scrittori e scritture

L’inchiostro visibile

Il metodo Houellebecq, spiegato dal “Cahier” che gli ha dedicato la Nave di Teseo. Ovvero, la figura di uno scrittore la cui sparizione è ogni volta smentita da una presenza. Obiettivo: restare vivi

di Giacomo Giossi

4' di lettura

Gli scrittori non dovrebbero mai essere riconoscibili: «Inchiodato alla mia fisicità, alla mia faccia», dice di se stesso Italo Calvino durante le riprese di un'intervista televisiva svoltasi a Parigi, in casa sua nel 1974. E aggiunge ancora: «Agli scrittori essere visti di persona non giova».

Per Calvino l'invisibilità è lo spazio necessario per la scrittura dentro al quale è possibile immaginare mondi impossibili, altri; e, soprattutto, è possibile farli immaginare ai propri lettori senza l'orpello di una presenza fisica deludente o comunque limitante. Anche se Italo Calvino è pienamente uno scrittore del Novecento, certamente le sue opere superano i limiti di quel secolo: ma non il suo corpo, che resta ancorato a un'umanità in ogni caso svelata per la prima volta dalla cinepresa. Si ritrovano in lui come anche in altri scrittori della sua epoca tic famigliari, riferibili più al nonno o allo zio che alla mitologia di un intellettuale capace di sfidare la fantasia e il potere.

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Quarantadue anni dopo, nel 2016, due uomini alquanto malconci, Iggy Pop e Michel Houellebecq, dialogano su come sia possibile da sopravvissuti restare vivi. To Stay Alive: A Method è un documentario straziante, che nulla concede all'ironia come all'immaginazione. I corpi, le voci e gli spazi sempre più ristretti definiscono un soffocamento dentro al quale il sogno di una sparizione e dell'invisibilità è abbandonato per sempre. Da una parte una rockstar capace di sopravvivere al suo stesso mondo replicandolo e tradendolo all'infinito, dall'altra uno scrittore che pare carta velina, precocemente invecchiato, privo di fascino eppure capace di una forza letteraria all'altezza della storia della letteratura. Il corpo e l'intelletto, qui rappresentato dal metodo scritto da Houellebecq e recitato da Iggy Pop, si intrecciano e rendono continuamente sfuocata e imprendibile l'immagine dello scrittore. L'invisibilità non è più contemplabile e Houellebecq è riconoscibile quasi quanto Iggy Pop: l'ambiguità resta così, insieme all'incertezza, la chiave possibile, forse l'unica, di una sparizione in presenza. Non esserci perché si è.

La vita e la carriera di Michel Houellebecq sono attraversate da un metodo che non contempla soltanto il restare vivi, ma anche la sparizione in forma di serie. Sparire nella vita come nei romanzi per esserci non per apparire, quello sarebbe banale. Sparire per partecipare e restituire nuovamente densità ai libri come alla vita: Houellebecq supera così il congegno della contraddizione manomettendolo attraverso la sparizione a sua volta smentita da una presenza. Un metodo che ne fa uno degli scrittori più amati (che è uguale a dire odiati) e conosciuti al mondo.

La casa editrice L'Herne ha così deciso di dedicare nel 2017 uno dei suoi noti Cahier proprio a Michel Houellebecq (il volume è ora stato meritoriamente tradotto in Italia da La Nave di Teseo, grazie alla cura di Fabrizio Ascari), portandolo nella cerchia di quel centinaio di autori e artisti tra cui si annoverano Maurice Blanchot come Pablo Picasso, Walter Benjamin come Jean Cocteau, Albert Camus come Georges Perec. Peraltro, va specificato che L'Herne ha una forma di prestigio diversa, ad esempio, da quello della Bibliothèque de la Pléiade di Gallimard che preannuncia se non la morte una certa polvere (anche più di un Oscar alla carriera). L'Herne invece determina quasi più una tipicità – non allinea, ma espone l'autore ridefinendolo nelle sue spesso infinite sfaccettature. E, nell'edizione italiana, ha fatto bene La Nave di Teseo a scegliere come copertina la dissacrante (ma non troppo) fotografia di Renaud Monfourny, in cui Houellebecq appare quasi sorpreso, con una sigaretta in bocca e un sacchetto della spesa del suo amato supermercato Monoprix sotto al braccio. Lo sguardo dello scrittore è di sfida e di leggera ironia, e contrasta con la posa buffa che lo vede impigliato nella quotidianità più spiccia.

Cahier è tradotto in Italia da La Nave di Teseo, grazie alla cura di Fabrizio Ascari

Michel Houellebecq

Il volume, godibile e di grosso formato, avanza così per saggi che non sono – o almeno non sono soltanto – analisi critiche, ma rappresentano un tentativo continuo di fermare e di identificare l'autore, dall'infanzia alla scuola e poi fino alla maturità e all'esplosione artistica. Una vera e propria sorta di esaurimento di un autore francese – nel senso di un profilo, esauriente, esaustivo, completo, definitivo. È un tentativo che chiaramente va a vuoto, ma che, proprio in virtù di questo suo movimento fallimentare, illumina la scrittura e il profilo di uno scrittore tanto ovvio quanto sfuggente, tanto capace di prevedere i nostri tempi quanto di saperli semplicemente osservare. E così i testi che compongono il volume si pongono più che altro domande su Houellebecq, e tentano di scrutarne lo sguardo e la direzione più che di definirla o inquadrarla.

Il Cahier Houellebecq non va letto di fila, non va letto nemmeno tutto, ma va spiato in continuazione; la sua dimensione da quaderno e la sua struttura in brossura e carta porosa favoriscono lo sfoglio continuo, come una rivista, come uno scioglimento dentro cui infilare gli occhi per leggere e portare via, traendo in salvo intuizioni che possono subito essere smentite e tradite dall'autore stesso.

Costruito attraverso cinque capitoli – a loro volta formati da paragrafi contenenti saggi, lettere, scritti – il volume aderisce all'idea sfuggente dell'autore protagonista diventando così un'opera houellebecquiana frutto dello stesso specchiarsi dello scrittore, seppure i testi non siano scritti, se non in minima parte, da Houellebecq. Ed è forse nell'epistolario con Teresa Cremisi che si cristallizza al meglio l'identità di un autore come Houellebecq che deve sì la sua fama alle sue sparizioni, ma la sua vita e con lei i suoi romanzi ai suoi ritorni. Così Michel Houellebecq Cahier è un vero e proprio Baedeker di un tempo sfuggente in cui essere scrittori, lettori o semplici (e sempliciotti) appariscenti non fa più grande differenza, salvo a uno sguardo più attento dettato dalla necessità e dal bisogno ancora oggi di restare vivi.

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