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L'industria italiana della ghisa durante il conflitto in Ucraina: prove di resilienza

di Andrea Filippetti* e Daniele Risso

(DedMityay - stock.adobe.com)

3' di lettura

La crisi derivata dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ha avuto gravi conseguenze su molti settori industriali italiani, i quali sono oramai strutturati lungo un sistema integrato di approvvigionamento che si estende oltre i confini nazionali. Sono le cosiddette catene globali del valore, manifestazione plastica dell'integrazione internazionale della produzione di beni e servizi. La pandemia e la guerra Russo-Ucraina hanno mostrato la fragilità di un sistema di approvvigionamento che per decenni si era strutturato a livello globale alla ricerca di materiali più economici, costi del lavoro più bassi, regolamentazioni ambientali e di protezione del lavoro più lasche.

La fragilità di questo modello emerge nel momento in cui uno dei nodi della catena si interrompe. La situazione di crisi in Ucraina e le sanzioni in Russia hanno generato non pochi problemi alle industrie italiane che si approvvigionavano in uno, o entrambi, i paesi. Un caso esemplare è l'industria della fonderia (o della ghisa), che ricopre una importanza cruciale nella manifattura italiana. Secondo i dati Assofond, con un fatturato di circa 1.8 miliardi di euro nel 2021 ed una produzione di oltre un milione di tonnellate di getti annui, tale settore in Europa è secondo solo alla produzione tedesca. L'importanza strategica delle fonderie di ghisa italiane dipende dal peculiare posizionamento del settore, situato a monte di molteplici catene di produzione, essendo i loro prodotti (getti) destinati principalmente al settore della meccanica e automotive (54%), dei mezzi di trasporto (29.5%) e dell'edilizia (7%).

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Nel 2021 la ghisa in pani destinata al mercato italiano proveniva per l'81% proprio dai due paesi oggi in conflitto, con una quota del 51% rappresentata dall'importazioni dall'Ucraina e del 30% dalla Russia. Nei mesi successivi allo scoppio della guerra la materia prima è scarseggiata facendo schizzare i prezzi a livelli senza precedenti. I produttori di ghisa hanno dovuto rapidamente ristrutturare le proprie catene di approvvigionamento. In sostituzione della ghisa russa-ucraina, una mano importante è stata tesa da altri paesi quali il Brasile, il Sud Africa ed in parte la Turchia. Tuttavia, date le criticità generate dalla distanza geografica, dalla scarsa qualità e dal prezzo proibitivo di tale materiale, il riorientamento dei canali di approvvigionamento ha potuto fornire solamente un sospiro di sollievo temporaneo.

Si è rivelato più efficace invece lo sforzo volto alla modifica dei processi produttivi interni alla produzione, grazie a quella rapida capacità di adattamento e innovazione che garantiscono all'industria italiana quella flessibilità fondamentale per adattarsi alle mutevoli condizioni dei mercati. Al fine di allungare la durata delle scorte in magazzino e mitigare il rischio di approvvigionamento, le fonderie hanno implementato una più o meno importante (a seconda della tipologia di forno e disponibilità materiali) modifica nella composizione chimica della carica del forno (ingredienti), riducendo la percentuale di ghisa utilizzata a favore del rottame, materiale più facilmente reperibile sul mercato. Strettamente collegato alla strategia di riduzione della ghisa utilizzata nella produzione e pertanto all'allentamento della dipendenza dai paesi dell'est Europa, è stato adottato un piano di investimenti straordinario volto all'introduzione di innovazioni produttive e di efficientamento delle tecniche di produzione.

Un esempio della capacità di innovare rapidamente è stata la progressiva introduzione di un nuovo impianto fusorio di tipo elettrico che garantisce maggiore flessibilità nella scelta del mix di materiali da utilizzare nella “carica”. Grazie al passaggio dal forno tradizionale a quello elettrico le fonderie che hanno introdotto tale cambiamento sono state in grado di ridurre ulteriormente la quantità di ghisa necessaria a portare avanti la produzione di getti, in alcuni casi fino al punto di azzerarla. In questo modo sono state capaci di incrementare la durata del loro magazzino superando la criticità della congiuntura. Ad oggi la maggioranza delle fonderie sono ritornate ad un livello produttivo ordinario, in alcuni casi addirittura segnando un record di fatturato nel 2022, favorito anche sia dal riconoscimento da parte del mercato dell'innalzamento dei prezzi sia dai sussidi pubblici. La risposta di breve periodo è stata efficace, ma quella di lungo periodo resta incerta per una serie di ragioni. L'approvvigionamento è tornato sostanzialmente verso la Russia mettendo una ipoteca sul futuro delle fonderie a causa delle criticità nelle relazioni diplomatiche e commerciali tra l'occidente e la Federazione.

La strategia del re-shoring è complicata dal fatto che la nuova normativa europea in tema di ambientale non lo consente, poiché tale processo confligge inconciliabilmente con le esigenze imposte dalle normative ambientali. Infine, nemmeno la completa sostituzione della ghisa di provenienza dall'est Europa con quella di provenienza diversa sembra percorribile sia a causa della difficoltà dovuta alla distanza di percorrenza nel trasporto, sia ai prezzi generalmente più elevati di tali materiali, sia per una minore qualità intrinseca al minerale.

(*) CNR-Issirfa

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