L’industria energetica chiamata a innovare, se vuole attrarre investitori Esg
Un report di Bain & Co sottolinea la necessità di puntare sulle tecnologie dell’idrogeno e sull’elettrico per recuperare l’interesse perso in un decennio
di Daniela Russo
3' di lettura
L'industria energetica pronta alla sfida della sostenibilità. Gli ultimi anni hanno radicalmente cambiato il mondo degli investimenti: nel 2010 le aziende dell’energia, delle utilities, dei materiali e del settore industriale rappresentavano il 30% dell'indice S&P 500, alla fine del 2020 solo il 16 per cento. Dal 2015, i primi cinque player del petrolio e del gas hanno perso circa 200 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. A evidenziare l'evoluzione delle relazioni tra il mondo energia e investitori Esg è il primo Global Energy e Natural Resources Report di Bain & Company.
Il report pone l'accento anche sulla necessità di innovare per raggiungere gli obiettivi in termini di net zero emission: puntando, ad esempio, sull'adozione delle tecnologie dell’idrogeno, un mercato che entro il 2050 potrebbe passare da circa 115 milioni di tonnellate metriche a 300 milioni di tonnellate. «La spinta al cambiamento segue direttrici diverse, a partire dagli interventi promossi dall’Unione Europea che vanno sempre più incentivando le rinnovabili e i processi di elettrificazione, oltre che dal punto di vista degli obiettivi delle aziende del comparto che mirano a un riposizionamento in termini di sostenibilità - commenta Roberto Prioreschi, Managing Director di Bain & Company Italia e Turchia e responsabile della practice Energy italiana -. Altro tema di grande interesse, a livello internazionale, per favorire e accelerare la trasformazione è la possibilità di realizzare obiettivi importanti sul fronte della sostenibilità attraverso una partnership pubblico-privata, collaborando con investitori istituzionali sia sull'equity che sul debito».
Non solo net zero
La transizione green non si traduce solo nella riduzione delle emissioni di carbonio. Sono diversi i temi che l'industria energetica deve affrontare per rimodellare la propria relazione con gli investitori Esg. Tra questi, la transizione dai motori a combustione interna (il cui mercato dovrebbe raggiungere il picco entro il 2028) ai veicoli elettrici, destinati a rappresentare fino al 35% della flotta globale entro il 2040. Anche le trasformazioni dell'industria alimentare avranno effetti in queste dinamiche, con l'avvento delle nuove tecnologie e la realizzazione di alternative proteiche che potrebbero arrivare a sostituire circa il 15-35% delle proteine animali negli Stati Uniti entro il 2030-2035. Inoltre, più della metà dei manager di aziende del settore energetico e delle risorse naturali non si ritiene soddisfatto dell'accuratezza delle previsioni della domanda: previsioni avanzate e modelli di domanda più sofisticati permetteranno una pianificazione accurata e ridurranno l’impronta di carbonio delle operazioni della supply chain. «Guardando proprio a quest'ultimo aspetto – continua Prioreschi – emergono due elementi di interesse: il primo è relativo alla trasformazione delle fonti energetiche, che cambia la mappa della supply chain, con un ruolo di interesse maggiore ad esempio per i produttori di pannelli fotovoltaici, il secondo alla necessità di ragionare sempre più in un'ottica di filiera. Il rating delle società sarà influenzato dall'intera catena del valore e questo comporta la necessità di certificare anche i fornitori dal punto di vista Esg».
Il contesto italiano
In questo scenario, i player del mercato nazionale si dimostrano al passo con quelli del resto d'Europa. «Un boost importante – dice Prioreschi - è il Pnrr. I piani industriali delle grandi società del comparto dimostrano che la transizione verde è in atto da tempo ed è una priorità assoluta. Oggi vediamo con chiarezza che questo tema è centrale anche per realtà più piccole che pongono al centro della loro strategia la sostenibilità, spinte anche dalla domanda della clientela sempre più attenta a questi elementi».
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