L’Europa riapre il dossier sulle biotecnologie in agricoltura
La Commissione presenta la proposta sulla commercializzazione delle varietà ottenute attraverso le nuove tecniche di miglioramento genetico (Tea), vietate dal 2018 perché equiparate ai vecchi Ogm da una sentenza della Corte di Giustizia
di Alessio Romeo
3' di lettura
L’Europa riapre il dossier biotech. A dispetto del “ricatto” che legava la proposta sulle nuove biotecnologie agricole a quelle sul taglio ai fitofarmaci e sul ripristino degli ecosistemi, la Commissione si appresta ad autorizzare le nuove tecniche di miglioramento genetico in agricoltura, distinguendole nettamente dagli “Ogm di vecchia generazione”, di fatto e con poche eccezioni vietati in Europa da oltre vent’anni. La proposta sulla commercializzazione delle varietà ottenute attraverso le cosiddette Tecniche di evoluzione assistita (Tea, acronimo che ricomprende le nuove tecniche genomiche di genome editing e cisgenesi) sarà presentata dall’esecutivo europeo oggi 5 luglio. Semplificando, le Tea prevedono la modifica del genoma della pianta ma senza l’utilizzo di sequenze di geni provenienti dal Dna di altre specie, come avviene invece negli Ogm.
La proposta istituisce in sintesi una nuova categoria intermedia per le biotecnologie agricole, frutto della ricerca genetica vegetale più avanzata, a metà strada tra gli Ogm e le piante “normali”, definizione di cui si discuterà nel lungo iter decisionale che la attende, senza far riferimento ai passaggi successivi della trasformazione. Questo dovrebbe comunque consentire, secondo gli esperti, di colmare un vuoto normativo riempito da una sentenza della Corte di giustizia europea del 2018 che, in assenza di una regolamentazione specifica, ha equiparato dal punto di vista giuridico le Tea agli Ogm, estendendo quindi i divieti in vigore in Europa sulla base della direttiva del 2001.
Sulle Tea l’Italia ha fatto da apripista con il via libera alla sperimentazione in campo inserita nel Dl siccità dopo gli ottimi risultati della ricerca (pubblica) in laboratorio ottenuti in particolare nei comparti dei cereali (frumento e riso), della vite, del pomodoro, del melo e degli agrumi con varietà più resistenti alle malattie e con minor fabbisogno idrico. Un passaggio che, parole del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, «mette fine a un lungo periodo di oscurantismo tecnologico. Gli agricoltori sono vittime della crisi climatica, scienza e ricerca applicata sono la chiave per garantire la sicurezza alimentare. In Italia produciamo il 75% di quello che mangiamo: il 100% è a portata di mano e significherebbe altri 70 miliardi di Pil. La sovranità alimentare va intesa nel senso della sicurezza e salubrità degli approvvigionamenti di cibo».
Un problema al quale la riforma europea non fa cenno è legato al fatto che l’origine delle varietà ottenute con le nuove tecniche genomiche non si può provare a posteriori: la nuova varietà va dichiarata al momento dell’iscrizione al registro varietale (Cpvo) come avviene da 60 anni; altra cosa sarebbe tracciare il prodotto nelle fasi successive alla raccolta (come avviene ora per gli Ogm, ma non è tecnicamente possibile per le Tea). Alcuni enti di ricerca intanto starebbero valutando di presentare domanda secondo l’iter previsto nel Dl per avviare la sperimentazione in campo delle prime varietà.
«In Italia qualcosa si sta muovendo», conferma Luigi Cattivelli, direttore del centro ricerche genomiche del Crea e autore del dossier sulle nuove biotecnologie. Il vero tema però è legato agli investimenti: «L’apertura normativa alle biotecnologie – spiega – dev’essere accompagnata da significativi investimenti pubblici e privati, la cui assenza vanificherebbe tutto quello che è stato fatto finora. Questo vale sia per la sperimentazione che per la commercializzazione: nel momento in cui apri un nuovo mercato, se non investi, altri Paesi lo faranno. Le Tea sono uno strumento, ce ne sono altri che sono già stati occupati: oggi la varietà di frumento duro più commercializzata in Italia è prodotta da una ditta francese. Si parla tanto di Made in Italy ma se apriamo un nuovo mercato senza investire questo sarà terra di conquista. In Europa gli investimenti restano legati alle scelte dei singoli Paesi. In Germania si sta già facendo tanto nella ricerca a livello sia pubblico che privato; l’Olanda da sempre ha investito sulla genetica». L’emergenza climatica impone un cambio di passo anche all’Italia.
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