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L’incanto infinito dei libri animati

di Stefano Biolchini

4' di lettura

Un attempato signore inglese, con tanto di papillon e gilet giallo, e con un simpatico nasone all’insù illustra giocoso in ritaglio le rime sottostanti per i più piccoli. “A very strange sight now comes into view...”. Uno spettacolo davvero strano doveva apparire ai fortunati bimbi di inizio ’900 che con l’avviso del “don’t take alarm” si apprestavano a leggere e giocare con un libro. Perché, se pensate che i Pop-up siano a pieno titolo solo e soltanto una creazione da WWW vi sbagliate, eccome, poiché il termine compare per la prima volta proprio fin dal 1912 anno di uscita di “The Pop-Up Book, with Original Rhymes and Drawings”, (Harborne, 1912-14), ad illustrare il nostro simpatico signor-nasone che troneggia sulla pagina nella colorata figura di carta che per la gioia dei lettori in erba si solleva mediante un elastico.

La mostra “Pop-App. Scienza, arte e gioco nella storia dei libri animati dalla carta alle app” illustra in maniera raffinata e perfino stupefacente il legame tra i libri animati dei secoli scorsi e le moderne tecnologie e applicazioni digitali (Torino, Palazzo Barolo – Musli, Via Corte d'Appello 20/c, dal 9 maggio al 30 giugno).

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La meravigliosa arte dei libri per bambini

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Una esposizione che per il visitatore si trasforma in un vero e proprio tuffo onirico fra ricordi di carta, figurine, ritagli, peep show, meravigliosi diorami teatrali, parigini Guignol. La lanterna proustiana, con le sue descrizioni sognanti, qui prende vita e si anima in una”Recherche” che per il curatore Pompeo Vigliani è durata un’intera vita di sapiente collezione e di viaggi, e per chi ha la fortuna di visitarla, in un sapiente gioco di volvelle e dischi rotanti e flap e fondali e paesaggi (le Jeu des fables del 1818 dedicati alle Favole di Lafontaine sono eccezionali) che nulla hanno perso dell’iniziale carica di mistero giocoso e che si trasformano in un vero incanto. Intendiamoci, questa è una mostra per grandi e i piccini, che ha però nel rigore filologico l’essenza, e in una giocosità colorata e nostalgica, l’estetica più affascinante.

In principio, quando il 1700 correva a metà del secolo, furono i libri metamorfici a trasformazione per l’ istruzione religiosa a presentare parti mobili ripiegate che si potevano sollevare. Da li in avanti arrivarono in Inghilterra le Harlequinades, incentrate sui personaggi della commedia dell’Arte, a segnare il passaggio dalla cultura popolare a quella dell’infanzia. La famosa Little Fanny del 1810 crea un genere intramontabile, quello delle bambole da vestire che utilizzano l’animazione del flap. Le Livre Joujou di Jean-Pierre Brès del 1831 è il primo a utilizzare il sistema di leveraggi per modificare la forma dei personaggi e far comparire e sparire magicamente oggetti o costruzioni. In questo regno della didattico-ludica l’italiano Alfabeto Geografico del 1845-46 è dedicato al gioco delle bambole e alla divulgazione musicale. Insegnanti e maestri d’Ottocento non trascuravano nulla pur di attrarre l’attenzione dei loro allievi che in The Realm of The queen of Flowers, Rational Entertainment vengono perfino introdotti all’arte della composizione botanica. Se a partire dagli anni 70 dell’Ottocento l’interesse per i libri animati convince gli editori milanesi più attenti alle illustrazioni per l’infanzia, Hoepli e Vallardi, sono i tedeschi Meggendorfer a prevalere sul genere.

Come spiega il curatore della mostra torinese “l'iniziativa fa parte del progetto Pop-App. Scienza, arte e gioco nella storia dei libri animati dalla carta alle app” che vede coinvolti l'Università La Sapienza di Roma (che nello stesso periodo organizza una mostra parallela presso l'Istituto Centrale per la Grafica della capitale) e la Fondazione Tancredi di Barolo, di Torino”. “Entrambe le mostre – precisa poi Pompeo Valiani, che è anche presidente della Fondazione Tancredi di Barolo - illustrano la storia dei dispositivi e degli elementi di carta mobili, dal libro antico (libri di astronomia, astrologia, medicina, architettura, geometria) ai libri di carattere ludico-didattico dell'Otto-Novecento destinati all'infanzia, sottolineandone i legami con le moderne tecnologie digitali. Ogni mostra ha però una specifica caratteristica: quella di Roma intende soprattutto illustrare la storia del libro animato antico e del suo utilizzo nel settore scientifico; quella di Torino è più aperta alle implicazioni moderne e alla rappresentazione delle diverse espressioni dell'inventiva cartotecnica”.

La mostra di Torino in otto sale espone 250 volumi e giochi, in gran parte provenienti dall' Archivio della Fondazione.

Tra le rarità in mostra si segnalano del 1890 il primo libro prodotto in Italia: Gioppino in cerca di fortuna (ed. Treves) che mette in movimento le figure, litografate a colori, con un sistema a leveraggi. Negli anni diventa sempre più numerosa la produzione nazionale, con la straordinaria fioritura di esemplari disegnati da noti artisti ma anche con il diffondersi di edizioni popolari. Tra i tanti testi in mostra, di particolare valore sono gli album animati in copia unica, colorati a mano e con movimenti a leveraggi, realizzati da Luisella Terzi e ispirati a quattro dei più noti libri per bambini di Zia Mariù, la scrittrice Paola Lombroso Carrara, nota anche per aver ideato le piccole biblioteche per le scuole elementari dei paesi.

In una rassegna così attenta dedicata ai libri per bambini non possono ovviamente mancare le edizioni animate di Pinocchio: la prima, basata su un sistema a leveraggi, è pubblicata da Bemporad nel 1922 e presenta tavole di Attilio Mussino. Vent'anni dopo, ancora con la collaborazione di Mussino, è la volta di un volume dell'editore Franceschini, con illustrazioni in rilievo e tavole animate a leveraggi, che sarà ristampato sino agli anni '50. Sono esposte tutte le edizioni e alcuni disegni originali di Mussino.

Pop-App. Scienza, arte e gioco nella storia dei libri animati dalla carta alle app è aperta fino al 30 giugno

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