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Clima, inizio giugno 2023 più caldo di sempre. Il ruolo del Niño

Il superamento di questa prima soglia fissata a Parigi è già avvenuto nella prima settimana di giugno. L’accordo si riferisca alla temperatura media a fine secolo

di Elena Comelli

Allarme dell'Onu: "Temperature ben oltre la media"

5' di lettura

Il 2023 potrebbe diventare l'anno più caldo di sempre, grazie alla combinazione dei primi segni di El Niño e del surriscaldamento del pianeta, causato dall'aumento costante delle concentrazioni di gas serra in atmosfera. Certo è che i dati raccolti dal Copernicus Climate Change Service - il programma di monitoraggio della crisi climatica dell’Ue – confermano il più caldo inizio di giugno mai registrato, arrivato al termine di un mese di maggio da record, il secondo di sempre per temperature a livello globale.

Il rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale

In maggio, un rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale, ha dato una probabilità del 98% all’eventualità che almeno uno dei cinque anni del periodo 2023-2027, e il quinquennio nel suo insieme, sarà il più caldo mai registrato, e una probabilità del 66% al fatto che la temperatura globale media nel periodo 2023-2027 superi di oltre 1,5°C i livelli preindustriali per almeno un anno.

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«Questo rapporto non significa che supereremo permanentemente il livello di 1,5°C specificato nell’Accordo di Parigi. Tuttavia, l’Omm sta lanciando l’allarme che supereremo temporaneamente il livello di 1,5°C con frequenza crescente», ha dichiarato il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale, il meteorologo finlandese Petteri Taalas.

Taalas: nei prossimi mesi si svilupperà un riscaldamento di El Niño

«Si prevede che nei prossimi mesi si svilupperà un riscaldamento di El Niño e questo si combinerà con il cambiamento climatico indotto dall’uomo per spingere le temperature globali in un territorio inesplorato», ha avvertito Taalas. «Ciò avrà ripercussioni di vasta portata per la salute, la sicurezza alimentare, la gestione dell’acqua e l’ambiente. Dobbiamo essere preparati», ha precisato.

In base ai dati globali raccolti da Copernicus, il superamento di questa prima soglia fissata dall’Accordo di Parigi è già avvenuto nella prima settimana di giugno. Resta da vedere quante volte, per quanto tempo e di quanto verrà superato il limite nei prossimi dodici mesi, mentre l’attuale El Niño completa il suo ciclo.

L’Europa si surriscalda a velocità doppia rispetto alle medie globali

Va sottolineato che i limiti di 1,5°C e 2°C fissati nell’Accordo di Parigi sono obiettivi per la temperatura media del pianeta entro la fine del secolo, quindi raggiungerli già oggi non fa ben sperare per il benessere dell’umanità al 2100. L’Europa è il canarino nella miniera di questo processo, visto che si sta surriscaldando a velocità doppia rispetto alle medie globali: nel 2022 il Vecchio Continente ha già superato il limite superiore fissato dall’Accordo di Parigi, registrando una temperatura media di 2,3 gradi centigradi più alta rispetto ai livelli pre-industriali, con le ricadute sulla salute, le risorse idriche e la sicurezza alimentare che sono sotto gli occhi di tutti.

La situazione è resa particolarmente critica dall’inizio del fenomeno climatico noto come El Niño, un evento periodico legato all’innalzamento delle temperature delle acque del Pacifico prospicienti le coste sudamericane, che di solito raggiunge il suo apice verso Natale e prende appunto il nome dal Bambin Gesù.

Ad annunciare il suo imminente sviluppo sono state le onde di Kelvin, considerate un fenomeno precursore dell’arrivo di El Niño. Registrate fra marzo e aprile dai satelliti della Nasa, le onde di Kelvin sono alte circa 5-10 centimetri sulla superficie del Pacifico e lunghe centinaia di chilometri: spostano masse di acqua calda da Ovest a Est lungo l’Equatore verso la costa occidentale del Sud America.

Come ricorda la Nasa, l’acqua si espande man mano che si riscalda, quindi i livelli del mare tendono ad essere più alti dove l’acqua è più calda.Si tratta di un fenomeno che produce effetti di ampia scala sul clima mondiale, spingendo al rialzo le temperature medie. L’ultima volta che El Niño si è presentato con una certa potenza risale al 2014-2016, e al momento proprio il 2016 è considerato dalla maggioranza delle agenzie globali come l’anno più caldo dall’inizio delle rilevazioni.

Effetti destinati a farsi sempre più evidenti nei prossimi mesi

Essendo appena iniziato, gli effetti di El Niño sono destinati a farsi sempre più evidenti nei prossimi mesi, per raggiungere un picco in inverno, probabilmente ad inizio 2024. Le previsioni di Copernicus indicano quindi un’elevata probabilità che in quest’estate 2023 e poi in autunno e in inverno si superi nuovamente, e ripetutamente, il grado e mezzo al di sopra delle temperature pre-industriali. Le conseguenze sono climatiche ma anche economiche, perché le alte temperature associate a El Niño esacerbando la siccità in alcune parti del pianeta e aumentando le precipitazioni estreme in altre.

L’impatto economico

In base a uno studio pubblicato in maggio su Science da ricercatori del Dartmouth College, l’impatto economico di El Niño potrebbe comportare perdite di tremila miliardi di dollari nei prossimi anni, penalizzando soprattuto i Paesi tropicali a basso reddito. Gli studiosi stimano che i due El Niño del 1982-83 e del 1997-98 abbiano comportato perdite globali di 4100 miliardi e di 5700 miliardi di dollari rispettivamente, con conseguenze che si sono trascinate per più di cinque anni dopo la fine degli eventi climatici.

Entro la fine di questo secolo, il conto complessivo presentato da El Niño potrebbe arrivare a 84mila miliardi di dollari. “El Niño ha una forte incidenza sulla crescita del Pil”, sostiene Christopher Callahan, geografo del Dartmouth College e coautore dello studio apparso su Science.Quando le acque di El Niño si riscaldano nel Pacifico, sono i Paesi tropicali a subire la maggior parte degli effetti a catena. Il Perù, in particolare, è interessato da forti precipitazioni che danneggiano le infrastrutture e le colture. Normalmente la risalita delle acque profonde (upwelling) al largo delle coste peruviane porta con sé i nutrienti fondamentali per la pesca, ma durante El Niño questo flusso rallenta.

Inoltre, le ondate di calore nel mare uccidono i pesci, minacciando una preziosa fonte di reddito. «Questi eventi comportano danni alla pesca al largo delle coste del Perù, le infrastrutture vengono allagate, il caldo diventa estremo», spiega Callahan. Spostandosi a Est, El Niño può sortire l’effetto opposto, dando il via a una grave siccità nella foresta amazzonica già devastata dallo sviluppo umano e dagli incendi.

Questa può contribuire a trasformare parti della foresta pluviale in praterie, un punto di non ritorno sotto il profilo ecologico. Ma è possibile che anche l’altra sponda del Pacifico venga colpita dalla siccità: «In Indonesia e in Australia potrebbe essere così grave da avere un impatto economico significativo», dice Callahan. Nel 1998 gran parte del Sud-Est asiatico ha registrato incendi catastrofici.

Science: vasti danni anche sui territori circostanti

Al di là delle ricadute sui Paesi tropicali, con El Niño anche nel resto del mondo le temperature tendono ad alzarsi, aumentando la siccità e gli incendi. Callahan ritiene che in passato le perdite economiche causate da El Niño siano state sottostimate, dal momento che venivano presi in considerazione solo i danni relativi agli anni in cui il fenomeno era attivo e i Paesi direttamente interessati. La nuova ricerca pubblicata su Science dimostra invece che le ripercussioni possono durare molti anni dopo il fenomeno e causare vasti danni anche sui territori circostanti.

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