L’Ifo delude ancora. Ora la Germania rischia la recessione al 40% (ma i mercati lo ignorano)
di Maximilian Cellino
2' di lettura
I mercati sembrano volerlo ignorare e continuano oggi a salire incuranti delle brutte notizie in arrivo dal versante economico, confidando magari in una Banca centrale europea di nuovo generosa già a partire dalla riunione di giovedì prossimo. L’ennesimo dato negativo pubblicato oggi in Germania, dove l’indice Ifo sul clima fra le imprese è sceso per il sesto mese consecutivo, rappresenta un piccolo passo in avanti (o indietro) verso quella che potrebbe essere una dolorosa recessione, evento che adesso - secondo gli analisti di UniCredit - ha quasi il 40% di probabilità di verificarsi.
Vicini alla soglia critica del 50%
Il «casus belli» di oggi è appunto l’indice pubblicato dall’istituto Ifo, storicamente uno dei più affidabili e seguiti in Germania, che nel mese di febbraio ha continuato la sua discesa scivolando a 98,5 punti (peggio delle attese) raggiungendo i minimi dal 2014: un livello che, secondo il direttore
Clemens Fuest, preannuncia una crescita appena dello 0,2% nel primo trimestre del 2019. È però sulla componente delle aspettative che UniCredit concentra la propria attenzione: questa è scesa a 93,8 punti, minimi da 4 anni e un valore in base al quale i modelli sviluppati dagli analisti indicano una probabilità del 38% di recessione. «La soglia critica del 50% verrebbe superata se le aspettative scendessero leggermente al di sotto di 92, siamo quindi molto vicini», avverte Andreas Rees, capoeconomista per la Germania di UniCredit.
L’esperienza degli ultimi 40 anni: mai dire mai
Altri indicatori simili proiettano le possibilità di frenata economica poco al di sotto, ma comunque a un livello significativo del 35% e tornando all’Ifo non si può non notare che guardando ai cicli degli ultimi 40 anni la lunghezza media tra il picco e la recessione siamo stato di circa 12 mesi e il calo medio subito dall’indice di circa 10 punti. Adesso siamo ancora a metà del guado per le tempistiche e a 7,5 punti di distanza dal massimo (104,9 punti registrati nel novembre 2017), quindi la recessione non è automatica, ma non siamo certo già fuori dai guai. «Mai dire mai», avverte Rees. Del resto con Brexit, tensioni politiche e soprattutto commerciali l’orizzonte non è proprio sgombro da nubi.
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