L’Inter vince a Cagliari (3-1). Ma il Milan (2-0 sull’Atalanta) è a un punto dallo scudetto
L’Inter non molla. È un osso duro. Molto duro. E il Milan, nonostante la sua crescente sicurezza, deve stare in campana per evitare trappole spiacevoli. Un eccesso di sicurezza, per esempio
di Dario Ceccarelli
I punti chiave
5' di lettura
Non c'è niente da fare. Bisogna gustarselo fondo in fondo questo campionato. Fino all'ultima goccia. Fino all'ultimo respiro. Vince chi non molla. Il Milan vuole il 19°titolo, l’Inter la seconda stella.
Questo derby infinito ribadisce di sicuro un concetto: che Milano, al di là della sentenza di domenica prossima, ha già vinto e stravinto la sua personalissima sfida al calcio italiano. Un'egemonia schiacciante dopo i tanti anni di sbiadito purgatorio del Milan e la fiammata tricolore dell'Inter di un anno fa: fiammata entusiasmante che sembrava però più legata alla forza propulsiva di Antonio Conte e di Lukaku che ad un nuovo e convincente progetto della società nerazzurra.
Ma questi discorsi dicono ben poco ai tifosi. Perchè come precisa Inzaghi, dopo il brillante successo a Cagliari (1-3), «tutto può ancora succedere».
Milan a un punto dal titolo
Certo il Milan, dopo aver battuto 2-0 l'Atalanta (Leao ed Hernandez, attenti a quei due), è solo a punto dal titolo. A Reggio Emilia, contro il Sassuolo, può bastargli infatti un pareggio per prendersi il 19° scudetto, prescindendo da quanto farà l'Inter contro la Sampdoria a San Siro. L'Inter è a meno due, ma in caso di arrivo alla pari i rossoneri prevarrebbero per aver fatto meglio negli scontri diretti. Bisogna quindi aspettare ancora una settimana per capire quale delle due sponde di Milano farà festa.
Questa domenica, dopo aver infilato la sua quinta vittoria consecutiva, sembrava quasi fatta per Milan. Con i 70mila tifosi in festa (qualcuno già in piazza Duomo...) e la comoda prospettiva di vedere in poltrona come se la sarebbe cavata l'Inter alla sera col Cagliari, squadra disperata sempre più sull’orlo della retrocessione.
Ma l’Inter non molla
Ma l'Inter, va detto, non ha fatto una piega. Come non avesse sulle gambe i 120 minuti di Coppa Italia con la Juventus, la squadra di Inzaghi ha messo subito all'angolo i padroni di casa facendo subito capire che non c’era trippa e nemmeno pietà: che soprattutto l’Inter sta aggrappata allo scudetto con le unghie e coi denti.
Così grazie a Darmian (bel colpo di testa su cross pennellato di Perisic) e a una doppietta del sempre più scatenato Lautaro (13 reti nelle ultime 13 gare) la sfida è scivolata su un piano inclinato. Solo un potente sinistro di Lykogiannis, deviato da Skriniar, ha rimesso in partita il Cagliari facendo un po' paura all’Inter.
Tanto fumo, ma poco arrosto.La buona volontà non basta quando il divario tecnico è così alto, E nel finale, con una micidiale ripartenza partita da un lancio di Brozovic, Lautaro ha scodellato con freddezza il gol della sicurezza.
Che dire? Che l’Inter non molla. È un osso duro. Molto duro. E che il Milan, nonostante la sua crescente sicurezza, deve stare in campana per evitare trappole spiacevoli. Un eccesso di sicurezza, per esempio. O quel clima festaiolo troppo anticipato che può giocare brutti scherzi.
L’appuntamento con il Sassuolo
Il Sassuolo, vincente col Bologna (3-1), domenica prossima non avrà timori reverenziali, né problemi di classifica. In più con Berardi, Raspadori e Scamacca, ha un attacco da nazionale.
Gli emiliani cercheranno di tirare al Diavolo lo stesso brutto scherzo dell'andata. Ma è un Diavolo diverso, molto diverso. Quello dell’Inverno scorso era un Milan ancora inesperto, colpito da molti infortuni e dalla sua stessa presunzione.
Il Milan attuale è un treno lanciato a tutta velocità verso l’obiettivo: lo scudetto. Padrone del suo destino e del suo futuro. Con l’Atalanta nel primo tempo non ha dominato, ma sono bastati due lampi di Leao e Teo Hernandez per chiudere la partita.
Da Guinness dei primati il raddoppio di Teo: una slalom speciale di 80 metri che, dopo aver saltato mezza Atalanta, ha permesso al terzino francese di trafiggere Musso con un preciso diagonale incrociato. Un numero da applausi che ha chiuso una partita gestita con diverse pause dai rossoneri. Curiosamente il Milan ha colpito più in contropiede che per una pressione costante. Un Milan più convincente quando Pioli ha cambiato Giroud con Rebic e Saelemaekers con Messias.
E adesso? Mettiamoci comodi, siamo all’ultima fermata di questa pazza corsa. Qualcuno riderà. Altri, pensando ai punti persi strada facendo, riderà molto meno. Questo è il calcio. Il gioco che per fortuna non si ripete mai allo stesso modo.
Giro d'Italia: i nonni irresistibili
Prima di rendere il dovuto omaggio all'australiano Jay Hindley, vincitore sul Blockhaus (1665 metri) davanti a Romain Bardet e Richard Carapaz, bisogna togliersi il cappello davanti a una sorprendente impresa della vecchia guardia, purtroppo molto più determinata della nuova: stiamo parlando di Domenica Pozzovivo, 40 anni tra sei mesi e di Vincenzo Nibali, 38 anni sempre a novembre.
Il più sorprendente è proprio Pozzovivo, lo scalatore di Policoro. Questo ragazzo, chiamiamolo così anche se di un'altra èra geologica, in una tappa da montagne russe è arrivato sesto, appena dietro ai favoriti.
Non per fare i retrò, ma Pozzovivo, che ha in corpo per fratture più placche metalliche di Cyborg, e una testa che gira niente male (è laureato in economia aziendale) è uno di quei lucani di buona volontà di cui dobbiamo essere orgogliosi e indicare a modello ai tanti ragazzotti (anche del gruppo) sempre con la scusa buona per non mettersi in gioco. Sdraiati a prescindere.
Uno di questi è proprio quel Giulio Ciccone, di anni 27, abruzzese di Brecciarola), molto atteso, (in tutti i sensi) al Block Haus dai suoi tifosi. La giornata storta può capitare a tutti, per carità, però ci sono giorni in cui la giornata storta bisogna farsela andare dritta. E invece il buon Ciccone, è arrivato quando ormai stavano togliendo le transenne. Applausi invece a Nibali, sempre con i migliori. Ovvio che al posto dei nonni, ci piacerebbe parlare dei nipoti. Ma questo è quanto ci passa il convento del nostro ciclismo.
Un altro in gamba è la maglia rosa, Juan Pedro Lopez. Nella salita finale, per un tamponamento collettivo, è dovuto scendere di bicicletta proprio sul più bello. I big se la sono filata, ma lo spagnolo, 24 anni e un cuore grande così, nonostante il vento contrario, è riuscito a salvare per pochi secondi la maglia rosa. “Ci tenevo” ha detto Juan Pedro con la sua tenera aria da boy scout perchè nel giorno di riposo (questo lunedi) me la voglio godere”.
Simon Yates, protagonista nella crono ungherese, è invece saltato chiudendo con un distacco da maglia nera. E' la seconda volta che l'inglese ci illude (al Giro del 2018) e poi va a picco. “Ho patito il caldo e la botta al ginocchio”, ha detto Yates Non ci sono più gli inglesi di una volta.
Al Giro manca ancora un dominatore. Tutti bravi, nessuno super. Cercasi campione disperatamente. Altrimenti al vecchio Nibali verrà alzata di nuovo la soglia della pensione.
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