L’Europa del green tech vale 92 miliardi di euro al 2030
La stima della Commissione riguarda la capacità produttiva, ma in totale gli investimenti arrivano a 500 miliardi l’anno tra Green Deal e RepowerEU
di Elena Comelli
3' di lettura
92 miliardi di euro. A prima vista sembra poco, ma è questa la prima stima della Commissione Europea su quanto si dovrebbe investire nella filiera europea delle tecnologie pulite tra il 2023 e il 2030 per raggiungere gli obiettivi del Net-Zero Industry Act di capacità manifatturiera, focalizzati su cinque tecnologie specifiche: eolico, solare fotovoltaico, pompe di calore, batterie ed elettrolizzatori.
Il “working document”, uscito da poco, ricorda però che «gli investimenti necessari per rilanciare la capacità di produzione della Ue in queste cinque tecnologie chiave sono solo una parte del totale degli investimenti per centrare gli obiettivi del Green Deal e di REPowerEU. Il fabbisogno di investimenti pubblici e privati in relazione alla transizione verde è stimato in 477 miliardi di euro all’anno tra il 2021 e il 2030, mentre il conseguimento degli obiettivi di REPowerEU richiede uno sforzo aggiuntivo, stimato fino a 35 miliardi di euro all’anno tra il 2022 e 2027».
Nel documento, gli analisti della Commissione specificano che in base ai loro studi la quota più efficace di investimenti pubblici sarebbe del 17-20% del fabbisogno totale per il Net-Zero Industry Act. Applicata allo scenario mediano, che individua appunto 92 miliardi di euro di investimenti necessari, questa percentuale comporterebbe un fabbisogno di finanziamento pubblico di 16-18 miliardi di euro.
«Un sostegno più alto può essere giustificato dalla necessità di garantire la competitività dell’industria dell’Ue a zero emissioni in tempi rapidi. Paesi terzi stanno introducendo regimi di sostegno che mirano ad attrarre l’industria delle tecnologie pulite, ponendo una sfida competitiva per mantenere e sviluppare questo settore nell’Unione Europea», precisa il documento in un chiaro riferimento al pacchetto da 370 miliardi di dollari di incentivi assegnato alla transizione energetica americana con l’Inflation Reduction Act.
Il principale obiettivo del Net-Zero Industry Acy è di produrre “in casa” entro il 2030 almeno il 40% delle tecnologie considerate strategiche. Si fa riferimento non solo ai prodotti finali e assemblati, ma anche ai singoli componenti, come wafer e celle per il fotovoltaico, pale e torri eoliche.
A questo fine, nel “working document” si individuano degli obiettivi precisi di capacità produttiva annuale da raggiungere entro il 2030: 36 gigawatt di eolico rispetto ai 13 gigawatt attuali; 24 gigawatt di solare fotovoltaico rispetto a 1 gigawatt attuale; 31 gigawatt di pompe di calore rispetto ai 14 attuali; 549 gigawattora di batterie rispetto ai 75 attuali e 25 gigawatt di elettrolizzatori rispetto ai 2,3 attuali.
Per colmare il gap nella capacità manifatturiera, il documento stima un fabbisogno di 6,1 miliardi di euro per l’eolico, 7,6 miliardi per il fotovoltaico, 5,6 miliardi per le pompe di calore, 1,3 miliardi per gli elettrolizzatori e 68,2 miliardi per le batterie. Tutto insieme fa 88,8 miliardi.
Come si vede, «oltre tre quarti del totale vanno agli investimenti per le batterie, mentre l’eolico, il solare e le pompe di calore oscillano fra il 7 e l’8% del fabbisogno», nota il documento. Salta all’occhio il confronto con il fabbisogno degli elettrolizzatori: solo 1,3 miliardi, «anche nello scenario più ottimistico da 10 milioni di tonnellate di idrogeno prodotto nella Ue».
Se poi si aggiungono ancora 3,5 miliardi di euro per la cattura e lo stoccaggio della CO2, che gli analisti hanno preferito aggiungere a parte, si arriva ai 92 miliardi di euro di cui si parlava all’inizio.
Oltre allo scenario mediano, gli analisti hanno preso in considerazione uno scenario “status-quo”, che richiederebbe un investimento di 52 miliardi di euro, e uno scenario estremo, che ci metterebbe totalmente al riparo dalla importazioni, con un fabbisogno di 119 miliardi.
«Alla luce di quanto sopra – sottolinea il documento - diventa evidente che, nonostante le possibilità di finanziamento siano recentemente aumentate, l’attuale bilancio dell’Ue non dispone di mezzi sufficienti per sostenere gli obiettivi del Net-Zero Industry Act e per garantire parità di condizioni tra Stati membri, in relazione alle esigenze di investimento pubblico individuate».
Si tratta di un’affermazione molto chiara in relazione al problema delle disparità di bilancio interne all’Unione, sollevato nelle scorse settimane dal governo italiano. La Commissione sta introducendo infatti più flessibilità nelle regole sugli aiuti di Stato per gli investimenti nazionali nella produzione di tecnologie pulite, nell’ambito di un quadro temporaneo mirato alla transizione.
Ciò consentirà ai governi nazionali, per un periodo di tempo limitato, di sostenere con maggiore liberalità le proprie filiere nazionali nelle tecnologie pulite. Ma se si dà carta bianca ai Paesi membri di sovvenzionare le proprie imprese, chi ha più risorse di bilancio potrà rendere più competitivo il proprio tessuto industriale a discapito di chi è troppo indebitato come l’Italia.
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