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L’impatto sulla salute del 5G: uno studio europeo per valutarlo

Ricerca sugli effetti dell’esposizione ai campi elettromagnetici rispetto agli standard precedenti. Per l’Italia partecipa Enea

di Davide Madeddu

Afp

3' di lettura

Uno studio per valutare eventuali impatti generati da campi elettromagnetici riconducibili al 5G e trovare soluzioni per evitare problemi consentendo quindi l'utilizzo della nuova tecnologia. A portare avanti questa iniziativa, che rientra nell'ambito del progetto Ue SEAWave, finanziato con un budget di oltre 7 milioni di euro, è l'agenzia di ricerca Enea con un consorzio di 16 partner.

Sia chiaro, nessun allarmismo, ma un modo per individuare eventuali criticità da corregggere. «In questo progetto contribuiremo a sviluppare nuovi sistemi hi-tech che ci consentiranno esposizioni controllate e riproducibili alle emissioni elettromagnetiche della rete 5G - spiega Mariateresa Mancuso, responsabile del Laboratorio Enea Tecnologie biomediche e coordinatrice del progetto per l'Agenzia -. In questo modo, saremo in grado di testare i potenziali rischi correlati a un'esposizione cronica alla nuova banda di frequenza per i tessuti bersaglio, in particolare quello cutaneo».

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L'iniziativa va in continuità con le attività già svolte precedentemente dai ricercatori: «Nei nostri laboratori sono stati già condotti in passato studi sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici associati alle precedenti tecnologie di telefonia mobile 2G, 3G e 4G- prosegue la ricercatrice -; in particolare, la ricerca Enea si è concentrata sul sistema immunitario, nervoso, ematopoietico, uditivo e nella cancerogenesi. Ma in tutti i casi, non sono stati evidenziati risultati significativamente diversi rispetto ai gruppi sperimentali non esposti».

Il progetto, coordinato dall'Università Aristotele di Salonicco (Grecia), nei tre anni di attività «punterà» a identificare le differenze nei modelli di esposizione tra le reti 2G, 3G e 4G rispetto al 5G per l'intera popolazione, compresi i bambini e i lavoratori. Inoltre, fornirà gli strumenti tecnologici necessari per una valutazione affidabile dell'esposizione e per contribuire alla conoscenza scientifica sul rischio per la salute umana da esposizione alle onde millimetriche.

Punto di partenza della ricerca l'utilizzo dello spettro di frequenza del 5G suddiviso in tre bande di frequenza. Ossia quella compresa tra i 694 e i 790 MHz (detta Banda 700 MHz) che garantisce la migliore efficacia nella penetrazione del segnale all'interno degli edifici; quella intermedia tra i 3,6 e i 3,8 GHz (definita Banda 3,7 GHz), e quella compresa tra i 26,5 e i 27,5 GHz (denominata Banda 26 GHz).

Quest'ultima, come sottolineano all'Enea, rientra nella definizione delle «cosiddette onde millimetriche, che consentiranno il trasferimento rapido ed efficiente di grandi quantità di dati» ma avranno necessità di una rete più diffusa, soprattutto in quei luoghi dove è previsto un grande utilizzo come aeroporti, stazioni e centri commerciali.

«I chiari vantaggi offerti da questa nuova tecnologia basata sulle onde millimetriche e l'impatto sull'economia mondiale sono ormai indiscussi - conclude -. Bisogna considerare, però, che è la prima volta che le frequenze nella banda del 5G vengono impiegate per la connessione di dispositivi palmari, utilizzabili in prossimità del corpo o addirittura indossabili. Quindi, risulta quanto mai necessaria una corretta valutazione del rischio sulla salute - basata completamente sull'evidenza scientifica - per verificare eventuali rischi per l'uomo».

Anche perché la tecnologia 5G, oltre all'impiego nell'ambito della telefonia mobile, viene considerata fondamentale per l'utilizzo di “nuove e rivoluzionarie applicazioni” in un panorama che passa dalla telechirurgia all'interne delle cose, continuando con le auto a guida autonoma o il controllo dei droni. E poi l'intelligenza artificiale, il cloud computing e la realtà virtuale.

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