L’Fmi migliora le stime per l’economia globale, ma taglia di oltre due punti quelle per l’Italia nel 2021
Meno brusco il calo nel 2020 e spiragli per il prossimo anno. La seconda ondata del virus frena l’Eurozona
di Gianluca Di Donfrancesco
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In un contesto dominato dall’incertezza, il Fondo monetario internazionale alza le stime sull’economia mondiale, sia per il 2020, che per il 2021. La correzione, spiega la capoeconomista Gita Gopinath, «riflette gli effetti positivi dell’inizio delle vaccinazioni» e le misure di sostegno varate soprattutto negli Stati Uniti e in Giappone alla fine dello scorso anno. A queste ragioni di ottimismo, si contrappongono le incognite legate all’efficacia e alla rapidità delle campagne di vaccinazione, alle nuove ondate di infezioni e alle possibili varianti del Covid-19. Che pesano soprattutto su Eurozona e Italia.
Un quadro meno cupo
La contrazione dell’economia globale nel 2020 si fermerà al 3,5%, quasi un punto percentuale in meno rispetto al crollo stimato a ottobre (-4,4%). Nell’aggiornamento del World Economic Outlook, diffuso martedì 26 gennaio, l’Fmi soprattutto prevede che l’economia globale torni a crescere del 5,5% nel 2021, lo 0,3% in più rispetto alle stime di ottobre, per poi assestarsi al 4,2% nel 2022. Con la ripresa dell’attività economica, dovrebbe ripartire anche il commercio, che si stima crescerà circa dell’8% nel 2021. Secondo i più recenti dati della Wto, il commercio era in calo dell’8% nei primi 9 mesi del 2020.
Per ritornare ai livelli pre pandemia, ci vorrà però tempo: anche con la ripresa, gli output gap non dovrebbero chiudersi fino a dopo il 2022. L’inflazione resterà pertanto molto bassa, al di sotto dei target fissati dalle banche centrali nelle economie avanzate (attorno all’1,5%) e sotto la media storica nei mercati emergenti (poco più del 4%).
La crisi innescata dal Covid lascerà cicatrici profonde: spingerà 90 milioni di persone in condizioni di povertà estrema nel 2020-21 e costerà al Pil mondiale 22mila miliardi di dollari tra il 2020-25. Il peso, ricorda l’Fmi, ricade in misura sproporzionata su lavoratori meno qualificati, donne, giovani, addetti nei settori che necessitano di presenza fisica (come il turismo) e nell’economia informale.
Pechino fa gara a sé
La Cina, già ripartita alla fine del 2020 (+6,5% il Pil nel quarto trimestre), fa storia a sé. Malgrado la pandemia, cominciata da Wuhan un anno fa, malgrado le tensioni a tutto campo con l’America di Trump, la Cina sarà l’unica grande economia a salvarsi dalla recessione nel 2020, con una crescita stimata al 2,3% dall’Fmi e una accelerazione all’8,1% quest’anno. Diversi studi prevedono anzi che, proprio a causa dei danni causati agli Usa dal Covid-19, la Cina possa superare il grande rivale come prima economia al mondo con due anni di anticipo rispetto al previsto: nel 2028, secondo Nomura Holdings e il Centre for Economics and Business Research, nel 2030, secondo Euler Hermes.
Alla fine del 2022, secondo l’Fmi, la Cina potrebbe lasciare sul terreno circa l’1,5% del Pil, rispetto alla traiettoria di crescita pre-Covid. Analoga la perdita degli Usa, mentre per l’Eurozona si stima quasi il 4%.
L’Eurozona fatica
Per le altre grandi economie, la ripartenza sarà più lenta. Secondo l’Fmi, Stati Uniti e Giappone torneranno ai livelli di attività di fine 2019 nella seconda metà del 2021, mentre Eurozona e Regno Unito riemergeranno nel 2022.
Gli Usa limitano i danni nel 2020, con una contrazione del 3,4% (rispetto al 4,3% stimato a ottobre), per rimbalzare al 5,1% quest’anno, 2 punti in più rispetto a ottobre, grazie alla ripresa nella seconda metà dell’anno e alle misure di sostegno varate a dicembre. Alle quali ora si sommerà il piano economico dell’Amministrazione Biden. Le stime preliminari mostrano che il pacchetto da 1.900 miliardi di dollari potrebbe far salire il Pil del 5% nei prossimi tre anni, secondo Gopinath, con una spinta dell’1,25% già nel 2021.
Per il Giappone, l’Fmi stima una flessione del Pil del 5,1% nel 2020, seguita da una crescita del 3,1% nel 2021 (+0,8%), anche in questo caso grazie alla spinta garantita dalle misure di fine anno.
Di segno diverso le previsioni per l’Eurozona. Anche il blocco della moneta unica può chiudere il 2020 meno peggio del previsto, con un calo del Pil del 7,2%, contro il -8,3% stimato a ottobre. Le buone notizie, però, finiscono qui. Quest’anno la ripresa si fermerà al 4,2%, meno del 5,2% previsto tre mesi fa. Tra ritorno dei contagi e lockdown, spiega l’Fmi, l’attività economica si è indebolita alla fine del 2020, con effetti che si trascineranno nel 2021. Molte aspettative sono ovviamente riposte, anche dall’Fmi, sul programma Next Generation EU.
Per l’Italia, la contrazione nel 2020 sarà del 9,2% secondo l’Fmi, in linea con le previsioni del Governo e meglio di quanto stimato a ottobre (-10,6%). Un crollo comunque pronunciato, al quale farà seguito un rimbalzo relativamente modesto, con una crescita limitata al 3% nel 2021, contro il 5,2% che il Fondo aveva stimato tre mesi fa (e resterà da vedere quale sarà l’impatto delle fibrillazioni politiche in corso).
Per la Germania, le previsioni aggiornate indicano un calo del Pil del 5,4% nel 2020, seguito da una crescita del 3,5% quest’anno.
Il Regno Unito, alle prese con pandemia e Brexit, chiuderà il 2020 con un crollo del Pil del 10%, seguito da un rimbalzo del 4,5%, contro il 5,9% stimato a ottobre.
Tra i Paesi emergenti, l’India registra un forte calo nel 2020 (-8%), con la prospettiva di accelerare all’11,5% nel 2021.
L’Fmi prevede che più di 150 Paesi avranno nel 2021 un reddito procapite inferiore a quello del 2019. Per circa 110 Paesi, questo sarà vero anche nel 2022.
Accompagnare la convalescenza
L’«eccezionale incertezza» che accompagna le speranze di ripresa spinge l’Fmi a ribadire l’appello a proseguire le politiche di sostegno che finora hanno ammortizzato l’impatto della crisi.
Buone notizie sul fronte dei vaccini possono portare a un recupero della fiducia e a un’accelerazione dell’attività economica, è ovvio. Al contrario, nuove ondate di infezioni, varianti del Covid e ritardi nelle campagne di vaccinazione possono compromettere la ripresa. Di conseguenza, scrive Gopinath, dovrebbero essere confermati gli interventi economici a sostegno di famiglie e imprese dove il virus è ancora attivo, per garantire mezzi di sussistenza agli individui ed evitare il fallimento di aziende altrimenti redditizie.
Allo stesso modo, va garantita stabilità finanziaria, attraverso politiche monetarie
accomodanti, facendo attenzione a contenere il rischio intrinseco ai bassissimi livelli dei tassi di interesse. Bisogna, insomma, prepararsi ad affrontare l’aumento dei fallimenti che si verificheranno quando le misure straordinarie adottate durante la pandemia saranno ritirate. Con le conseguenti difficoltà per sistemi bancari già fragili.
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