L’intervento ancora atteso del Governo sulle banche
Il giustificato motivo dei tassi di mercato negativi addotto negli anni scorsi è venuto meno ed andrebbero ripristinate le precedenti condizioni contrattuali: non solo i tassi ma anche le spese
di Gianfranco Ursino
2' di lettura
È ormai passato un anno dal ritorno dei tassi di interesse in territorio positivo. I ritocchi al rialzo dei tassi sono stati avviati dalla Bce nel luglio 2022. Da allora gli effetti straordinariamente positivi sui bilanci delle banche non derivano solo dall’amplio e veloce allargamento della forbice dei tassi, ovvero dal differenziale tra i tassi praticati sui prestiti e quelli riconosciuti sui conti. A gonfiare gli utili degli istituti di credito hanno contribuito in misura significativa anche gli extra oneri e gli aumenti dei canoni che le banche hanno introdotto negli anni scorsi adducendo il giustificato motivo del sopravvenuto scenario dei tassi negativi che ora, però, sono solo un lontano ricordo.
Una maggiorazione dei costi a carico dei correntisti che non ha quindi più motivo di esistere. Ecco perché negli ultimi 12 mesi dalle pagine di Plus24 abbiamo chiesto a più riprese alle banche di innestare la retromarcia e ripristinare le precedenti condizioni contrattuali più favorevoli ai clienti.
Un sollecito che la stessa Banca d’Italia aveva indirizzato alle banche con una pubblica comunicazione il 15 febbraio scorso. Un appello che è caduto nel vuoto: solo un esiguo numero di istituti ha fatto dietrofront riducendo i costi aggiuntivi caricati ai clienti. E se la moral suasion non basta, non rimane che auspicare un chiarimento normativo sull’articolo 118 del Tub, magari in sede di conversione del decreto omnibus che ha introdotto la tassa sugli extraprofitti. Un po’ sulla falsariga dell’intervento fatto dal Mise nel 2007, per ribadire l’obbligo per le banche di ripristinare le condizioni contrattuali qualora venga meno il motivo comunicato in precedenza per giustificare una modifica peggiorativa per i clienti.
Del resto l’articolo 118 fa riferimento alle modifiche unilaterali che la banca può introdurre a determinate condizioni nel corso del contratto, e non a modifiche unidirezionali, ovvero sempre peggiorative nei confronti dei clienti caricando via via commissioni più elevate.
Se il giustificato motivo addotto (in questo caso i tassi negativi di mercato) viene meno, l’equilibrio e le condizioni contrattuali (tassi o spese) precedenti la modifica peggiorativa andrebbero quindi ripristinati, anche solo in base a obblighi di buona fede e correttezza.
Diversamente, in assenza di una modifica migliorativa ripristinatoria, il “giustificato motivo” si trasforma in un “pretesto” dal quale origina una rendita di posizione della banca, data dal persistente uso sleale degli effetti divenuti ingiustificati della modifica unilaterale.
Si tratta di un’anomalia il cui rimedio abbiamo potuto appurare in questi mesi non può essere lasciato all’iniziativa delle banche. Ecco perché occorre un intervento normativo per precisare in maniera inequivocabile che l’articolo 118 del Tub già prevede il ripristino delle vecchie condizioni con il venir meno del giustificato motivo addotto in precedenza. Intanto le banche da un anno continuano a lucrarci anche su questo fronte con la massima spensieratezza.
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