che inseriscono il terremoto e la morte in ogni gioco e attività che gli psicologi di Save the Children propongono loro.
Un mese senza certezze
Un mese fa 24 milioni di persone sono state colpite dai terremoti in Turchia e in Siria, tra cui almeno 7 milioni di bambini, molti dei quali hanno assistito alla morte di amici e familiari. Altri sono rimasti sepolti sotto le macerie delle loro case crollate. Molti non hanno ancora un posto sicuro dove andare.
Per le donne del sud della Turchia, i terremoti del 6 febbraio 2023, e poi quelli del 20, del 27 e le più di 9mila scosse che sono seguite, hanno significato la fine della vita che conoscevano, e l’inizio di una nuova esistenza: migliaia di persone sono ancora prive di un tetto sopra le proprie teste, elettricità, acqua potabile sicura e strutture igienico-sanitarie come acqua corrente e servizi igienici.
Donne e ragazze devono gestire il proprio ciclo senza privacy, acqua pulita e prodotti sanitari. Ma per la maggior parte delle madri che ho incontrato ad Antiochia, nella provincia di Hatay, una delle zone più colpite della Turchia, la preoccupazione principale è il futuro. Più di ogni altra cosa, la mancanza di una prospettiva, e il terrore che il trauma vissuto dai propri figli condizioni la vita che potranno costruirsi.
Che futuro per i figli?
Melis, 35 anni e due figlie, è accampata in una tenda nei sobborghi della città, mi dice che non è rimasto loro nulla, hanno perso casa, familiari, amici. «Come madre, la cosa che mi rattrista di più ora è non poter procurare beni essenziali ai miei figli, non riuscire a occuparmi della loro igiene, a proteggerli dal freddo. Sono anche preoccupata per la scuola. Quando ci torneranno? E se tornassero a scuola, e venissimo colpiti da un altro terremoto? Chi li prenderà per mano, chi li proteggerà?». Di tutti i pensieri che affollano la sua mente, quello che la preoccupa maggiormente è che «abbiamo perso la nostra fiducia nel futuro, non sappiamo come e dove le nostre figlie cresceranno».
Camminando per il centro di Antiochia questo senso di disorientamento è evidente negli occhi di chi ancora è seduto davanti alle macerie, nell’attesa di trovare i corpi dei propri cari per offrire loro un ultimo saluto, negli sguardi persi nel vuoto delle madri in fila ai centri di distribuzione, in attesa di un pasto caldo per la propria famiglia, e nel volto di coloro che incontro e spontaneamente mi elencano la lista delle persone che hanno perso nei terremoti.
Nonostante le terribili sfide che le donne turche e le rifugiate siriane, che vivono nel sud della Turchia, stanno ora attraversando, la resilienza e la generosità di molte di loro mi hanno dato speranza. Una notte, intorno al fuoco, la madre di Elifso mi ha offerto del tè caldo, condiviso la coperta che aveva in grembo con me. Lasciandomi senza fiato perché nonostante avesse perso tutto, il suo senso di ospitalità era rimasto intatto.
Il supporto alla comunità
Ora le donne turche e siriane hanno bisogno di tutto il supporto che la comunità internazionale può dar loro. Save the Children, presente sul campo in Turchia distribuendo cibo, ricoveri temporanei e generi di prima necessità, tra cui coperte, indumenti caldi, sacchi a pelo, stufe, pannolini e assorbenti igienici, ha in programma di raggiungere un totale di 1,6 milioni di persone, tra cui 675mila bambini. È una sfida enorme, e ci vorranno mesi prima che ogni famiglia possa tornare a una parvenza di normalità.
La maggior parte dei bambini psicologicamente colpiti dai terremoti alla fine sarà in grado di riprendersi, ma solo con il supporto psicosociale necessario. Dal fondo si può risalire, dalle macerie si può ricostruire. Il pericolo è che i riflettori sulla tragedia che ha colpito migliaia di famiglie in Siria e Turchia si spengano.
*Save the Children area Middle East, North Africa and Eastern Europe
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