L’export cala? Non per i formaggi: negli ultimi tre mesi è cresciuto del 3,9%
Assolatte: continua il boom delle esportazioni a volume. È il settore con il miglior risultato di tutto l’agroalimentare
di Micaela Cappellini
3' di lettura
Il made in Italy dà i primi segnali di crollo delle esportazioni? Non i formaggi. Che non solo incassano un saldo positivo delle vendite all’estero a volume - e non a valore - del 3,9% per i primi tre mesi del 2023. Ma con 100mila tonnellate di prodotto in più mettono a segno una crescita dell’export che, in soli due anni, ha sfiorato il 6%. Non c’è comparto alimentare che abbia saputo fare meglio.
Con questi dati positivi si apre questa mattina a Milano la 78esima assemblea di Assolatte, l’associazione che riunisce circa 1.500 imprese di un comparto, quello lattiero caseario, che vale 18 miliardi di euro di fatturato. Cinque di questi miliardi provengono proprio dai mercati esteri dove la domanda di formaggi italiani, nonostante l’aumento dei prezzi, continua a crescere. «La mozzarella è tra i prodotti che stanno registrando i risultati più importanti - dice il presidente Paolo Zanetti - oggi è il formaggio più esportato, ne mandiamo all’estero 137mila tonnellate, più o meno il 35% della produzione annuale, e negli ultimi due anni ha visto crescere l’export del 28%». Il mascarpone ha conosciuto un vero e proprio boom del 52%: merito dei mercati asiatici, dove il tiramisù è diventato uno dei dolci più popolari e il mascarpone ne è un ingrediente alquanto essenziale.
Ai consumatori esteri piace anche la burrata, che sulle piazze lontane arriva in aereo per rimanere fresca, le cui esportazioni negli ultimi due anni sono aumentate del 16%. «Il Grana padano e il Parmigiano reggiano restano due evergreen è sono cresciuti del 10% - ricorda Zanetti - ma ancora meglio hanno fatto le loro versioni grattugiate, la cui vendita ha registrato un aumento del 23%». Ad assorbire circa l’80% delle nostre esportazioni sono i Paesi europei. Il primo per acquisti si conferma la Francia, dove esportiamo 128mila tonnellate di formaggi all'anno: di fatto, un chilo su cinque che lasciano l’Italia è destinato al mercato francese. L’altra piazza chiave è quella degli Stati Uniti: «Qui siamo indiscussi leader del mercato d’importazione - ricorda Zanetti - dall’Italia spediamo 36mila tonnellate di formaggi».
Ogni giorno, in Italia le imprese della trasformazione raccolgono qualcosa come 39 milioni di litri di latte dalle stalle. «Per rispondere al grido di allarme degli allevatori in difficoltà per i costi agricoli impazziti - spiega Zanetti - nel 2022 abbiamo garantito loro un prezzo del latte del 31% superiore a quello dell’anno precedente. Alla fine del 2022 il prezzo era il 45% più alto di quello di gennaio». Come per altri settori del made in Italy, tra gli imprenditori lattiero-caseari la preoccupazione per gli alti costi di produzione non è mai cessata: «Gas ed energia - ricorda Zanetti - lo scorso anno sono costati in media il 150% di più del 2021. Alcune bollette le abbiamo pagate sei volte più care di quelle dell’anno precedente. Ma il problema è che anche oggi siamo su valori superiori a quelli di due anni fa. Per carta e cartone, invece, paghiamo fatture del 60% superiori a quelle del 2021». Come se non bastasse, si è aggiunta l’escalation dei tassi di interesse: «Nel giro di un anno il tasso della Banca centrale europea, dopo gli aumenti degli ultimi giorni, è cresciuto del 700%, con effetti dirompenti su prestiti e mutui».
Conseguentemente con l’aumento dei costi, anche i prezzi di vendita di formaggi e latticini sono cresciuti: «Si tratta di aumenti percentualmente importanti - ammette Zanetti - ma lo abbiamo fatto in maniera graduale e sono comunque stati inferiori agli incrementi di costo sopportati. Per fare rifornimento dei nostri prodotti gli italiani spendono poco più di ottanta centesimi al giorno - si giustifica Zanetti - gli aumenti che abbiamo dovuto trasferire hanno quindi inciso in modo irrisorio sulla capacità di spesa delle famiglie». Secondo i dati di Assolatte, solo il 2% della spesa mensile degli italiani è dedicata all'acquisto di latte, burro, formaggi e yogurt. «Sappiamo bene che i problemi principali sono a carico delle famiglie meno abbienti, per le quali la spesa alimentare incide in modo determinante sul bilancio familiare - dice Zanetti - ma agli aumenti non c’erano alternative. Il boom dei costi ha messo a rischio la tenuta del sistema latte nazionale. E comunque, sono altre le voci che hanno colpito davvero le tasche degli italiani».
loading...