L’incognita di una transizione senza Regole
di Mario Cianflone
2' di lettura
Più software e meno hardware per l’auto. Potrebbe essere questo lo slogan del 2022, un anno che si sta aprendo, dal punto di vista automobilistico sotto molte incognite e fra queste domina quella del chip shortage, la carenza dei semiconduttori che scollega la domanda dall’offerta facendo perdere quota al mercato che infatti ha ridotto i suoi volumi di quasi un quarto mentre i prezzi salgono sulla spinta di un prodotto poco disponibile se non nelle costose varianti elettriche ed ibride. Infatti, nell’era dell’automobile tecnologica stanno sparendo le utilitarie, le macchine per tutti, quelle che abilitano la mobilità di chi lavora e vive. E questo sicuramente non è un bene per la democratizzazione dell’auto che lungi dal diventare uno smartphone (è un oggetto infinitamente più complesso) accessibile a tutti rischia invece di diventare un bene per i pochi che possono (ora come ora) permettersi l’elettrica o quella ibrida plug-in. Agli altri, forse, saranno riservate le “favolose” città a 15 minuti e la mobilità dolce, a piedi oppure in bici o in monopattino, magari sotto la pioggia.
La sopravvivenza dell’auto è dunque a rischio. La sua esistenza come strumento di libertà senza limiti e massima mobilità individuale è minacciata da un trasversale partito anti-auto che ha dimostrato di non volere una giusta e sostenibile transizione energetica verso l’elettrico (o altre soluzioni) ma di puntare allo sfratto dell’auto dalle strade. E non solo di quelle termiche ma anche, in futuro, di quelle elettriche. In tal senso, sono eloquenti sia le iniziative di traffic calming in tutte le città sia le dichiarazioni di esponenti delle amministrazioni locali italiane ed europee. Così come sono emblematiche le nuove normative in Francia che limitano la pubblicità di autovetture equiparandola a quella delle sigarette.
Insomma, c’è qualcuno che non vuole solo l’evoluzione dell’auto bensì la sua eliminazione. Intanto l’automobile evolve e si affacciano nuovi attori e sono cinesi. No, non stiamo parlando di Geely o di Saic ma di produttori di smartphone e device come Huawei, Oppo e Xiaomi. E questo sbarco è sicuramente uno dei fenomeni più interessanti dei prossimi anni perché questi marchi devono dimostrare di avere immagine e appeal. Nel mondo degli smartphone le fortune di un produttore si giocano in pochi mesi (si pensi alla Huawei demolita dal bando Usa sul software) o in pochi anni. Nell’automotive è diverso: per costruire reputazione e rispetto occorrono decenni. Questo almeno nell’era dell’auto termica, in quella dell’elettrica le regole sono tutte da scrivere. Forse. E intanto in questa corsa verso l’elettrico a tappe forzate, con infrastrutture limitate e annunci roboanti di stop alla produzione di termiche ci sono i clienti sempre più confusi e inevitabilmente attendisti.
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