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Ecco come l’innovazione tecnologica attrae i giovani nei campi

Secondo i dati del Crea solo il 20% delle aziende agricole è under 40, ma i numeri sono in crescita grazie anche agli incentivi Ue

di Giorgio dell'Orefice

(Budimir Jevtic - stock.adobe.com)

3' di lettura

Il principale tallone d’Achille dell’agricoltura italiana è sempre stato l’elevata età media degli imprenditori agricoli. Ma negli ultimi anni il fenomeno del ricambio generazionale sta cambiando marcia per diventare un trend reale e consolidato. Un fenomeno nel quale ha di certo rivestito un ruolo di primo piano il sistema di incentivi messo a punto in primo luogo da Bruxelles.

Una “scintilla” per innescare un processo che poi le imprese giovani devono dimostrare di riuscire a portare avanti con le proprie gambe. Ed è quello che sta avvenendo in particolare grazie all’innovazione e alle nuove tecnologie o alla leva della multifunzionalità che in molti casi sta consentendo di andare oltre la mera fase produttiva per gestire sempre più spesso in prima persona anche la fase commerciale. Le imprese agricole under 40 si stanno inoltre caratterizzando per la capacità di posizionarsi nei settori a maggiore valore aggiunto e di sposare i mega trend della spinta alla sostenibilità e della produzione con metodo biologico.

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Un monitoraggio puntuale dell’universo delle aziende agricole under 40 è condotto dal Centro per le ricerche in agricoltura e l’economia agraria (Crea).
Le aziende agricole giovani sono in Italia circa 150mila, quasi il 20% delle circa 733mila imprese agricole iscritte alle Camere di commercio. Il Crea nel proprio monitoraggio ha anche messo a punto una sorta di identikit del giovane imprenditore agricolo: proviene da famiglie agricole o con disponibilità di terreni; presenta un alto tasso di scolarizzazione (il 51% possiede un diploma contro il 41% degli imprenditori over 40, il 16% è laureato contro l’8% della media generale). È più presente nei settori ad alto valore aggiunto: ortofrutta, allevamento, vino. Gestisce il 18% della superficie agricola totale e guida imprese che hanno una dimensione superiore alla media sia in termini fisici (18 ettari contro 10) che economici (ha un fatturato medio di 80mila euro contro i 40mila delle altre imprese).

I giovani agricoltori con più facilità si inseriscono in processi di integrazione con gli altri settori, basti pensare che il 30% svolge anche servizi sanitari, sociali e educativa, ha un collegamento con il turismo (26%). Risulta in crescita, negli ultimi anni, l’avvio della produzione di energia rinnovabile. Forte è anche la vocazione alla sostenibilità: oltre il 30% delle imprese condotte da giovani è biologico.

«Non mancano le difficoltà – spiega la direttrice del centro politiche e bioeconomia del Crea, Alessandra Pesce –. L’avvio dell’iniziativa imprenditoriale registra nei primi anni valori degli indici di redditività e produttività del lavoro inferiori alla media, collegati anche a un minor ricorso a investimenti per la meccanizzazione. Va però evidenziato, d’altro canto, come le aziende condotte da giovani registrino una redditività della terra superiore alla media, sintomo di una maggiore efficienza nella composizione dei fattori della produzione».

«Il ricambio generazionale in agricoltura sta funzionando – ha commentato il direttore generale del Crea, Stefano Vaccari – grazie anche al sempre più apprezzato status sociale di essere imprenditore agricolo. I successi del vino e dell’agriturismo lo testimoniano. Ci sono tuttavia ancora ostacoli rilevanti che riguardano tanto l’accesso alla terra quanto quello al credito. Entrambi molto costosi. Il sempre più frequente impiego di nuove tecnologie nelle aziende agricole può stimolare ancora questo processo di turnover generazionale».

E poi c’è il decisivo capitolo degli incentivi. Contributi in gran parte riconducibili alle politiche Ue per lo sviluppo rurale del quale gli interventi per il “primo insediamento” nell’ottica anche di ridurre il fenomeno di abbandono dei terreni, rappresentano una parte cospicua.

I Piani di sviluppo rurale 2007-2013 hanno messo a disposizione 702,6 milioni (4% della spesa complessiva) per favorire l’insediamento dei giovani agricoltori. La spesa effettivamente sostenuta è stata pari a 698,2 milioni di cui hanno beneficiato 22.225 giovani agricoltori. I Piani di sviluppo rurale 2014-2023 (programmazione che quindi ancora deve concludersi) hanno destinato ai giovani 817,4 milioni di euro. Al 31 dicembre 2021 il 52% delle risorse previste sono state spese e risultano insediati 13.479 giovani ma si stima che a fine periodo saranno circa 20mila i giovani beneficiari con un risultato in termini di spesa che dovrebbe ricalcare quello del periodo precedente.

Infine, il Piano strategico della Pac 23-27 ha previsto di mobilitare complessivamente 1.250 milioni in cinque anni. «Il rafforzamento della dotazione di risorse per l’insediamento dei giovani – conclude la Pesce – in un quadro di risorse finanziarie Pac riviste complessivamente al ribasso testimonia la volontà di proseguire nel solco tracciato. I vantaggi sono legati non solo alla migliore gestione imprenditoriale ma anche alla creazione di nuove opportunità di sviluppo nelle aree rurali».

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