mind the economy

Le bufale economiche dei Tg e l’allergia ai competenti

di Vittorio Pelligra

(Production Perig - stock.adobe.com)

5' di lettura

Interno sera – salotto di casa: è giovedì e ho lavorato fino a tardi. Ora sono sul divano e ascolto il TG nazionale di una delle reti Rai. Notizie varie, politica, esteri, economia, inflazione. C'è un servizio di commento ai dati Istat di febbraio, poi si torna in diretta, e a chiosa del filmato, la giornalista conclude dicendo: «Prezzi triplicati per i prodotti alimentari».

Triplicati?!? Non può essere una svista, perché le notizie al TG nazionale della sera si leggono e quindi qualcuno, quella cosa lì, la deve aver scritta. I prezzi sono triplicati. Cioè i pomodori sono passati da 3 euro a 9 euro al chilo? È una “patacca”, è chiaro. Ma come può essere che una redazione di un TG nazionale possa far passare in diretta una notizia così grossolanamente sbagliata? Non c'è bisogno di essere economisti o statistici per rendersi conto che se veramente i prezzi fossero triplicati saremmo di fronte ad un'inflazione del 200%, un problema serio, serissimo e quella notizia sarebbe non la quinta nella scaletta, ma la notizia di apertura.

Loading...

La cosa è strana e mi incuriosisce. Ho l'influenza, sono a casa e mi sto annoiando. Scatta la modalità Sherlock Holmes. Cerco di capire come possa essere nata questa “patacca”. Era giovedì, dicevamo, e l'Istat aveva reso noti i dati parziali sull'inflazione di febbraio. Nel comunicato stampa diffuso dall'Istituto, si legge, tra l'altro che «i prezzi dei prodotti di largo consumo accelerano la loro crescita: i beni alimentari, per la cura della casa e della persona passano da +0,6% a +2,1%». Un passaggio, piuttosto banale, marginale, a commento di un dato non particolarmente significativo. L'Istat ci dice che, sia su base mensile che su base annuale, cioè, sia in rapporto al mese precedente, che con riferimento allo stesso mede dell'anno precedente, l'incremento dell'indice dei prezzi a febbraio 2019, segna un aumento. Cioè i prezzi sono sempre aumentati in questi mesi, ma negli ultimi, un po' più velocemente. I prezzi dei prodotti alimentari, in particolare, erano aumentati tra il 2017 e il 2018 dello 0.6%, mentre dal febbraio 2018 al febbraio 2019, del 2,1%.

Questo il comunicato dell'Istat, la fonte ufficiale. A seguire arrivano le agenzie stampa. In questo caso la notizia viene rilanciata subito dall'Ansa, che modifica leggermente il comunicato in questo modo «I rincari dei prezzi del carrello della spesa triplicano a febbraio, con aumenti che passano dallo 0,6% di gennaio al 2,1%». Attenzione, attenzione! L'Ansa, correttamente, riporta che i “rincari” triplicano, cioè, che la velocità con la quale i prezzi sono aumentati, è triplicata.

Ma poi arriva il TG della Rai che, invece, dritto come un treno, fa dire alla propria anchorwoman, in diretta nazionale, che i “prezzi” dei prodotti alimentari sono triplicati. Il che equivarrebbe a dire che l’inflazione ha raggiunto non il 2,1%, ma il 200%. Sarebbe come pensare che, se rispetto al mese scorso questo mese ho messo su il triplo dei chili, il mio peso oggi sia triplicato rispetto a quello del mese scorso. Mi spiego: tre mesi fa pesavo 80 kg; due mesi fa sono passato da 80 a 81. Significa che ho preso 1 kg in un mese. Se questa settimana risulta che sono ingrassato il triplo rispetto al mese precedente, vuol dire che ho preso 3 kg, e quindi oggi peserò 84 kg, mica 240.

Può sembrare un episodio piccolo, insignificante, ma in realtà è una cosa che getta più di un'ombra sulla qualità dell'informazione, specialmente quella economica, che riceviamo da certi organi di stampa. Se interpretano così malamente i dati sull'inflazione, come possiamo fidarci delle valutazioni di politica estera, o delle informazioni sulle nuove tecnologie? Quanto realmente comprendono il significato dell'ultimo studio epidemiologico di cui ci stanno aggiornando e quanto riescono a distinguere fonti affidabili da produttori di bufale?

Sarebbe interessante sapere quante mail di spettatori indignati sono arrivate alla redazione di quel del TG. Sarebbe interessante anche solo sapere se l'estensore della notizia si è reso conto della “gaffe”. Il video di quell'edizione è ancora nel sito ufficiale della Rai, quindi probabilmente nessuno si è accorto di niente. E questo è un problema. Se la domanda per una informazione, anche economica e numerica in genere, di qualità è bassa, la pressione da parte degli utenti non si fa sentire abbastanza, allora l'offerta tenderà allo “slack”, ad impigrirsi e la qualità ad abbassarsi.

L'episodio di giovedì scorso è grave, ma non gravissimo, lo riconosco. Non ci sarebbe da scandalizzarsi più di tanto se fosse solo un caso isolato. Purtroppo, non lo è. Il 25 gennaio scorso, Rai 2 manda in onda un servizio, all'interno della trasmissione “Povera Patria”, nel quale si affronta il tema del signoraggio bancario. Uno dei cavalli di battaglia della galassia sovranista/complottista/no-euro. Il servizio, però, è così grossolanamente impreciso, superficiale e falsato nei suoi contenuti, che scattano reazioni durissime ai più alti livelli. Arriva la bacchettata dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni (AgCom) che invia una contestazione alla Rai chiedendo che la stessa trasmissione fornisca immediate precisazioni e garantisca completezza e pluralismo nell'informazione economica attraverso il coinvolgimento di esperti qualificati e di notoria competenza. Arriva poi anche una lettera indirizzata ai vertici Rai e di Rete, da parte della Società Italiana degli Economisti. Nella lettera si manifesta il «grande sconcerto» che deriva dal fatto che il servizio pubblico abbia potuto «trascurare le basilari regole della divulgazione scientifica», trattare il tema del signoraggio in modo «impreciso, inesatto e scientificamente fallace nei nessi causali proposti» e che la trasmissione abbia potuto contribuire alla «produzione e diffusione di informazioni inesatte che la RAI, adempiendo al suo mandato di servizio pubblico, dovrebbe contribuire a combattere soprattutto in un campo, come quello dell'economia, in cui la scuola italiana non fornisce nemmeno le più elementari conoscenze di base».

Il Consiglio direttivo degli economisti italiani conclude poi esprimendo «viva preoccupazione» e chiedendo che «i contenuti economici delle trasmissioni RAI siano affidati a giornalisti competenti, che pongano la conoscenza scientifica alla base dei loro servizi». Una bella tirata d'orecchi, insomma, anche se è del tutto plausibile che tali richieste cadano nel vuoto. In una nazione che occupa la penultima posizione, tra le nazioni avanzate, per quanto riguarda le conoscenze numeriche (numeracy) (Indagine OCSE- PIAAC sulla popolazione adulta 16-65 anni) e nella quale le istituzioni più autorevoli e indipendenti vengono sistematicamente screditate in maniera strumentale da politici che paiono non comprenderne il ruolo fondamentale all'interno di un sistema democratico policentrico e moderno, aspettarsi un'informazione economica di livello può apparire certo velleitario.

Rientra anche questo nello “zeigeist” attuale, rassicurante e auto-assolutorio, secondo il quale gli esperti sono colpevoli a prescindere, faziosi e compromessi per natura. I “professoroni” ci hanno provato e non ci sono riusciti, «ci hanno inguaiato con l'euro e con l'Europa; per non parlare di Monti, l'austerity, la Legge Fornero. Quindi ora a casa, la pacchia è finita, tocca a noi». Eppure basterebbe applicare un po' di logica elementare per concludere che se un ”esperto” ci prova ma non ci riesce, il fatto che ci provi un “non-esperto” non fa aumentare di una virgola la probabilità di successo, anzi.

Ad uno sguardo attento, però, non può sfuggire il sottotraccia: l'allergia ai “competenti” che certa politica oggi manifesta in modo così evidente, appare più che altro come un capitolo della narrazione populista. Un tassello importante di quel puzzle che sta andando formandosi nella galassia della destra sovranista, da Mosca fino a Washington, passando appunto per Roma. Non sarebbe certo il primo caso storico di promozione della pubblica ignoranza. Lasciamo al popolo storie, miti, bufale e screditiamo la conoscenza oggettiva, in modo che sia più flessibile, malleabile e plasmabile a seconda delle esigenze del momento. Nessuno si lamenterà. Il nostro cervello, del resto, per sua natura costruisce storie, mica equazioni. Negli anni novanta la Mattel mise in commercio una versione di Barbie parlante. Tra le varie frasi che pronunciava c'era anche questa: «la matematica è difficile, andiamo a fare shopping». Forse aveva ragione lei.

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti