L’immunoterapia del cancro: dai vaccini a mRna ai big data
All'International Cancer Immunotherapy Conference di Milano focus sull'intelligenza artificiale e al suo impiego nel comprendere i segnali che mettono fuori gioco il sistema immunitario
di Francesca Cerati
3' di lettura
Sono più di 40 i vaccini terapeutici anti-cancro a mRna in sperimentazione clinica nel mondo. E l’anno prossimo quello sviluppato da Moderna per il melanoma sarà il primo a entrare in fase 3. A oggi, i risultati ottenuti da questo vaccino (mRna-4157/V940) in combinazione con un antitumorale (l’anticorpo monoclonale pembrolizumab) hanno permesso di ottenere la designazione di terapia rivoluzionaria da parte della Food and Drug Administration (Fda), procedura che consente di accelerare le future revisioni degli studi in programma nel 2024.
Come il vaccino Covid-19, i vaccini antitumorali a mRna sono progettati per insegnare al sistema immunitario a riconoscere le cellule tumorali come diverse dalle cellule normali.
«Questi vaccini permettono di superare quello che è stato l’ostacolo maggiore degli anti-tumorali, cioè il fatto che ci mancavano quelle caratteristiche specifiche delle cellule cancerogene verso cui dirigere un farmaco o la risposta immunitaria» spiega Pier Francesco Ferrucci, direttore dell’Unità di Bioterapia dei tumori all’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) e presidente del Network italiano per la Bioterapia dei tumori (Nibit), una delle società scientifiche organizzatrici del Cicon23, International Cancer Immunotherapy Conference, in programma a Milano dal 20 al 23 settembre e che vedrà la partecipazione di oltre mille tra clinici, ricercatori, rappresentanti di associazioni e del biotech provenienti da tutti i continenti e a cui parteciperà anche il premio Nobel Jim Allison, padre dell’immunoterapia oncologica.
«Per i vaccini anti-cancro si utilizzano mRna sintetici progettati per “istruire” il sistema immunitario a riconoscere una proteina chiamata “neoantigene”, che è espressione di una mutazione genetica avvenuta nella cellula malata. Si tratta di una specie di “impronta digitale” specifica e personale, presente nelle cellule tumorali di quel paziente - continua Ferrucci - I vaccini antitumorali a mRna personalizzati sono quindi progettati su misura con lo scopo di innescare il sistema immunitario a uccidere selettivamente ed esclusivamente le cellule tumorali in quel paziente e nei pazienti in cui i tumori esprimono la stessa mutazione».
Il convegno, giunto alla settima edizione, è un’occasione per confrontarsi non solo sui vaccini anti-cancro, ma anche sui meccanismi di immunoresistenza e l'uso delle tecnologie per rendere le nuove terapie più efficaci per un numero sempre maggiore di pazienti.
«Grazie alle nuove tecnologie è possibile studiare il microambiente tumorale a livello di singola cellula e la loro localizzazione nel tessuto, così da generare una carta d'identità del tumore stesso - sottolinea Paola Nisticò, responsabile dell'Unità di Immunologia e Immunoterapia dei tumori all'Istituto nazionale tumori Regina Elena e membro del direttivo Nibit - La cellula tumorale vive in un tessuto e “convive” con una serie di cellule, anche sane, che può “corrompere”. C’è, insomma, una continua reciprocità di comunicazione tra tutte le cellule che costituiscono il microambiente tumorale, che noi definiamo ecosistema, che non è però unico, ma ha delle particolari firme. Con le nuove tecnologie oltre a individuare i “profiling spaziali” - cioè una sorta di gps che ci dice come le cellule sono localizzate in un tessuto - rivelano anche quanto quelle vicine le une alle altre interagiscano e attivino una serie di segnali in grado di favorire la cellula tumorale e mettere fuori gioco il sistema immunitario. Questo è fondamentale anche per capire il fenomeno della immunoresistenza, ovvero se e quanto sia dettata dalla spazialità delle cellule che comunicano tra loro, se dipende dalla scelta della cellula partner, se ci sono binari o facilitazioni per cui le cellule stanno a contatto tra loro. Questo tipo di ricerca ci permette anche di capire come le cellule del sistema immunitario si localizzano e si organizzano insieme per riuscire a rispondere meglio al tumore».
E qui entra in gioco anche l’intelligenza artificiale. «Ogni singola cellula ha innumerevoli di geni e proteine e le analisi con le nuove tecnologie generano milioni di dati che lintelligenza artificiale è in grado di elaborare. Grazie a questi algoritmi potremo capire se questi gruppi di geni e proteine corrispondono a un particolare contesto tumorale e individuare i percorsi per mettere fuori gioco le cellule tumorali e avvantaggiare il sistema immunitario».
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