L’incontro tra Meloni e Calenda: verso un «patto di via della Scrofa»?
Forza Italia teme di essere sostituita e Pd e M5s accusano i centristi di inciucio, ma dietro le mani tese potrebbe esserci la partita del presidenzialismo
di Emilia Patta
I punti chiave
- Incontro nei prossimi giorni
- La lettura di Renzi: “opposizione costruttiva”
- Il Terzo polo non ha interesse a entrare ora nel perimetro della maggioranza
- Il rapporto tra Meloni e Forza Italia
- Dietro le mani tese la partita del presidenzialismo
- Lo scenario di una riedizione del Patto del Nazareno a parti invertite
4' di lettura
«Questa finanziaria è pericolosa, non ha una visione. Ma la premier è nuova, pensiamo vada aiutata e non solo contestata. Chiediamo un incontro a Giorgia Meloni per rivedere i numeri». Quella di Carlo Calenda è sì un’apertura, ma anche un’accusa di incapacità ed inesperienza. E infatti la prima reazione di Palazzo Chigi, per bocca del sottosegretario alla Presidenza Giovanbattista Fazzolari è piuttosto stizzita: «Calenda è un chiacchierone, aspettiamo le sue idee geniali».
Incontro nei prossimi giorni
Eppure poco dopo arriva il sì di Meloni all’incontro, che si terrà nei prossimi giorni. Evidente il sospetto degli alleati, in primis Forza Italia, che teme di essere “sostituita” nelle votazioni in Parlamento come in parte avvenuto con l’elezione di Ignazio La Russa a presidente del Senato (anche se in quel caso l’apporto è venuto anche da altri gruppi di opposizione, dal momento che i senatori di Fi sono 18 e quelli del Terzo polo 9). E facile è l’accusa di “inciucio” con il nemico da parte di Pd e M5s. Che cosa c’è davvero dietro?
La lettura di Renzi: “opposizione costruttiva”
La prima spiegazione potrebbe essere semplicemente un modo diverso di fare opposizione da parte del Terzo polo rispetto al Pd e al M5s, che invece hanno annunciato proteste di piazza contro la manovra. Un’opposizione costruttiva, insomma. Questa almeno è la lettura che ne dà Matteo Renzi, l’altro leader della costituenda federazione tra Azione e Italia viva: «Mentre Cinque Stelle e Pd vogliono andare in piazza per difendere il reddito di cittadinanza, noi vogliamo difendere il lavoro e i conti pubblici. Abbiamo presentato una contromanovra e il fatto che Calenda abbia chiesto un incontro a Meloni per illustrargliela non è un inciucio ma un atto di rispetto istituzionale. L’opposizione si fa con le proposte, non con gli slogan». La stessa Meloni, quando era all’opposizione del governo Draghi, incontrò più di una volta il premier per illustrare le proposte di Fratelli d’Italia. Proposte che talvolta sono anche state assorbite da Draghi nei suoi provvedimenti.
Il Terzo polo non ha interesse a entrare ora nel perimetro della maggioranza
D’altra parte né Calenda né Renzi hanno, almeno in questa fase politica, l’interesse a entrare nel perimetro della maggioranza («io sono quello che i governi li fa cadere e Conte ne sa qualcosa, secondo me questo governo potrebbe non superare le europee del 2024», punzecchia non a caso l’ex premier): il Terzo polo non ha i numeri per essere decisivo e il suo progetto politico resta quello di scompaginare il debole bipolarismo esistente o, in subordine, di scompaginare il Pd puntando alla divisione tra riformisti dem e sinistra in modo da guidare l’area dell’opposizione anti-M5s.
Il rapporto tra Meloni e Forza Italia
Sul fronte opposto Meloni sa bene che Forza Italia, numeri alla mano, non può essere sostituita dai centristi del Terzo polo. Ma certo, di fronte alla fibrillazioni degli azzurri (in calo nei sondaggi, al pari della Lega, a vantaggio di Fratelli d’Italia) sulla legge di bilancio, la premier vuole anche mandare un messaggio in vista delle votazioni in Aula. Della serie: non posso sostituirvi ma posso tamponare i vostri eventuali mal di pancia, come avvenuto per l’elezione di La Russa.
Dietro le mani tese la partita del presidenzialismo
Ma c’è di più. Meloni ha fatto del presidenzialismo una bandiera identitaria forte durante la campagna elettorale. La riforma costituzionale che dovrebbe prevedere l’elezione diretta del presidente della Repubblica introducendo una sorta di semipresidenzialismo alla francese, tuttavia, stenta a prendere forma. Non solo non c’è una bozza di proposta di modifica costituzionale ma ancora non è stato deciso il metodo: l’ipotesi più probabile è quella di una commissione ordinaria ma bicamerale, sul modello della ormai tradizionale bicameralina sugli enti locali, ma restano in campo altre ipotesi come l’istituzione di una vera Bicamerale con legge costituzionale oppure la nomina di una commissione di saggi sul modello di quella del 2013 per iniziativa dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Tanta cautela è presto spiegata, e anche in questo caso ci viene in soccorso Renzi: nel suo discorso durante il dibattito sulla fiducia ha ricordato a Meloni che approvare le riforme costituzionali a maggioranza non porta bene. «Io ne so qualcosa», ha detto in quell’occasione l’ex premier rievocando la bocciatura della riforma Boschi con il referendum confermativo del 4 dicembre 2016 e le sue conseguenti dimissioni da Palazzo Chigi. Quindi l’apertura del Terzo polo proprio sulle riforme («noi ci siamo») è stata presa molto sul serio dalla premier, che non a caso ha aperto ad altre soluzioni che non siano il presidenzialismo purché siano garantite l’elezione diretta e la governabilità. E non è un mistero che più che al presidenzialismo il Terzo polo punta al premierato (il “sindaco d’Italia”, lo chiama Renzi), presente anche programma elettorale della Lista Calenda, oltre che al superamento del bicameralismo perfetto e a una revisione del Titolo V per riportare in capo allo Stato alcune funzioni utili alla programmazione economica.
Lo scenario di una riedizione del Patto del Nazareno a parti invertite
Insomma, più che un vero cambio di maggioranza quello che potrebbe realizzarsi è una sorta di riedizione del Patto del Nazareno a parti invertite: allora, nel 2014, fu Silvio Berlusconi a varcare la soglia della sede del Pd per siglare con Renzi il patto sulla riforma costituzionale e sulla legge elettorale (patto poi stracciato dallo stesso leader di Fi un anno dopo); ora potrebbero essere Calenda e Renzi a varcare la soglia della sede di Fratelli d’Italia in Via della Scrofa.
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