L’insostenibile quotidiano di Vincent
I capolavori di Van Gogh dal Kröller-Müller Museum sono al Palazzo Bonaparte, fino al 7 Maggio
di Mariua Laudiero
4' di lettura
La vita e l'arte di Van Gogh sono un tutt'uno. Una sorta di fusione nucleare in cui il tormento dell'atto creativo non sfocia mai in una contemplazione estatica della propria opera. Un corpo quello di Vincent, incapace di sostenere la natura empatica del proprio essere. A Roma nella sede di Palazzo Bonaparte, la mostra incentrata sull’opera di Van Gogh si sta rivelando una delle più importanti in Italia in questo momento; a causa della prenotazione è stata prorogata fino a Maggio.
Cinquanta opere
Il corpus è composto da circa cinquanta opere provenienti dalla più ricca collezione realizzata da privati (seconda solo al Museo Van Gogh di Amsterdam) che si è poi costituita istituzione museale prendendo il mome dalla fondatrice Hellen Kröller-Müller che condivise dei lavori del pittore soprattutto l'urgenza di comunicare attraverso l'arte. Ne fanno parte i dipinti di scene quotidiane spesso contadine, che rimandano il lavoro fisico ad una dimensione sfinente dell’anima. Come Donne nella neve che portano sacchi di carbone del 1882.
Van Gogh descrive la dimensione estenuante del lavoro minerario a cui non si sottraggono neppure le donne, che perdendo ogni contorno di forme e colori vengono ritratte quasi come una ramificazione degni enormi sacchi che trasportano. In questo periodo e sotto la guida di Anton Mauve alla scuola dell'Aia, l'artista si impossessa della tecnica del disegno esercitandosi a riprodurre gli stessi soggetti soprattutto le figure umame. Una analisi del patrimonio che l'artista ha prodotto documentata attraverso la corrispondenza che aveva con suo fratello Theo, attività cerebrale almeno quanto la sua pittura, in cui illustra e da voce fino all'ultimo a tutte le fasi del suo lavoro e inevitabilmente della sua vita.
Le lettere al fratello Theo
A Theo dedica lettere appassionate, tumultuose; lui lo ascolta e lo supporta, lo aiuta a fare chiarezza come in un training terapeutico. Agli scritti affida la sua visione, le pene e le speranze, consapevole che il tempo in cui vive non gli riconoscerà alcun merito ma che il futuro gli renderà giustizia e allora gli scrive a proposito dei suoi dipinti: “…quando saranno davvero buoni ti assicuro che li avrai creati quanto me…”.
Van Gogh innesta nella pittura la consistenza materica del suo divenire. Il suo lavoro ha influenzato enormemente il mondo intellettuale principalmente quello dell'espressionismo tedesco sia sul piano della psichiatrica che di quello artistico. Non potrebbe essere diversamente se si guarda a due dipinti specifici: Vecchio che soffre (1882) e Vecchio disperato (Alle porte dell'eternità, 1890). Entrambi i lavori, di cui il primo può essere considerato uno studio in negativo del secondo (vi è ritratto un particolare della stessa figura in posizione opposta rispetto all' opera seguente), riconducono a due diramazioni specifiche dello stesso tema. Un quadro allegorico, la rappresentazione del dolore e una lettura di matrice psichiatrica. Un uomo ripiegato con il volto fra le mani a nascondere la disperazione, denuncia un dolore che sovrasta, rivolto verso sé stesso, nessuna apertura ad una consolazione esterna ma un pianto irrefrenabile che proviene e irrompe nell'interno.
Della collezione esposta fa parte Autoritratto (1887) in cui l'uso del colore concede una prospettiva di Van Gogh su cui poco ci si sofferma. Lo sguardo fiero, rappresentato dal cromatismo del verde che trapassa la materia e punta dritto ad intercettare l'attenzione di chi lo osserva. Le pennellate sono febbrili, quasi a tentare di trattenere una immagine di sé fugace e fluttuante, suscettibile a mutamenti radicali e repentini.
Francis Bacon che aveva letto le corrispondenze dei fratelli alla fine della guerra, ispirato dal quadro Il Pittore sulla strada di Tarascona, lo pose al centro di una intera serie di opere che esporrà in Inghilterra. Nel periodo successivo al suo ricovero dovuto al taglio dell'orecchio riprende a riprodurre soggetti inanimati come Natura morta con un piatto di cipolle (1889). Secondo la critica moderna può essere identificato come una sorta di autoritratto decostruito attraverso degli oggetti che lo rappresentano a livello simbolico; la pipa, la caraffa con l'assenzio, il caffè, l'amore per la lettura e allo stesso tempo il testo che riguarda un prontuario di medicina naturale dove trova il rimedio per la sua insonnia. Pini al tramonto (1889), uno dei sette dipinti che realizza mentre si trova a Saint-Remy, in cui mettendo al centro gli imponenti alberi, fa intravedere in un angolo l'esile silhouette della donna che viene dominata dal vento. Metafora probabilmente dell'impotenza umana di fronte alla furia e alla grandezza della vita. Tronchi d'albero nell'erba (1890), Van Gogh riprende il racconto epistolare con Theo dopo un momento di silenzio. Gli descrive il lavoro che sta preparando; il particolare di un bosco in cui c'è soltanto una sezione dei pini, dove stanno spuntando dei fiori mentre in lontananza, appena abbozzato, si intravede un cespuglio di rose. Ne emerge la forza dirompente di questo genio che una volta conclamato il disagio che lo attanaglia, imprime la sua pura energia con sempre maggiore “ferocia” nelle tele. In questo contesto si affianca l'autoritratto di Ligabue, che come nel contrappunto, dialoga a suo modo con le opere di Van Gogh, “offrendo” al pubblico la propria anima e la sua personale versione del malessere.
Van Gogh Capolavori dal Kröller-Müller MuseumRoma Palazzo Bonaparte Fino al 7 Maggio 2023
loading...